Orti di guerra

di Doriana Goracci

Un’orto di guerra me lo sono fatto anch’io, come quello di mio nonno ai piedi di Monte Mario, a Roma, nell’altro secolo. Ce l’ho in in paese, ricavato tra le macerie di palazzi in tufo crollati, non si sa più quando. Ci sono delle grotte, dove una volta stavano i maiali, gli davano da mangiare direttamente da casa, aprendo una botola di solito in cucina: si calava di tutto, quello che avanzava. Si sa che del maiale non si butta niente e mangia e più mangia e più si ingrassa. Propinano anche nei mercati di paese, la notizia che ha fatto troppo caldo e per questo i fichi stanno a 3 euro e gli introvabili fagiolini, arrivano anche al doppio. Tempo pochi giorni e parleranno di improvvise grandinate e gelate e ci saranno i soliti morti davvero, non importa da dove arrivi la notizia e chissà quale ordinanza autunnale entrerà in azione, dal momento che i massaggi sui litorali non saranno praticabili neanche in tardivi sensuali fine settimana. Magari Comiso a Ragusa, farà da apripista, dove la giunta ha deciso il cambio del nome dell’aereoporto: da “Pio La Torre”, caduto per mano della Mafia a “Vincenzo Magliocco”, caduto in Africa orientale nel 1936. E passano i giorni e mi chiedo per quale dannata ragione devo strappare l’erbacce che poi quasi sempre da me è malva, quella con cui si fanno i decotti e ha i fiori tra il blu e il viola. Dicono che è invasiva, che magari non fa crescere la zucchina. L’ espediente dell’orto è sempre stato economia di sopravvivenza, fatto un po’ con rabbia, l’erbaccia e la fatica dello strappo e un po’ con amore, quando apprendi che possono convivere fiori e ortaggi e raccogli tutti e due. E te ne fai una ragione di non avere raccolti di melanzane a novembre e cacce ai grappoli d’uva per Natale, bene auguranti un bel niente.E riponi il surplus, al buio, per tempi peggiori, come in tempi di guerra, anche se li chiamano di pace: l’erba fa bene anche ai gatti, quelli ancora liberi e non chiusi tra quattro mura, coperte da parietaria. Quelli che salgono sui tetti, ad annusare l’aria.

Doriana Goracci



Domenica, 31 agosto 2008