Per un nuovo meridionalismo
l’Italia Meridione d’Europa

di Rosario Amico Roxas

Il problema di evidenziare l’esigenza di un nuovo meridionalismo scaturisce dalla realtà inconfutabile che l’Italia rappresenta il meridione d’Europa, quindi una politica meridionalistica deve coinvolgere tutta la nazione, a maggior ragione il meridione d’Italia, che corre il rischio di diventare il Meridione del Meridione d’Europa.
Il nuovo meridionalismo deve partire da questo convincimento e da una accurata analisi socio-economica, che vede l’Italia perdere, ogni giorno di più, la competitività con gli altri paesi dell’UE. Una nazione come la nostra, proiettata nel Mediterraneo, inserita geograficamente in un’area di grandi mercati, dove può esercitare il ruolo primario di motore dello sviluppo di una massa potenziale di oltre 800 milioni di abitanti, non può continuare a privilegiare mercati che stanno diventando sempre più sfuggenti, specie adesso che è stato compiuto il primo passo per promuovere l’ingresso nella UE di ben 8 paesi dell’Est d’Europa, più Malta e Cipro, che non si proporranno solo come mercati attivi, bensì come agguerriti concorrenti.
La Sicilia si trova in una posizione ibrida: inserita nella realtà europea, è tagliata fuori dai programmi di intervento verso le aree di sviluppo del Nord-Est d’Europa a causa della posizione geografica per nulla favorevole, mentre il modesto interesse, peraltro solo verbale, del governo centrale verso l’integrazione mediterranea, minimizza ogni possibilità di decollo degli interventi in tale area, che è, per vocazione storica e posizione geografica, quella di maggior interesse per la Sicilia e per i siciliani.
Il ruolo della Sicilia e dei siciliani, in una prospettiva di integrazione mediterranea, è quello di ammortizzatore culturale, ritrovandoci ad essere un popolo multirazziale, sia per posizione geografica, che per vocazione millenaria.
La volontà politica del governo regionale di intervento in quelle aree ha promosso progettualità che, ancora, non hanno trovato riscontro operativo concreto, per mancanza di specifiche conoscenze circa il potenziale di tali aree, meritevoli, invece, della più grande attenzione, sia al presente che, in prospettiva, nell’immediato futuro, quando tutta l’area sarà identificata quale "zona di libero scambio delle merci".
La dipendenza politica degli amministratori siciliani dalle decisioni forzatamente unanimistiche del governo centrale impedisce un’autonoma capacità decisionale e organizzativa, penalizzando ogni possibile programmazione. Un’azione di centralismo politico nell’area del Mediterraneo potrebbe essere svolta da una forza politica decisamente meridionalistica, indirizzata a far valere i potenziali del meridione d’Italia e della Sicilia in particolare.
Non possiamo attenderci nulla dal governo centrale, né in termini propositivi, né in termini programmatici; il pragmatismo imperante indica solamente la strada dell’immediato utile, senza neppure volgere lo sguardo verso altre realtà che ci riguardano da vicino. Necessita una nuova e attiva progettualità per promuovere il dialogo fra tutti i popoli che si affacciano sul Mediterraneo, iniziando con l’analisi delle problematiche che sembrano dividere tali popoli, per esaltare gli elementi che uniscono.
Lo scopo di una tale progettualità è quello di promuovere l’integrazione fra popoli così vicini sotto ogni profilo, stimolare lo scambio di esperienze e analizzare tutti gli aspetti che uniscono i popoli del Mediterraneo, cercando di smussare gli aspetti che dividono.
Non dobbiamo, inoltre, trascurare che l’Italia intera rappresenta il Meridione d’Europa, anche se alcune regioni ritengono di essere inserite nel cuore dell’Europa economica; è un mito che i fatti andranno a sfatare, specialmente con l’adesione alla UE dei paesi dell’ex blocco sovietico.
Il momento prioritario in un discorso mirato alla integrazione dei popoli deve essere non solamente il reciproco diritto a parlare, bensì, innanzitutto, il dovere di sapere ascoltare le ragioni degli altri, senza cercare di imporre la propria volontà e i propri esclusivi interessi.
Occorre transitare dall’idea della globalizzazione dei mercati, che è intesa dalle nazioni in via di sviluppo dell’Africa del Nord come un nuovo colonialismo, al più concreto e realizzabile concetto della integrazione, in un rapporto paritario di reciproco interesse.



Rosario Amico Roxas(raroxas@tele2.it)



Sabato, 08 dicembre 2007