Politica
Il  «Nuovo catechismo di $i£vio»

di Rosario Amico Roxas

Oltre ad ergersi come paladino della famiglia, oltre a esibirsi come crociato della cristianità, Berlusconi oggi si allinea alle parole del pontefice per sostenere il diritto alla vita  “dal concepimento alla morte naturale”.

Sui primi due punti abbiamo già detto; come consulente per la famiglia Berlusconi ha un futuro, bastato sulle esperienze personali.

Basterà utilizzare il suo stesso metro per essere a posto con la coscienza.

Non è improbabile che il sant’uffizio provveda ad una piccola modifica del Diritto Canonico, secondo i suggerimenti che il cavaliere elargirà.

Quando i nubendi vengono interrogati se desiderano prendere quel partner come legittimo sposo/a, “..in salute e malattia….finchè morte non vi separi”, la risposta non dovrà più essere “Sì”, perentoria, vincolante, esclusiva, ma, a scelta “forse…, può darsi…, vedremo…, se non trovo di megio…, chissà…,fino ad arrivare ad un  perentorio “ma a te che ti frega…”, sinonimo di   “ ma cerca di farti i c…i tua…”.

Sistemata la sacralità del matrimonio, un tempo basata sulla indissolubilità, ma adeguata al nuovo “Catechismo di $i£vio”, passiamo all’ispirazione cristiana che lo ha travolto.

La crociata italiana in Iraq a combattere gli infedeli islamici va vista alla luce della identità spirituale delle parole; venne presentata come “missione di pace”, per i cui quei militari in armi, sottoposti al Codice Militare di Guerra, sotto il comando inglese, dichiaratamente in guerra, erano spiritualmente dei “missionari”, altrimenti perché “missione di pace” ?

La vocazione al proselitismo, data da un tempo antico,  tutte le azioni del cavaliere sono improntate all’obbedienza al vangelo, come ha ampiamente dimostrato in una lettera inviata a tutte le parrocchie italiane in periodo elettorale il poeta/filosofo/politico  Sandro Bondi (scatenando una bufera di critiche da parte di vescovi, sacerdoti e canonici  -non onorari-).

Già dalla sua disponibilità al dialogo democratico si evince l’ispirazione evangelica: Michela Vittoria Brambilla disse  agli astanti che osannavano: “Fate quello che vi dirà” (Giovanni 2, 5).

E così fino all’ultima profezia, che si rileva nella telefonata al povero Saccà: “ In verità, in verità ti dico che quando sarai un libero imprenditore verrai con me in mediaset”  (mutuato da Luca 23,43). Potrei continuare ancora a lungo, ma conosciamo tutti il personaggio !!!

Ma ora passa alla sacralità della vita “dal momento del concepimento alla morte naturale” trascurando il pudore di tacere.

I fatti personali non dovrebbero mai entrare nel bidone della politica senza una preventiva raccolta differenziata; ma la faccia tosta di elevarsi a perfetto osservante solo ed esclusivamente per ragioni politiche, espone al ludibrio; nessun cattolico vero è disposto ad ascoltare lezioni di etica e morale, proprio dal cavaliere.

Sarebbe bastato avere l’intelligenza di tacere e non intrufolarsi abusivamente in problemi sui quali non ha il diritto di parlare; in democrazia tutti possono dire ciò che vogliono, ma in democrazia non si può denudare con la violenza una persona e poi accusarla di oltraggio al pudore.

L’argomento avrebbe meritato dal cavaliere un dignitoso silenzio, ma gli urge mostrarsi al popolo dei credenti come l’ultimo baluardo in difesa dei valori cristiani, con la benedizione del Vaticano.

La fiducia nella memoria corta degli italiani, può giocare brutti scherzi, mentre mi ripugna utilizzare simili argomenti; ma il discorso l’ha preso lui, senza un minimo di intelligenza.

Intelligente non è, piuttosto è un furbo/furbastro che confonde l’intelligenza con l’improvvisazione, la cultura con gli slogan, il pudore di tacere con la faccia tosta di parlare.

Recita un antico proverbio arabo: “E’ meglio tacere e fare la figura dell’imbecille, che parlare e togliere ogni dubbio”. Berlusconi ha preferito parlare, e proprio di sacralità della vita.

Il Corriere della Sera di oggi 12 febbraio 2008, riporta una notizia ben nota e pubblicata sulle riviste dell’epoca, il tutto in una intervista rilasciata dall’allora compagna di Silvio, Veronica.

Affermò testualmente “Prima che nascesse Veronica ho dovuto abortire del figlio che tanto attendevamo con Silvio, perché non sarebbe nato sano”.

Riporta il Corriere della Sera:

“Negli anni Ottanta, prima che nascesse la primogenita Barbara, Veronica si sottopose a un aborto terapeutico rinunciando al figlio che lei e Silvio Berlusconi avevano voluto. Decise di non averlo perché quel bambino non sarebbe nato sano (Corriere della Sera  08 aprile 2005)” (http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2005/04_Aprile/08/veronica.shtml)

Un evento del genere, certamente traumatico per ogni donna e ogni madre, meriterebbe il rispetto del silenzio, ma non davanti ad una faccia di bronzo che accusa gli altri di non valutare appieno la vita, e di essere solo lui il crociato della indissolubilità del matrimonio, il conservatore dei valori del Vangelo, per completare l’opera con la “sacralità della vita”; risulta, quindi anche doveroso chiarire la levatura del personaggio.

Nella dichiarazione di Veronica emergono le seguenti  affermazioni:

1.      il desiderio del figlio di entrambi i “compagni” non ancora sposati, cosa che esclude che il cavaliere non fosse al corrente sia della gravidanza che del successivo aborto;

2.      la decisione di abortire non è stata unilaterale, ma condivisa;

3.      il fatto che il feto in grembo fosse vivo e vitale, ma non sano.

Quindi:

·         Non può affermare di non essere stato al corrente;

·         è dimostrata la consapevolezza dell’atto da compiere;

·         emerge la selettività imposta dall’apparenza. Per entrare a far parte della nuova dinastia imperiale, bisogna essere biondi, con gli occhi azzurri, aitanti, belli; solo così degni di amore e di una Porche come culletta. Ma un figlio “non sano”, che avrebbe avuto bisogno ancor più di attenzioni e di amore, di cure e di sacrifici, No ! Così giù dalla nuova Rupe Tarpea come elemento purificatore di una razza eletta.

Detto ciò sento il dovere umano di scusarmi con Veronica, più volte vittima, come donna, come moglie, come madre. Non avrei mai voluto scrivere ciò che ho scritto, per limitarmi alle valutazioni squisitamente politiche, giudiziarie, di gossip; ma non si può consentire ad un così  squallido personaggio di indossare gli abiti del perbenismo, solo perché ha il denaro per acquistarli.

Gli abiti del perbenismo non sono in vendita, a nessun prezzo; possono essere con le pezze nel sedere, come con il raso damascato; è l’uomo che ci sta dentro che qualifica il suo essere.

Mi duole ancora rilevare l’atteggiamento della ufficialità della Chiesa che tace e permette che della fede si faccia argomento di propaganda elettorale; tace perché non è educato  parlare con la bocca piena.

Rosario Amico Roxas



Martedì, 12 febbraio 2008