A proposito della Sinistra Arcobaleno
Non li votiamo

di Nella Ginatempo

Caro Manifesto,
l’intervento di Franco Giordano (26 /2/08) mi sollecita a scriverti perché la rimozione della questione della GUERRA è sconcertante. Nel suo, come in altri interventi della sinistra arcobaleno -in questa baraonda mistificante che chiamano campagna elettorale- spariscono le responsabilità di chi al governo in questi due anni ha mandato i soldati italiani a uccidere e morire in tutti i teatri di guerra, a cominciare dall’Afghanistan. Per chi ha la memoria corta, vorrei ricordare che il movimento contro la guerra del nostro paese ha lottato costantemente in questi due anni CONTRO i partiti e i parlamentari che hanno votato i crediti di guerra e la profonda divisione tra il nostro movimento e coloro che a sinistra avevano promesso di rappresentarne le istanze è esplosa drammaticamente il 9 giugno del 2007, quando il movimento contestava Bush e le politiche di guerra del governo Prodi, mentre Rifondazione e Pdci si ritrovavano soli a Piazza del Popolo vuota, specchio del loro vuoto politico. Questa divisione ha prodotto una profonda sfiducia nei partiti ora riuniti nell’arcobaleno e, da parte mia e di molti/e, anche una grande rabbia per il fatto che si ammantano di un simbolo, l’arcobaleno, che meritava ben altra coerenza e coraggio.

L’amara constatazione che abbiamo fatto al momento del voto sull’ennesimo rinnovo truppe (siamo di nuovo per un anno incatenati alla guerra, dall’Afghanistan al Libano, al Kosovo, all’Africa) è che dovremmo ringraziare Mastella se 50 parlamentari della cosiddetta sinistra hanno votato contro, perché se il governo Prodi fosse stato ancora in piedi, sicuramente avrebbero rivotato la guerra. E certamente se tornassero domani a governare ancora voterebbero di nuovo le missioni di guerra, come hanno fatto per le vergognose spese militari. Allora quale credibilità possono mai avere, quale simpatia o fiducia possono suscitare, se hanno dimostrato che per loro la causa della pace vale assai meno delle loro poltrone al governo, o meglio alla presidenza della Camera. Non riesco a capire come abbiano la faccia di ripresentarsi e questo non certo dopo aver fatto autocritica, ma anzi rivendicando tuttora il loro operato al governo e al Parlamento. Ma l’opposizione alla guerra non è un vestito da cambiare a seconda delle stagioni. Al mio paese questo non si chiama coerenza bensì trasformismo. E sempre al mio paese- la Sicilia- i trasformisti li chiamiamo gattopardi, e non li votiamo.


NELLA GINATEMPO, Roma 26 febbraio 2008



Mercoledì, 27 febbraio 2008