«MORTI DI NESSUNO»

di Vincenzo Andraous

Sugli "omicidi bianchi" di Torino


Qualche tempo addietro ho parlato di morti di serie B, che non scomodano nessuno.
Oggi definisco queste 1200 assenze annue come “morti di nessuno”, tanto meno di chi colpe ne ha in quantità industriale, appunto.
Questa ecatombe istituzionalizzata, forse è più consono indicarla come un semplice “evento critico”, un mero dato statistico, che non desta allarme, perché in fin dei conti sta tutto “dentro “ un’accettabilità a nome profitto e quantità.
Per l’esponenzialità dei numeri disumanizzanti e la qualità da ribadire a ottusi e conclusi a norma stretta, c’è sempre tempo per discuterne.
Le urla e gli spintoni nelle aule parlamentari, nei congressi industriali, nelle riunioni dirigenziali, sono improntate ai pacchetti emergenziali sulla sicurezza, tra dispendio di ricatti incrociati, iniquità e rimproveri blasfemi sulla pietà fatta a pezzi, nonché su percentuali e volumi di giustizia dove è più comodo andare a parare, per raccattare fino all’ultimo voto.
Forse occorrerebbe qualche sana tirata di orecchi per chi adombra nei sindacati l’epicentro del disordine, negli operai scambiati per trapezisti l’irresponsabilità di lavorare senza rete di sicurezza.
Il padrone non ha colpe se le sue maestranze sono disattente e incapaci di provvedere alla propria incolumità, tanto più che la delega operativa per fare rispettare le norme di sicurezza, il più delle volte è affidata a qualche poveraccio poco preparato, ma con parecchie ore di straordinario sul groppone.
“Morti di nessuno”, infatti nessuno alzerà la mano in segno di doverosa ammenda, molte invece saranno le verità gridate, che non consentiranno onore ne giustizia a chi, sfruttato, è rimasto inchiodato sul posto di lavoro.
L’operaio deve denunciare i ritmi impossibili, l’operaio deve accorgersi della pericolosità delle macchine obsolete, e proporsi come tutelante di se stesso e degli altri.
Ma chi è questo operaio improvvisamente assurto a super uomo, a mito e giustiziere?
O invece si tratta di un uomo costretto a rischiare la propria salute tutti i giorni per mantenere la propria assunzione, il proprio ruolo, la propria dignità?
Un uomo con sempre meno certezze di una busta paga sufficiente a soddisfare i bisogni della propria famiglia, perciò obbligato al silenzio che fa male.
“Morti di nessuno”, cadaveri senza uno straccio di giustizia, la quale inciampando nelle fabbriche, nei cantieri, non repertando responsabilità, essa disperde se stessa.
“Morti di nessuno” stanno disegnate in bella fila sul manifesto di una Italia che ha scordato la necessità di riconsegnare rispetto alla condizione di essere umano, di persona assai più importante di una linea meccanica, di una macchina intelligente, che però disconosce il valore di chi con le proprie mani si adopera al bene del paese.



Venerdì, 14 dicembre 2007