Le morti bianche

di Rosario Amico Roxas

La logica e l’ideologia del successo, del denaro e del potere ha sconfessato tutti i diritti legati allo sviluppo dell’uomo, per privilegiare i diritti di quei pochi che speculano sul progresso. A pagare il conto finale sono sempre i più deboli.


Si chiamano così le vittime che si vogliono dimenticare, quasi a voler esorcizzare le responsabilità di un sistema globale che ha capovolto i valori dell’uomo e dello sviluppo umano, per sostituirli con i valori del "progresso".
Il lavoro è considerato una merce che risponde alle leggi di mercato: maggiore offerta minore guadagno, sempre minore e sempre più modesto, mentre lo stato di necessità costringe il prestatore d’opera ad accettare qualunque ricatto pur di poter provvedere all’indispensabile per la famiglia.
Il lavoro è inteso come mezzo di sostentamento, come mezzo produttivo e come mezzo di ignobili ricatti, non più nobile espressione dell’uomo.
La logica del neo-liberismo ripropone l’ideologia del successo, del benessere, del denaro, del potere, ma limitatamente ai proprietari dei mezzi di produzione, i quali si ritengono in pieno diritto ad esercitare per intero il loro potere contrattuale per realizzare quel “surplus” produttivo che rappresenta lo sfruttamento a danno dei prestatori d’opera.
L’economia, in uno Stato precipitosamente spinto dentro la logica del mercato, della concorrenza, della produzione, ha assunto una ideologia contro natura, privilegiando l’economia della finanza, fatta di numeri, scatole vuote che si spacciano per scatole piene, redditi parassitari, paradisi fiscali, falsi in bilancio, evasioni fiscali, truffe, raggiri, bond che non valgono niente svenduti a ingenui risparmiatori, illeciti arricchimenti, contro l’economia del lavoro che esalta l’uomo in quella che deve essere considerata la sua funzione primaria: il lavoro.
Purtroppo l’assenza dello Stato permette che lo sfruttamento continui nel suo itinerario di morte: lavori pericolosi privi delle doverose precauzioni per contenere i costi e aumentare gli utili; lavoro nero per i disoccupati che hanno bisogno di esercitare il lavoro per vivere, mentre vengono assunti per morire.
Li chiamiamo “morti bianche”, come se fossero limpide, serene, prive di macchie, mentre descrivono tutta la tragicità della vita che divide “chi possiede” da “chi non possiede”; chi ha il diritto di arricchirsi (e vivere una vita rosea) e chi ha il dovere di morire (e subire una morte bianca), chi ritiene di potersi considerare “persona” e chi viene, invece, solamente contata come “numero”.
Viviamo, così, la disgregazione di ogni ordine morale, soffocato dal cinismo liberista, che vanta solamente l’esercizio della libertà elettivamente intesa, a danno di quanti, per bisogno, per fragilità, ne hanno perso il diritto.
Segue l’interesse a mantenere viva la “lotta di classe” perché risulta il solo mezzo per poter proseguire nell’itinerario progressista, figlio della potenza del mercato e dell’ansia di possesso, anche defraudando i più deboli dei più elementari diritti.


Rosario Amico Roxas
(raroxas@tele2.it)



Giovedì, 06 dicembre 2007