Di cosa ha paura mons. Fisichella?

di Normanna Albertini

Su una intervista di mons. Fisichella al Corriere della Sera


Dal Corriere di oggi: c’è bisogno di spiegare da che parte sta Fisichella e quanto sia sereno il suo rapporto con la magistratura? Ha qualcosa a che fare questo illustre rappresentante del Tempio con il falegname di Galilea mandato a morte dai suoi colleghi più di duemila anni fa? Non solo, come ha detto Camilleri giusto in questi giorni, se Maria e Giuseppe, oggi, arrivassero sulle nostre sponde, invece che a Betlemme, Gesù non potrebbe nascere, ma, una volta nato e cresciuto, non avrebbe nemmeno l’opportunità di aprire bocca e di essere ascoltato, Fisichella lo zittirebbe subito, e forse morirebbe in un incidente sul lavoro nelle acciaierie della presidente della Confindustria.
Normanna Albertini

L’intervista L’arcivescovo: rischio di turbolenza permanente
Fisichella: le toghe siano responsabili

ROMA-«Mi auguro che sia solo un temporale di prima estate, ma certo siamo entrati in una fase di turbolenza che potrebbe diventare permanente. Perché se ne esca è necessario che tutti facciano la loro parte, compiendo un passo in avanti nell’assunzione di responsabilità per il bene del paese: la maggioranza e l’opposizione ma anche la magistratura»: è il commento dell’ arcivescovo Rino Fisichella, cappellano di Montecitorio e presidente della Pontificia Accademia per la vita.

Che succede eccellenza? Lei crede che siamo tornati al clima dello scontro elettorale?
«Mi auguro di no. Quello che noto è un rapido accrescimento della tentazione di abbandonare quel rispetto e quel riconoscimento reciproco che gli schieramenti si erano tributati all’ indomani del voto e che avevano retto fino a questa tempesta. Cedere a quella tentazione sarebbe indice di miopia perché è proprio del politico lungimirante cogliere il sentire popolare e non c’è dubbio che il nostro popolo chieda il confronto e il dialogo, dopo tanti anni di scontro ».

Da che cosa si vede quella richiesta?
«Dal responso elettorale che ha dato un così chiaro mandato a governare, determinando una vasta maggioranza e ha semplificato il quadro della rappresentanza, penalizzando le posizioni ideologiche e quelle tendenti al conflitto permanente ».

Detta così sembra che lei punti il dito contro l’opposizione...
«Non voglio dire che è colpa dell’opposizione, responsabilità ci saranno in ambedue gli schieramenti, ma certamente mi è parsa troppo forte la dichiarazione che "non si può più fare dialogo", perché io sono convinto che il dialogo lo si deve fare sempre e da parte di tutti. E’ una patologia italiana quella di ritenere che l’opposizione ogni volta debba affermare il contrario rispetto a quello che dice di chi governa. Il dialogo è lo strumento principe della mediazione politica e va perseguito in ogni circostanza, non solo in una particolare fase di assestamento o di debolezza».

Se responsabilità ci sono da ogni parte, vorrà dire che la colpa della turbolenza sarà sia della maggioranza, sia dell’opposizione...
«O forse anche di un terzo».

Lei allude alla magistratura?
«Credo che ognuno - magistratura compresa - debba fare un passo in avanti nell’assunzione di responsabilità per il bene comune».

Nel caso della magistratura lei vorrà dire che debba fare un passo indietro...
«Se dico un passo indietro sembra che io voglia indicare una colpa. Indico invece un impegno in positivo, che non può non riguardare tutti, teso a rendere meno acuta la conflittualità e a ridurla con appropriate riforme».

Berlusconi ha detto che non intende approfittare della cosiddetta norma «salva premier » per sottrarsi al processo che l’attende: lei ritiene che questa dichiarazione favorisca la ripresa del dialogo?
«Non voglio entrare nei dettagli del confronto quotidiano, ma è ovvio che le occasioni di cui approfittare per il recupero del dialogo non mancano. Nelle ultime settimane più volte i parlamentari hanno mostrato capacità e prontezza nel coglierle, ogni volta che si profilava il rischio di una rottura. Io sono ottimista sulle possibilità della ripresa, se c’è la volontà di coglierle».

Se la turbolenza si consolidasse, lei come vedrebbe il nostro futuro?
«Con forte preoccupazione. Un paese democratico non può vivere in un conflitto permanente che coinvolge le istituzioni. Siamo bel oltre infatti rispetto al legittimo conflitto politico. Quando le situazioni conflittuali tra le istituzioni divengono croniche esse inevitabilmente si riversano nel tessuto sociale e coinvolgono l’intero paese. Insomma, fanno scuola e questa scuola è pessima».

Luigi Accattoli
22 giugno 2008



Domenica, 22 giugno 2008