Memoria senza offese

di Rosario Amico Roxas

La commemorazione annuale della strage di Capaci dovrebbe rimanere nell’alveo dei ricordi, ma di quei ricordi che insegnano a vivere in un mondo che ha perso la sua identità.
Ascoltiamo in giro parole di circostanza, assolutamente prive di coerenza, spesso dette per non dire o per trovarsi nel posto giusto al momento giusto; chiedere coerenza sarebbe superfluo in un ambiente dove domina sovrano il relativismo, contraddetto dall’uso anti-relativistico.
Così accade che il magistrato assassinato dalla mafia in una azione stragista, venga indicato al popolo che, silente annuisce, come un eroe del senso dello Stato, come un martire della giustizia negata, come esempio ai giovani.
Non si mette in evidenza che Falcone fu ed è un magistrato; esaltandone i meriti oltre il panorama del dovere, si crea una ipotesi che annulla il sacrificio della quotidianità di tutti i magistrati ed emerge la sconsolante conclusione che magistrati eroi sono solamente i magistrati ammazzati.
Gli altri, i sopravvissuti, i superstiti dei progetti stragisti, sono in realtà personaggi “mentalmente disturbati”, da sottoporre a periodiche analisi psichiatriche al fine di accertarne l’integrità delle facoltà di intendere, di volere e, quindi, di giudicare.
Valutare i magistrati e la magistratura con il relativistico metro che privilegia i potenti e chiama in causa i magistrati che osano inquisirli, affibbiando loro motivazioni destabilizzanti, non rappresenta certamente il metodo migliore per onorare tutti quei magistrati sacrificati sull’ altare dello onoranze parolaie. Coerenza e dignità, questo si chiede e si esige a chi pretende rappresentare le Istituzioni, ponendo paletti invalicabili senza relativismi di convenienza.
Non accetto, anzi contesto fortemente, per Falcone e dopo di lui Borsellino e accanto a loro i tanti magistrati ammazzati dalla mafia, la occasionale targhetta di “eroe”, che li colloca in un limbo per niente confacente alla loro immagine.
Se il mafioso Mangano, condannato all’ergastolo per duplice omicidio, è stato identificato come “eroe” per aver dato seguito alla mafiosa regola dell’omertà, in quel limbo dei nuovi eroi non c’è posto per Falcone, non c’è posto per Borsellino, né per tutti gli altri magistrati; lasciamo riposare in pace la loro memoria senza ipocrisie di convenienza, senza blasfeme miscellanee, come semplicissimi “uomini dello Stato” che hanno saputo compiere il loro dovere.



Domenica, 25 maggio 2008