La laicità manca nella politica italiana.

Il punto di vista di “Noi Siamo Chiesa” in occasione delle elezioni politiche


di NOI SIAMO CHIESA

Comunicato Stampa
Come cittadini e come credenti, queste elezioni politiche coinvolgono molto anche noi. Siamo impegnati a reagire con determinazione all’ondata di sfiducia nei confronti della politica e di una gran parte di quanti la gestiscono nelle istituzioni. Il nostro impegno è particolarmente convinto ed attivo per quanto riguarda la difesa di tutti gli spazi democratici che la Costituzione repubblicana garantisce; spazi troppo spesso negli ultimi anni insidiati da diffuse violazioni della legalità a vari livelli e dal diffondersi di poteri criminali, non solo nel Mezzogiorno, sfacciatamente protetti o non seriamente contrastati.
Nell’ambito di questo impegno senza reticenze od incertezze, noi, che ci battiamo per la riforma della Chiesa cattolica nella linea del Concilio Vaticano II, ci sentiamo tutti coinvolti - aldilà di differenti scelte elettorali - nelle questioni che riguardano la tutela del lavoro; la difesa del welfare; la promozione di azioni di pace capaci di mettere in discussione la deplorevole logica del riarmo e del ritorno all’uso della guerra; la modifica profonda dei rapporti tra Nord e Sud del mondo.
Ciò premesso, in quanto cattolici presenti nella nostra Chiesa di cui viviamo intensamente i problemi, siamo obbligati, nella concreta situazione italiana, a dire parole esplicite, forti e critiche per quanto riguarda la posizione delle autorità ecclesiastiche nei confronti della politica e delle istituzioni. Dopo l’auspicata fine dell’unità politica dei cattolici, la Gerarchia della Chiesa, della cui autorità, nell’ambito che le è proprio, peraltro prendiamo atto, ha infatti deciso di partecipare direttamente a molti aspetti della vita politica. Nonostante ripetute esplicite affermazioni di non intervento (per esempio quelle di Benedetto XVI al Convegno ecclesiale di Verona, il 19 ottobre 2006), la situazione nella realtà è ben diversa. Alla proclamata laicità si usa aggiungere l’ aggettivo “sana” (che solo la Conferenza episcopale si ritiene autorizzata a concretamente interpretare); al precedente strumento partitico (la Democrazia Cristiana) si supplisce con il “progetto culturale” che ha la funzione, in modo neanche troppo nascosto, di premere e di “contare” nella società e nello Stato, piuttosto che di riflettere in termini pastorali su come evangelizzare in una fase di crescente secolarizzazione; al ruolo dei cattolici adulti che vogliono legittimamente fare le opportune e necessarie mediazioni nelle istituzioni si preferiscono interventi diretti nei confronti di leggi e di procedure. Ora a capo del “progetto culturale” si è fatto nominare il Card. Camillo Ruini per poter continuare ad avere uno strumento di intervento nella politica italiana.
Questioni discusse e controverse anche nella ricerca teologica, etica e pastorale del mondo cattolico vengono risolte in modo tassativo: da una parte insistendo su “principi non negoziabili” con la pretesa di essere unici interpreti della “legge naturale”; dall’altra con la proposta di una vera e propria “ideologia della famiglia” dalla molto discussa ispirazione evangelica e che non sempre si confronta col vissuto delle relazioni interpersonali. E ci si dimentica che una carente politica sociale della famiglia deve essere addebitata soprattutto ai cattolici, di diverso colore, che da 63 anni hanno le maggiori responsabilità nella gestione dello Stato. Si tengono poi in ben scarsa considerazione emergenti dinamiche sociali, come quelle relative proprio alla famiglia, e altre sensibilità culturali ed etiche presenti nella società.
Le interferenze ecclesiastiche toccano questioni concrete: per esempio la campagna contro ragionevoli progetti di legge sulle unioni civili e sul testamento biologico; contro la legge n. 194 (che riteniamo debba essere solo meglio applicata con l’educazione e la prevenzione); a favore di una legge, la n. 40 sulla fecondazione assistita, poco applicabile e troppo penalizzante la donna; contro un disegno di legge che vuole penalizzare le discriminazioni contro l’identità di genere.
La linea di intervento diretto della Gerarchia vuole ampliare la già ampia condizione di privilegio della Chiesa cattolica nel nostro paese (esenzioni ICI; status degli insegnanti di religione; estensione, ovunque possibile, dei benefici a favore di strutture ecclesiastiche mediante interventi degli enti locali). E cerca di ostacolare il progetto di legge sulla libertà religiosa, di applicazione degli artt. 19 e 20 della Costituzione, perché esso concederebbe eccessivi spazi alle altre religioni. E’ stato di fatto cancellato il paragrafo 76 della Costituzione conciliare Gaudium et Spes, dove si promette che la Chiesa, per essere credibile, “rinuncerà” ai privilegi acquisiti (nel nostro paese in primis al sistema concordatario e quindi, nell’immediato, all’ottopermille).
Dobbiamo, con sofferenza, prendere atto che la Gerarchia della nostra Chiesa, non è - al di là di parole di comodo - un elemento di pacificazione super partes nell’aspra contrapposizione che ha caratterizzato la recente politica italiana. Essa stessa è parte di questo scontro e ciò provoca un disagio sempre più diffuso nel mondo cattolico. Colpisce, anche, la "parzialità" dei vertici della Cei che appoggiano i cosiddetti "atei devoti", ma tacciono su personaggi pubblici ossequiosi alla Chiesa ma dalla vita famigliare “travagliata”. Si tratta di una serie di scelte che appesantiscono quello schermo (costituito dall’interventismo della Cei e del Papa in politica) che nel nostro paese spesso nasconde la pura Parola di Dio a molti uomini e donne di buona volontà, credenti, non credenti, o in ricerca.
E’ probabile che, quale che sia l’esito delle elezioni, anche nel prossimo futuro la Gerarchia sarà vincente nelle sue battaglie specifiche grazie al potere di interdizione che è riuscita a guadagnarsi, anche per l’acquiescenza di quasi tutto il ceto politico, disposto a sacrificare i principi di laicità per compiacere i vescovi. Ma noi la consideriamo perdente dal punto di vista pastorale ed evangelico, che dovrebbe essere la sua principale, od unica, missione. Restano i credenti che, presenti in modo diffuso nel tessuto del mondo cattolico, camminano per la loro strada, prescindendo dalla Gerarchia e cercando, magari a fatica, la via per una migliore testimonianza dell’Evangelo della carità e per un confronto positivo con il “mondo”.
Roma, 11 aprile 2008

NOI SIAMO CHIESA
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www.noisiamochiesa.org
“Noi Siamo Chiesa” fa parte del movimento internazionale We Are Church-IMWAC, fondato a Roma nel 1996. Esso è impegnato nel rinnovamento della Chiesa Cattolica sulla base e nello spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965). IMWAC è presente in venti nazioni ed opera in collegamento con gli altri movimenti per la riforma della Chiesa cattolica.



Sabato, 12 aprile 2008