Si parla della Sicilia come "laboratorio della politica", ma non mi sembra questo il caso. Tutto nasce da una discontinuità che supera se stessa per diventare un tentativo di inserire letica nella politica; tentativo non certo sperimentale, non certo da laboratorio, e non esportabile come esperienza.
Altrove non cè la realtà consolidata della Sicilia, non cè la legalizzazione del malaffare, non cè il parassitismo diventato metodo; ci saranno altre manchevolezza, altri problemi, ma non certo quelli imposti da una organizzazione che ha goduto di tutti i privilegi come la mafia siciliana.
Ha destato grande scalpore la nomina di un magistrato come Massimo Russo, perchè da più parti si teme che voglia tentare la carta dello scontro. Ho limpressione, da quello che si legge nel curriculum del magistrato, che non sia un giocatore disposto a puntare tutto su una carta. Ha manifestato, in tempi non sospetti, impegni piuttosto formativi che aggressivi e questo dimostra che sa bene come il fenomeno mafioso vada affrontato partendo dalle origini, che sono culturali e antropologici.
Vige una teologia particolare in Sicilia, dove la preghiera inizia sempre con "Mi manda Picone", formando una cultura di dipendenza, di gratitudine e di riconoscenza; i diritti diventano concessioni, mentre i doveri assumono le vesti della sudditanza.
Dallesterno delle istituzioni è difficile aggredire tale mentalità e procedere nella modificazione; è la ragione per la quale un magistrato come Massimo Russo ha accolto linvito di entrare dentro le istituzioni per correggerne landazzo e avviare un credito illimitato alla rivalutazione dei diritti e dei doveri. Per questo lazione del presidente Lombardo, non può rappresentare una ipotesi da laboratorio, bensì un metodo applicativo che dovrà procedere per gradi; sarebbe impensabile il tentativo di modificare secoli di malformazione culturale, nello spazio di una legislatura.
Limportante è iniziare e proseguire.
Rosario Amico Roxas
Luned́, 26 maggio 2008
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