LA CORSA

di Doriana Goracci

La Corsa di Obama è finita: ha raggiunto il traguardo. La vittoria di un nero d’America ha fatto sognare e piangere d’emozione i volti di tutti i colori di quegli States, Uniti, sia pure una volta, in un solo traguardo. Anche i Media del mondo hanno corso per entrare nelle nostre case, ville o tuguri non ha importanza, per portarci il Sogno americano e poi la buona Novella.
Ieri 4 novembre, data memorabile in Italia, quella che ricordava molti Eventi mondiali, pioveva in Italia, in modo altrettanto uniforme ma a Roma un po’ di più, tanto che un tredicenne, non spettatore dela televisione, giocava con gli amici in una zona un po’ di verde ed è rimasto schiacciato da un albero ed è morto. Ce n’erano di tutti i colori e di tutte le età a correre senza o con ombrello, sotto la pioggia , a manifestare, a prendere in corsa, un treno, un’autobus, un pullman per il paese, la moto o la macchinetta, il suv o il quasi rottame, tutti uniti nella corsa del raggiungere casa e dire basta: almeno per oggi.

Ho corso anche io, insieme ad un’amica, nera, per tornare a casa nostra, dopo aver visto uno dei tanti uffici della Regione, dove un bianco ci aveva invitato per trovare una soluzione al suo lavoro, alla sua vita precaria e abbiamo attraversato Roma, da nord a sud e ritorno, fino alla provincia non più di Roma, con treni carichi di stampa fradicia e gratuita, donne e uomini in corsa, con un sogno e un’impegno, una storia che basta poco, per fargliela raccontare, aspettando. E ho saputo allora di un’altra corsa, di trenta o di più, avvenuta di notte, quella prima, dopo una trasmissione della Rai dal titolo "Chi l’ha visto?" che guarda caso mi era stata raccontata dall’amica, nera. Erano neri, a modo loro, pure quelli che hanno corso per tornare poi dopo la loro Sfida, nella loro Casa, di nome Pound, signore poeta morto a cui non hanno chiesto il permesso per lo scippo del nome. E senza permesso alcuno, l’hanno fatta la Corsa, scavalcando ogni sbarramento, checkpoint , macchinetta obliteratrice, guardiano e guardia della Sicurezza, alla Rai, sede storica di Via Teulada, con andata e ritorno, tutta di un fiato e filmata in diretta.

Si da il caso che quella Corsa mi ha toccata, forse più di quella americana.
Ho rivisto l’inizio della mia vita nei pressi di Via Teulada, quando a Piazzale Clodio c’era un campo da calcio dove mio padre si andava ad allenare, i sentieri che portavano all’Osservatorio, ricoperti di muschio, una falegnameria e fino più a su, alla cima del Monte Mario, senza Hilton e Antenne. Poi venne la Rai, una gioia di marciapiede dove le donne portavano le seggioline e i figli a giocare, e poi il Tribunale ed in mezzo il capolinea di un’autobus che attraversava Roma, partendo dal quartiere dei Prati. Ci sono tornata a lavorare dal 1996 dentro alla Rai, per i dipendenti della stessa e chiunque lo voleva, come bancaria-borsinista. Avevo due tessere, una dell’allora Banca Commerciale Italiana ora Intesa e l’altra: il pass, per la Rai. C’era tutta una trafila senza fine, aumentata di giorno in giorno, per accedere allo Sportello: guai se eri minore. Ho rivisto nel video, oggi sono una pensionata, quel Cortile senza cavallo, dove sono passati i divi e i divini, le sarte e gli operatori, i dirigenti e i trasognati, i Clienti e gli Utenti, le donne amate e quelle delle pulizie...c’è passato di tutto e chi poteva si soffermava al Bar, della Rai. C’era chi aspettava di fuori, per poter vedere il Chi, che Entrava ed Usciva, dal luogo per eccellenza della Comunicazione Pubblica Italiana e diceva che l’aveva magari non toccato ma visto: fortunato chi aveva un autografo.
I Neri nostrani, non hanno chiesto permesso a nessuno, hanno fatto la loro Corsa, in un luogo ancora senza Garante, che pure se ci fosse non si sa cosa garantirebbe a noi, viaggiatori instancabili, alla ricerca dell’informazione che ci dica come tornare a casa, senza ansia e sperando che domani sia un’altro giorno, meno nero di oggi. Auguri ad Obama.

Doriana Goracci



Mercoledì, 05 novembre 2008