Politica - dibattito
Democrazia integrale.

di Rosario Amico Roxas

"La democrazia è un bene sfuggevole, in quanto non pone alternative: o appartine a tutti oppure non è democrazia."


Riceviamo a pubblichiamo


L’interpretazione del concetto di democrazia è il problema più importante della filosofia politica ed oggi è diventato il problema centrale verso il quale tutti gli altri convergono e senza del quale gli altri non possono trovare una stabile e sicura soluzione.
Nell’uso comune questo termine sta ad indicare una filosofia della vita sociale e politica, ma vi è più di una maniera di formulare questa filosofia.

Vi è la maniera socialista di intendere la democrazia come nel sistema comunista, condannato dalla storia, che ha partorito le “democrazie popolari”, ben lontane dallo spirito popolare e dal popolo, accentratrici del potere nella sfera dello Stato e finite con il diventare feroci e repressive dittature non del proletariato, bensì delle oligarchie al potere.

Vi è la concezione liberale e liberista della democrazia, anch’essa accentratrice del potere, ma nelle mani delle classi più ricche e più forti, sfruttatrici del lavoro che viene considerato come merce da vendere e da comprare e non come parte integrante delle classi prive di mezzi di produzione e di ricchezze,e primaria funzione dell’uomo, che nel lavoro pone tutta la sua ragion d’essere; anche questa concezione usa il potere per salvaguardare interessi di parte.

Vi è, infine, la concezione umanistica della democrazia che vuole equilibrare le sorti dell’intero popolo in un mutuo rispetto dei ruoli, senza prevaricazioni e/o lotte di classe; è la concezione che fa capo all’idea del corporativismo sociale, prima, e del cooperativismo cattolico e della solidarietà tra gli uomini, quegli uomini che compongono il “popolo”, stante il fatto che la democrazia è governo del popolo, con il popolo e per il popolo.

Occorre definire il significato politico del termine “popolo” nonché la sua valenza etica; il popolo, infatti, è la stessa sostanza, la libera e vivente sostanza del corpo politico. Tale sostanza è libera e vivente perché composta dai cittadini che cooperano alla vita del villaggio, della città, della nazione, del continente e così via, giacché il termine “popolo” sta a significare “la moltitudine degli uomini tutta intera”.

C’è un altro senso interpretativo del termine popolo, quando designa prevalentemente “la comunità dei non-privilegiati”, o, in maniera più realistica “la comunità centralizzata sul lavoro”.
L’idea di popolo è stata più volte stravolta; intesa come comunità del lavoro è stata assimilata al concetto di povertà e di sofferenza e caratterizzata da C. Marx nel termine “proletariato”. Ma questo è un errore, perché quella del popolo è un’idea più ampia e più alta che non quella del proletariato; solo che il mondo operaio ha preso coscienza di sé come classe contrapposta al capitalismo, e, man mano che i tempi avanzano, per fortuna, ha preso anche coscienza di una propria dignità che è la dignità del lavoro e la dignità operaia.

Solo la miopia del capitalismo ha impedito un dialogo più produttivo e non ha consentito di annullare il concetto di “lotta di classe” che rimane l’ostacolo principale alla reciproca collaborazione.

Con l’accelerazione della storia, la lotta di classe si è dilatata a livello planetario, con le nazioni ricche che sfruttano le nazioni povere, sottraendo loro le materie prime che consentirebbero un decollo verso una qualità di vita più accettabile.

Ancora, il termine popolo presenta la possibilità di un equivoco, poiché lo stesso termine potrebbe designare la parte o il tutto, in pratica la comunità dei non-privilegiati e il tutto come la moltitudine; la distinzione non è difficile, in quanto il popolo è, in genere, pacifico e paziente, salvo quando l’ingiustizia e la miseria raggiungono livelli umanamente impossibili a sopportarsi.
In questo frangente il popolo necessita di “profeti”, che non sempre escono dal suo seno, ma che, in ogni caso, debbono essere in comunione con il popolo in quanto esistono in funzione del popolo, per il popolo e con il popolo.
Occorre, quindi, analizzare come il popolo si governa, analizzare, vale a dire, i delegati del popolo, quelli che partecipano dell’autorità del popolo e perciò hanno la facoltà di comandare e il diritto di essere obbediti.
Si colloca a questo punto il concetto di autorità in democrazia, come si esercita e come si raccorda con la libertà degli individui.

Secondo un’analisi della filosofia democratica, occorre evidenziare due aspetti, in apparenza contraddittori:
• Il popolo non aliena la sua autorità, né abbandonandola al potere costituito, né rinunciandovi per un certo periodo; • gli eletti ricevono dal popolo, in partecipazione, il diritto di governare, ma è sempre il popolo che permanentemente conserva questo diritto inalienabile.

Si tratta di una distinzione sottile che rivela un esercizio teorico di democrazia, che ha, però, una grande importanza pratica.
Con questa distinzione il popolo si difende contro ogni tirannia e nel frattempo contro l’anarchia; con l’affermazione che il popolo non aliena la sua autorità viene chiusa la via ad ogni oppressione ed ogni licenza.

Questa autorità il popolo la esercita attraverso la “democrazia diretta” che si concretizza con il “referendum popolare”. Lo strumento della “democrazia diretta” andrebbe utilizzato riguardo ai grandi problemi, quando la “democrazia indiretta” non ritiene di poter interpretare la genuina volontà del popolo.

L’abuso di tale strumento ne vanifica, però, l’efficacia, perché chiamare al referendum popolare il popolo con appelli continui finisce con lo stancare e rendere inutilizzabile tale strumento.

Tutto ciò è compendiato nella Centesimus Annus, con riferimenti che riportano alla Populorum Progressio di Paolo VI e, di conseguenza, alla filosofia della democrazia di Jaques Maritain.
Per riassumere in maniera efficace il contenuto della Centesimus Annus, riteniamo opportuno accennare i punti salienti, utilizzando le stesse parole del pontefice.


La “Rerum Novarum.
Il messaggio di Leone XIII –sostiene Giovanni Paolo II- non è stato compiutamente accolto dagli uomini di quel tempo, e proprio da ciò sono derivate assai gravi sciagure: le guerre che sconvolsero l’Europa e il mondo tra il 1914 e il 1945.
Senza la terribile carica di odio e di rancore, accumulata a causa delle tante ingiustizie sia a livello internazionale sia a quello interno dei singoli Stati, non sarebbero state possibili guerre di tale ferocia, in cui furono investite le energie di grandi nazioni, in cui non si esitò davanti alla violazione dei diritti umani più sacri e fu pianificato ed eseguito lo sterminio di interi popoli e gruppi sociali.

Possa ora il ricordo di quei terribili avvenimenti guidare le azioni di tutti gli uomini e, in particolare, dei reggitori dei popoli del nostro tempo, in cui altre ingiustizie alimentano nuovi odi e si delineano nuove ideologie che esaltano la violenza.

Il marxismo.
Leone XIII intuì nel marxismo una soluzione che, sotto le apparenze di un’inversione delle posizioni di poveri e ricchi, andava in realtà a detrimento di quegli stessi che si riprometteva di aiutare. L’errore fondamentale del socialismo è di carattere antropologico. Esso, infatti, considera il singolo uomo come un semplice elemento ed una molecola dell’organismo sociale, di modo che il bene dell’individuo viene del tutto subordinato al funzionamento del meccanismo economico-sociale. Il sincero desiderio di essere dalla parte degli oppressi e di non essere tagliati fuori del corso della storia ha indotto molti credenti a cercare in diversi modi un impossibile compromesso tra marxismo e cristianesimo, ma il presente induce a riaffermare la positività di un’autentica teologia dell’integrale liberazione umana. Molte ingiustizie, individuali e sociali, regionali e nazionali, sono state commesse negli anni in cui dominava il comunismo ed anche prima; molti odi e rancori si sono accumulati. E’ reale il pericolo che questi esplodano dopo il crollo della dittatura provocando gravi co0nflitti e lutti, se verranno meno la tensione morale e la forza cosciente di rendere testimonianza alla verità, che hanno animato gli sforzi nel tempo passato.

La fine dei regimi dell’Est.
Non si può dimenticare che la crisi fondamentale dei sistemi, che pretendono di esprimere il governo ed anzi la dittatura degli operai, inizia con i grandi moti avvenuti in Polonia in nome della solidarietà sociale. La lotta che ha portato alla caduta di quei regimi, è stata una lotta pacifica. Ciò che ci si deve augurare è che gli uomini imparino a lottare per la giustizia senza violenza, rinunciando alla lotta di classe nelle controversie interne, come alla guerra nelle controversie internazionali. E’ giusto che nelle presenti difficoltà i Paesi ex comunisti siano sostenuti dallo sforzo solidale delle altre nazioni: ovviamente essi devono essere i primi artefici del proprio sviluppo; ma deve esser data loro una ragionevole opportunità di realizzarlo. Questo aiuto corrisponde ad un debito di giustizia, ma corrisponde anche all’interesse ed al bene generale dell’Europa, che non potrà vivere in pace, se i conflitti di diversa natura, che emergono come conseguenza del passato, saranno resi più acuti da una situazione di disordine economico.

Il capitalismo.
Se per sistema capitalistico si delinea un sistema economico che riconosce il ruolo fondamentale e positivo dell’impresa, del mercato, della proprietà privata e della conseguente responsabilità per i mezzi di produzione della libera creatività umana, la risposta è certamente positiva. Ma se s’intende un sistema in cui la libertà nel settore dell’economia non è inquadrata in una solida situazione giuridica che la metta al servizio della libertà umana integrale e la consideri come una particolare dimensione di questa libertà, la risposta è certamente negativa. Nonostante i grandi mutamenti avvenuti nelle società più avanzate, le mancanze umane del capitalismo, col conseguente dominio delle cose sugli uomini, sono tutt’altro che scomparse. Per il Terzo Mondo si pone il problema dell’accesso al mercato internazionale e in questo senso si può giustamente parlare di lotta contro un sistema economico, inteso come metodo che assicura l’assoluta prevalenza del capitale, del possesso degli strumenti di produzione e della terra, rispetto alla libera soggettività del lavoro dell’uomo.

Il profitto.
Con il diritto alla proprietà privata la Chiesa riconosce la giusta funzione del profitto, ma con una precisa riserva: è possibile che i conti economici siano in ordine ed insieme che gli uomini, che costituiscono il patrimonio più prezioso dell’azienda, siano umiliati e offesi nella loro dignità. E’ dunque inaccettabile l’affermazione della sconfitta del cosiddetto socialismo reale lasci il capitalismo come unico modello di organizzazione economica. Occorre rompere le barriere e i monopoli che lasciano tanti popoli ai margini dello sviluppo, per assicurare a tutti, individui e nazioni, le condizioni di base che consentano di partecipare allo sviluppo.

La democrazia.
La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alla scelta politica e garantisce ai governati la possibilità sia di eleggere e controllare i propri governati, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno. Essa pertanto non può favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano i poteri dello Stato. Un’autentica democrazia è possibile solo in uno Stato di diritto e in conformità a una retta concezione della persona umana perché una democrazia senza valori si converte fatalmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia.

E anche nelle democrazie occidentali, le domande che si levano dalla società a volte non sono esaminate secondo criteri di giustizia e moralità, ma piuttosto secondo la forza elettorale o finanziaria dei gruppi che la sostengono, travisando, così, tutti i principi di eguaglianza e di partecipazione paritetica. Ritorna lo sconvolgimento dei termini, non è più l’Unione che dona forza, ma la Forza che promuove e stimola l’unione; la centralità dell’uomo viene soppiantata dalla centralità dei suoi mezzi, dal suo potere e dalla sua forza.


Rosario Amico Roxas



Lunedì, 23 luglio 2007