Il dibattito sul risultato elettorale
Una fotografia

di PEPPE SINI

Costruire la sinistra necessaria. La sinistra della nonviolenza


[Peppe Sini, gia’ consigliere comunale e provinciale, e’ stato dagli anni ’70 uno dei principali animatori del movimento che si opponeva alle servitu’ energetiche e militari nell’Alto Lazio, e il principale animatore del movimento che si oppose al devastante progetto autostradale della cosiddetta "Supercassia"; nel 1979 ha fondato il Comitato democratico contro l’emarginazione che ha condotto rilevanti campagne di solidarieta’; ha promosso e presieduto il primo convegno nazionale di studi sulla figura e l’opera di Primo Levi; nel 1987 ha coordinato per l’Italia la campagna di solidarieta’ con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano; nel 1999 ha ideato, promosso e realizzato l’esperienza delle "mongolfiere della pace" con cui ostacolare i decolli dei bombardieri che dalla base di Aviano recavano strage in Jugoslavia; nel 2001 e’ stato l’animatore dell’iniziativa che - dopo la tragedia di Genova - ha portato alla presentazione in parlamento di una proposta di legge per la formazione delle forze dell’ordine alla nonviolenza; e’ stato dagli anni ’80 il principale animatore dell’attivita’ di denuncia e opposizione alla penetrazione dei poteri criminali nell’Alto Lazio - e negli anni ’90 ha presieduto la Commissione d’inchiesta ad hoc istituita dal Consiglio Provinciale di Viterbo -; dal 2000 e’ direttore del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e’ in cammino". Una sua lettera aperta del 3 luglio 2007 ha dato avvio al movimento che si oppone al devastante progetto del mega-aeroporto di Viterbo e s’impegna per la riduzione del trasporto aereo]


"Ecco gli elmi dei vinti, abbandonati in piedi, di traverso o capovolti. E il giorno amaro in cui voi siete stati vinti non e’ quando ve li hanno tolti,

ma fu quel primo giorno in cui ve li siete infilati senza altri commenti, quando vi siete messi sull’attenti e avete cominciato a dire si’" (Bertolt Brecht, naturalmente)

Il risultato elettorale del 13-14 aprile 2008 segna la sconfitta non della sinistra, ma delle camarille - e dei complici loro - che abusivamente pretendevano di rappresentarla, e forti del loro potere nel palazzo avevano attuato una politica di guerra e razzista, una politica che di sinistra nulla piu’ aveva.

Di quelle camarille il risultato elettorale segna la sconfitta, e di quanti ad esse lungo questi ultimi due anni si sono prostituiti, fino a quei grotteschi sedicenti "nonviolenti" che si sono fatti sostenitori del massacro degli afgani e dei migranti purche’ certi partiti e certi politicanti amici e/o benefattori loro potessero restare aggrinfiati a qualche scranno parlamentare, a qualche poltrona di ministro e di sottosegretario (e di li’ - aggiungiamolo - elargire un po’ di fondi pubblici a mo’ di clientela, favorire qualche carriera nepotista). E cosi’ via - direbbe Kilgore Trout.

La sinistra, invece, era stata sconfitta prima: quando i gruppi dirigenti di quel che restava delle sue storiche organizzazioni politiche italiane avevano scelto la guerra e il razzismo, e la piu’ gran parte delle persone oppresse e oneste, che la sinistra sono, avevano lasciato fare, per corruzione, per rassegnazione, per pusillanimita’.

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Ma era quella di palazzo la sola sinistra?

Io credo di no, c’era anche un’altra sinistra, la nostra. Dico di piu’: quella era solo la ex-sinistra corrotta e quindi arresa, o arresa e quindi c orrotta. La sua catastrofe non e’ la catastrofe della nostra sinistra, che in questa tremenda situazione resta l’unica resistenza nitida e intransigente a partire da cui ricostruire il fronte della lotta per la democrazia.

E questa nostra sinistra, che e’ stata la nuova sinistra negli anni ’70, che ha creato la nuova ecologia, che si e’ messa alla scuola del femminismo, che ha animato la lotta antimafia, che non ha mai avuto esitazioni nel collocarsi dalla parte delle oppresse e degli oppressi, da decenni e’ consapevole che un passaggio decisivo si pone alla sinistra per il suo presente e per il suo futuro: la scelta della nonviolenza.

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E quando dico la scelta della nonviolenza intendo non la rigatteria museale o cattedratica di certi personaggi che in questo biennio si sono da se stessi squalificati per sempre; e neppure quel coacervo di banalita’ e piccinerie che viene abusivamente chiamato educazione alla nonviolenza, formazione alla nonviolenza, et similia, e che novantanove volte su cento maschera la piu’ profonda ignoranza di intere epoche e tradizioni della cultura umana; e neanche i soliti cialtroni che senza mai un minuto di esame di coscienza passano di slogan in slogan tutti consumisticamente trangugiandoli e risputandoli ogni cosa che toccano corrompendo. No. Dico la scelta della nonviolenza presa sul serio, come politica, come lotta politica, come proposta politica, come progetto politico, come movimento politico; poiche’ questo furono Gandhi, King e tante e tanti altri come loro: organizzatori politici di movimenti politici per lotte politiche con obiettivi politici: non meri operatori sociali, non meri predicatori compassionevoli, ma militanti politici, militanti rivoluzionari di quell’unica rivoluzione che invera la promessa scritta nei codici giuridici e nelle aspirazioni morali e materiali dell’umanita’ intera che i potenti ogni giorno violano: la rivoluzione nonviolenta.

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Questa scelta della nonviolenza e’ oggi dirimente: non si da’ piu’ una sinistra senza scelta della nonviolenza, e non si da’ piu’ azione nonviolenta se non come concreta lotta politica che alla violenza cristallizzata e occulta come alla violenza flagrante e dispiegata parimenti si oppone, in difesa e a promozione dei diritti e della dignita’ di tutti gli esseri umani.

Ne sono talmente convinto che da antico dirigente della sinistra, da pubblico amministratore del secolo scorso, da militante politico che all’impegno politico tutto se stesso ha dedicato, ebbene, ho gettato in questa prospettiva per intero gli ultimi dieci anni della mia vita, rinunciando a molte altre cose che pure mi appassionavano, per fare questo foglio che mi divora tutto il tempo che altri dedica alla vita, ed il cui unico significato e’ questo: contribuire a costruire una politica della nonviolenza, far uscire la nonviolenza in Italia dallo stato di minorita’ ad una piena autocoscienza, promuovere l’incontro e il riconoscimento tra le grandi tradizioni politiche con la scelta della nonviolenza componibili e che vi possono agevolmente convergere ma che sovente si ignorano e mistificano reciprocamente per ignoranza e paura e vilta’; ed a tal fine raccogliere e proporre una cultura politica adeguata alla bisogna: questo foglio dall’estate del 2000 ad oggi lungo oltre duemila fascicoli e’ stato anche la costruzione di un’enciclopedia della nonviolenza come cultura politica complessa, plurale, aperta.

Che ne valesse la pena e ve ne fosse l’urgenza ne sono talmente convinto che vi ho bruciato dieci anni di vita (che per chi e’ giunto alla mia eta’ sono una cosa enorme: i ventenni, i trentenni, i quarantenni, pensano di avere di fronte a loro un tempo infinito, io so di essere a un punto della vita in cui personalmente non si puo’ piu’ far conto su un cospicuo tempo futuro). E sapendo che questa scelta avrebbe implicato dover tornare a perdere tempo ancora una volta con una infinita’ di presuntuosi e di imbecilli, quando non di mascalzoni, che sono legione ovunque, e tra essi tanti dei nomi insensatamente riveriti da chi delle lotte politiche e sociali in Italia, e della cultura politica - della preziosa e gloriosa cultura politica - della sinistra italiana ed internazionale, conosce solo le idiozie e le infamie dell’oggi, ed i laidi buffoni che compaiono in televisione - e tutti coloro che compaiono oggi in televisione, per come la televisione e’ oggi fatta in Italia, per questo stesso fatto accettano di fare i buffoni.

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Ho sempre avuto chiaro che occorreva portare la tradizione del movimento operaio all’incontro con il femminismo e con la nuova ecologia, e questi tre filoni decisivi per una teoria e una prassi della liberazione recarli all’incontro con la tradizione liberale di lotta per le liberta’ civili e politiche e della codificazione giuridica dello stato di diritto e del diritto internazionale; con la tradizione delle istituzioni democratiche, del costituzionalismo moderno, del pensiero etico e giuridico contemporaneo. E fare di tutti questi filoni storici ed esperienze teoriche e pratiche sostanza della scelta nonviolenta, appunto la scelta nonviolenta intendendo non come un’alterita’ ma come un illimpidimento ed approfondimento dialogico e dialettico, complesso ed aperto, di prassi politiche storicamente vive e vitali, un illimpidimento ed approfondimento che valorizzi e intrecci tanta preziosa ricchezza di lotte e di pensiero per la liberazione umana, per l’umana solidarieta’, per difendere e promuovere la civilta’ umana, la difesa della biosfera, l’internazionale futura umanita’.

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Detto in breve, e’ tutto qui. E adesso al lavoro. Che c’e’ da sgombrare le macerie, organizzare la resistenza, costruire la sinistra necessaria. La sinistra della nonviolenza.

L’incontro del 19 aprile a Bologna, se non sara’ la solita pagliacciata esibizionista, piagnona e reducista (il rischio infatti vi e’ sempre), ma sapra’ essere coerente con l’ispirazione dell’appello emerso dall’incontro bolognese del 2 marzo scorso promosso da Michele Boato, Maria G. Di Rienzo e Mao Valpiana, potrebbe dare un segnale in questa direzione. Vorrei sperarlo. Ma indipendentemente dagli esiti di quello o di altri analoghi prossimi consessi, ciascuno faccia la sua parte, che ve ne e’ davvero bisogno.

Tratto da
Notizie minime de
La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Arretrati in:
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Numero 427 del 16 aprile 2008



Mercoledì, 16 aprile 2008