Politica
Due questioni sul mondo dei cattolici

di Vittorio Bellavite

(da "Il Manifesto" del 2-4-’08)


MI è facile essere d’accordo con l’impianto di fondo dell’articolo di Rossana Rossanda (La Chiesa al suo posto del 17/3), che è un po’ di ragionamento e un po’ anche di sfogo, sull’assillante interventismo della Chiesa cattolica in Italia su questioni politiche e istituzionali e sulle accondiscendenze di troppi politici remissivi e clericali. Lo dico da cattolico praticante e anche da coordinatore del movimento "Noi Siamo Chiesa"che si propone la riforma della Chiesa cattolica e che delle battaglie anticoncordatarie e per la laicità ha fatto uno dei capisaldi della sua iniziativa.

Però approfitto dell’occasione per porre in sintesi due questioni che possono servire per una riflessione di più lungo periodo, che anche "il Manifesto" scarsamente affronta e che sono in qualche modo connesse con quanto Rossanda ha scritto:

1) del cosidetto ritorno del sacro bisogna parlare. Per la verità sarebbe meglio usare un’altra terminologia. La parola "sacro" può evocare culture o pratiche manipolatrici della donna e dell’uomo e della sua libertà. Io preferirei usare altre espressioni tipo "ripresa delle domande di senso" cioè dei grandi interrogativi sul perché dell’esistenza della singola persona, anche nel suo rapporto con il prossimo e con la natura. Sono questioni antiche quanto l’umanità ma in certi periodi diventano più urgenti e più diffuse. Questo mi sembra uno di questi momenti dopo la caduta o l’indebolimento delle forti ideologie del secolo scorso e, tra queste, anche del paradigma marxiano, che spesso è stato ed è assunto in modo totalizzante. Questa ripresa della domanda di senso non dovrebbe essere snobbata. Può essere una ricerca non neutra- dobbiamo esserne consapevoli- per le sue ricadute per quanto riguarda la riflessioni sulla società e sulla politica dell’area culturale della sinistra di alternativa. Mi piacerebbe che, in questa area, se ne parlasse per praticare una laicità "laica", aperta a tutto campo, che lasciasse alle proprie spalle antiche diffidenze rispetto alle dimensioni spirituali dell’esistenza. Il "Manifesto", che affronta tematiche che vanno ben al di là delle vicende quotidiane, potrebbe impegnarsi in questa ricerca, nel dibattito e nel riconoscere i problemi. Perché non ci si interroga qualche volta sul perché della "tenuta" della Chiesa, pur tra le tante sue difficoltà e nonostante le sue infedeltà o, diciamo pure, i suoi tradimenti rispetto all’Evangelo? Perché emergono altre risposte religiose che aggregano e mobilitano? Non sta forse nella risposta, per quanto parziale o insufficiente essa sia o possa sembrare, che le religioni sanno dare alle perenni domande di senso? Questa risposta altri soggetti culturali o politici non possono o non sanno darla. Avere la consapevolezza di tutto ciò sarebbe importante.

2) La seconda questione dovrebbe essere, almeno in teoria, già patrimonio della cultura del "Manifesto" : l’ essere cioè il mondo cattolico molto diversificato al proprio interno e, soprattutto, ancora ricco di posizioni alternative e socialmente importanti. Sono realtà che poco appaiono, che sono ora a disagio con la politica in generale (e con la politica dei palazzi vaticani in particolare), che si esprimono poco, che non riescono a farsi conoscere e che soffrono di questa polarizzazione della politica e dei media, in cui tutto è giocato sui ruoli istituzionali e sull’immagine. La linea del vecchio PCI che identificava tutto il mondo cattolico con la gerarchia ecclesiastica potrà andare bene, oltre che alla destra, a Veltroni, a Rutelli e dintorni, ma non a noi che soffriamo per lo schermo pesante (fatto di campagne di stampa, di veti a progetti di legge, di difesa di interessi materiali, di prolusioni del Presidente della Conferenza episcopale e via dicendo) che nasconde spesso il messaggio dell’Evangelo di Gesù di Nazareth agli occhi di chi cerca parole di carità, di verità e di giustizia.

Cerchiamo di fare inchiesta, di leggere i percorsi sotterranei, le dinamiche interne, le contraddizioni, la nuova ricerca biblica , i consensi traversali su interventi nel sociale e gli elementi di rottura che esistono nel corpo del mondo cattolico. Mi rendo conto che non è facile soprattutto in questo periodo, ma l’occuparsi di cose non facili fa parte del DNA del "Manifesto". Credo che si capisca bene che non propongo un passo indietro nel battersi per la laicità ma che penso a un di più di analisi e di comprensione dei fenomeni e dei problemi che stanno a monte.


Vittorio Bellavite
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Venerdì, 04 aprile 2008