Dublino: Capitalism in crisis!

di Doriana Goracci

Non sono certo una risparmiatrice inglese in fuga a Dublino ma una fortunata a cui è stato offerto un viaggio di una settimana nella capitale irlandese. Appena arrivata, ancora carica delle nevrosi italiane, mi è apparso il primo cartello bianco, rettangolare, con l’annuncio del dibattito pubblico, in strada, per l’11 ottobre, scritto a chiare lettere in nero: "Capitalism in crisis!". Sarà a Temple Bar, centro storico e in movimento di Dublino, anche se SoDa mi appare più coinvolgente. Il tutto sotto cascate di fiori e acqua, a cui ci si abitua e soccombe, come il sole improvviso e qualunque sia l’umore del cielo, si continua a camminare, senza imprecazioni, nell’immobile traffico cittadino, dove sfilano veloci solo lo le biciclette e quanti sono a piedi: eppure scendono dai bus e ringraziano brevemente, un saluto, alla prossima...Girano odori e colori delle capitali del Nord, senza quell’ordine maniacale e senza quella compunta aria da city, tra porte rosse gialle magari viola. Rimangono neri e in caratteri d’oro, i bidoni della spazzatura, dove si legge che "litter is disgusting". A Smithfield, la domenica mattina, la prima di ogni mese, c’è una fiera alla buona di equini, in una piazza della città, non in periferia. Sbucano calessi condotti da ragazzini, certi altri con i furgoni, fanno scendere cavalli e puledri ben messi, li spolverano dal fango ma le loro scarpe rimangono con dita di terra umida e rappresa, e le piccole bande di ragazzini irlandesi, alcuni con il cappuccio sulla testa, si aggirano con un fare molto sicuro. Solo lì ho visto un piccolo gruppo di polizia locale, a chiacchierare. Nel mezzo di un lato troneggia il Village Park Inn, un hotel con annesso bar e ristorante e un cartello con una grande gardenia bianca su fondo nero che invita al Funeral post, per tea e lunch. Le mitiche teste rosse e facce con efelidi, ci sono ma non sono la massa. La massa è una moltitudine di giovani, tante etnie e non solo dedite a ruoli di lavori balordi, prova ne sia che più del 50% della popolazione irlandese è sotto i trent’ anni. Non ci sono arie frenetiche da super lavoro, i negozi chiudono alle 18, i pub quando gli pare, non c’è vita sottoterra, i canali scorrono come le papere di fianco alle auto e i tram e, se volete, anche questa è misteriosa malinconia, metropolitana. Nei pressi della palazzina di Google, c’è un treno che riporta i pendolari in venti minuti, in un borgo sul mare, a poco meno di 15 chilometri da Dublino e anche al tramonto giocano i bambini sulla riva, con un vento che piega l’erba e i cespugli, ancora intrisi di pioggia. La vita costa cara, costa caro mangiare e male e fioriscono i centri del biologico e del vegetale: anche la birra viene dal luppolo e scivola giù. Non c’è aria di lusso, si voltano a guardare bellezze polacche con obsoleti pantaloncini e tacchi da dieci centimetri in su ma non le gambette ignude di qualche svampito pseudo scozzese. Se ti vedono con una cartina tra le mani, ti chiedono sorridendo se hai bisogno d’aiuto. Le notizie delle prime pagine riportano tagli di trecentomila posti di lavoro , la Ryan Air, continua a volare ma i suoi dipendenti faranno voto di una settimana gratuita di lavoro, i bambini girano soli fino a tardi, come certe coppie che danno da mangiare ai cigni e alle anatre, sono cattolici e non lo danno a vedere, parlano inglese ma capiscono qualunque idioma, è tutto un fiorire di take away afro-orientali, la maggior parte dei musei è gratuita, sono presi d’assalto magazzini alla moda dove il capo più caro è di euro 40, sono innumerevoli i negozi di associazioni religiose e umanitarie che vestono i corpi e le case, per pochi euro, dei dublinesi. La polizia irlandese, Garda Síochána, che significa "Guardiani della Pace", non presta servizio armata, forse perchè è il paese meno violento dell’Unione Europea, neutrale nella Seconda guerra mondiale, non ha siglato alcun patto militare con la Nato: li chiamano da sempre vichinghi e barbari. Ripenso alla "culla" di Roma e sale di nuovo l’angoscia dell’Impero e della sua "civile" cultura della pace. Ériu, l’Isola dei boschi, la Terra del Limite Remoto, ha lottato per la sua libertà. L’amica e concittadina Kay Mc Carthy, straordinaria voce dell’anima irlandese, mi aveva avvertito: house non è home, cammina anche se piove, sarà leggero...


Doriana Goracci

« Cosa pretendevate? Che dipingessi rose rosse nel secolo degli orrori? » Francis Bacon



Giovedì, 09 ottobre 2008