Politica - Dibattito
COSTITUZIONE

di Giulio Vittorangeli

Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli@wooow.it) per questo intervento.


Il primo gennaio del 1948 entrava in vigore la Costituzione della Repubblica italiana.

Sui giornali e in tv abbiamo letto e visto il seguente messaggio, da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento per i Rapporti con il Parlamento e Riforme istituzionali): "Il 27 dicembre 1947 e’ nata la nostra Costituzione e, con lei, la nostra identita’ di popolo. In 139 articoli la Costituzione racconta chi siamo, da dove vengono i nostri valori e dove ci porteranno i nostri ideali. Nel sessantesimo anniversario, facciamoci un regalo: leggiamola".

Anche il nostro Presidente della Repubblica, nel consueto messaggio di fine anno, ha fatto esplicito riferimento alla Costituzione repubblicana: "Ecco, vedete, ricorre da domani il sessantesimo anniversario della nostra Carta fondamentale: proprio nel proporci di rivederne alcune regole, relative all’ordinamento della Repubblica, dobbiamo risolutamente ancorarci ai suoi principi, anche e non da ultimo ai suoi valori morali, e in special modo a quei suoi indirizzi che non vediamo abbastanza perseguiti e tradotti in atto".

Tutto bene, dunque? Non ci sembra. Resta qualcosa di non detto, di estremamente grave.

*

Nel passaggio dalla prima Repubblica alla cosiddetta seconda Repubblica, la destra italiana ha cercato pesantemente di attaccare la Costituzione, nata dalla Resistenza contro la barbarie nazifascista.

Dove cio’ non e’ stato possibile, ha cercato di aggirare gli articoli; in questo contando sulla complicita’, piu’ o meno esplicita, anche di una parte consistente del centrosinistra.

Basta vedere oggi la tutela del lavoro; la pari opportunita’, in primo luogo tra uomo e donna; l’azione internazionale dell’Italia, il tema della pace e della guerra; la laicita’ dello Stato...

Il nostro e’ l’unico paese dove i telegiornali riservano l’apertura ad ogni giudizio papale e della gerarchia cattolica su qualsiasi argomento; e dove uomini politici, dopo aver probabilmente perso ogni contatto con la realta’ quotidiana, si sono affidati alla realta’ virtuale della tv, traendone l’impressione che l’episcopato possa spostare chissa’ quanti voti a loro favore e, eventualita’ decisamente assurda, a favore di tutti.

L’atteggiamento acquiescente sembra pervadere entrambi gli schieramenti e lascia i pochi genuini laici in balia di una condizione di impotenza tale da spingerli a porre in secondo piano la rivendicazione di diritti che, nel resto d’Europa, sono in gran parte oramai acquisiti.

Sul versante del lavoro, devono bruciare sei operai perche’ la denuncia delle morti sul lavoro acquisti visibilita’. Pero’ non basta piangere i morti, si ha il dovere morale e politico di prevenire gli incidenti. La risposta non puo’ essere la sola "Pubblicita’ progresso": "Usare la testa, si deve. Evitare la croce, si puo’" (e’ lo slogan dedicato alla piaga degli infortuni sul lavoro). La realta’ e’ che il modo di lavorare e’ profondamente cambiato, in Italia e nel resto del mondo, dove tra flessibilita’ e precarizzazione (con il ritorno di forme vicine alla schiavitu’ e non solo nel cosiddetto terzo mondo) sono state smantellate le garanzie che tutelano chi lavora. Se non si torna a mettere al centro il come lavorare, il come produrre senza ferire e uccidere, si potra’ fare ben poco.

Altrettanto drammatico e’ quanto e’ avvenuto con l’articolo 11 della Costituzione. E’ iniziato nel 1991, quando per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale l’Italia partecipa attivamente ad una guerra; i nostri aerei sono impegnati contro l’Iraq. Il governo di allora (Andreotti) la defini’ "operazione di polizia internazionale", per aggirare l’ostacolo dell’art. 11 che recita "L’Italia ripudia la guerra".

Da allora la parola guerra e’ scomparsa; e per la legge della costante inversione dei significati, la morte e’ spacciata come vita, la menzogna viene creduta come verita’, la guerra e’ lo strumento principe di pace. Infine, venendo alla questione elettorale che attualmente e’ al centro del dibattito politico italiano, concordiamo con l’acuta osservazione di Rossana Rossanda quando afferma "che da oggi la Costituzione sia considerata uno straccio conteso fra quattro poveracci e’ un po’ penoso".

*

Valgono per tutti le parole di Giuseppe Dossetti: "Vorrei dire soprattutto ai giovani: non abbiate prevenzioni rispetto alla Costituzione del ’48, solo perche’ opera di una generazione ormai trascorsa. La Costituzione americana e’ in vigore da duecento anni, e in questi due secoli nessuna generazione l’ha rifiutata o ha proposto di riscriverla integralmente: ha soltanto operato singoli emendamenti puntuali al testo originario dei Padri di Philadelphia, nonostante che nel frattempo la societa’ americana sia passata da uno Stato di pionieri a uno Stato oggi leader del mondo. Non lasciatevi influenzare da seduttori fin troppo interessati, non a cambiare la Costituzione, ma a rifiutare ogni regola".

Tratto da
Notizie minime de
La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Arretrati in:
http://lists.peacelink.it/

Numero 335 del 15 gennaio 2008



Marted́, 15 gennaio 2008