Politica - dibattito
Un arcobaleno pasticciato

di Rosario Amico Roxas

Mentre nel PD vengono candidati nella medesima lista un operaio e un dirigente industriale, la sinistra radicale, riunita nell’arcobaleno eleva critiche su tale decisione perché non sarebbe compatibile con una “scelta di parte”.

Il senso di quelle candidature non rappresenta un tentativo “acchiappavoti”, si tratta, piuttosto di un segnale forte e chiaro del tipo di politica che il Partito Democratico vuole instaurare.

Non si può prescindere dalla reale composizione della popolazione italiana, molto articolata, per cui il diritto di rappresentatività democratica spetta a ciascuno di quelle categorie che costituiscono tale popolazione. Metterli insieme ha un significato emblematico, vuole dimostrare la volontà di realizzare una chiusura delle lotte di classe per instaurare, finalmente, una integrazione interclassista in grado di promuovere la cooperazione, l’integrazione e, finalmente, la solidarietà nazionale.

In un momento di forti tensioni separatiste, che mirano a creare argini da tutte le parti, le candidature alla rappresentatività, promosse dal PD, ripropongono l’idea dell’unità nazionale, così gravemente a rischio.

Mentre un liberismo rampante tenta tutte le carte per accreditarsi come unico rappresentante del popolo italiano, come se fosse tutto per intero composto da capitalisti in attesa di politiche protezionistiche, l’estrema sinistra cade nella trappola facendosi paladino di una classe operaia che vuole relegare dentro l’alveo di un rinnovato servilismo della gleba.

In oltre 60 anni di democrazia la sinistra radicale non ha imparato la lezione della storia, continua a chiedere e pretendere modificazioni strutturali ad una economia che strutturata non è; continua a chiedere “tutto e subito”, fomentando una difesa corporativa delle altre classi che si ritrovano, così, nella condizione ottimale di concedere “nulla e per sempre”.

Se avessero iniziato il sostegno alle fasce più deboli della popolazione già fin dagli anni ’50, al posto delle manifestazioni di piazza, collocandosi su una linea mediana di richieste, per promuovere adeguamenti ragionati, possibili, nel mutuo rispetto di tutte le esigenze e nella loro armonica composizione, oggi ci si potrebbe ritrovare in una situazione ben diversa, con obiettivi già raggiunti e altri ancora da raggiungere, ma almeno a “vista d’uomo”.

La radicalizzazione dei problemi, invece, ha avuto esiti devastanti, specialmente proprio per quelle classi deboli che avrebbero dovuto godere dei benefici.

Il perdurare della terminologia bolscevica è significativa di un impantanamento ideologico, incapace di svilupparsi dentro una cultura di governo democratico, per rimanere nelle secche di una cultura pseudo-rivoluzionaria in salsa occidentale.

Ma le conseguenze sono state epocali; schegge impazzite e ideologicamente drogate hanno dato vita ad una rivoluzione casereccia, inutile, ma sanguinosa; le varie sigle che hanno tormentato gli anni di piombo non furono altro che il braccio armato di una rivoluzione ideale e impossibile, che ha, però, creato le premesse per una difesa corporativa dello status quo, rimandando nel tempo soluzioni doverose, anche se malamente prospettate.

Questa radicata posizione dialetticamente intrattabile, fa pensare alla esigenza di sopravvivenza, perché una eventuale soluzione definitiva dei problemi sociali in grado di soddisfare le esigenze più impellenti, vanificherebbe la stessa esistenza di partiti così radicalmente massimalisti, mentre il dilatarsi nel tempo delle esigenze irrisolte ne giustificherebbe la presenza in un panorama di reciproche difese ad oltranza.

Nasce il partito arcobaleno, apprezzabile per il tentativo di unificare quelle forze che intendono premere sulla esigenza di sviluppo umano, alternativo al progresso tecnologico, ma contraddittorio nei metodi ancora fermi nella ineluttabilità delle rivendicazioni attraverso la lotta.

Le mutazioni socio-politico-econimiche non possono venire attuate con la logica del “tutto e subito”; ciò avviene attraverso una rivoluzione sanguinosa, con la distruzione materiale della classe avversa e l’imposizione di un nuovo ordine. Ma quella classe avversa al proletariato del lavoro, nel tempo torna a formarsi e a proporre una restaurazione ancora più sanguinosa.

In queste interpretazioni della politica di rivalsa, manca l’ipotesi della “pacificazione produttiva”, quella che tende a conciliare le esigenze delle varie classi ed a coniugarle dentro la politica del “massimo comune divisore”, con rinunce da parte di tutti e benefici diretti a tutti.

E’ il segnale che il PD ha lanciato al paese, scartando dalle liste i padri/padroni e inserendo forze nuove, rappresentanti reali del multiclassismo.

Rosario Amico Roxas



Martedì, 04 marzo 2008