A chi giova il terrorismo ?

di Rosario Amico Roxas

Qualunque sia il fenomeno terroristico, a livello nazionale o a livello internazionale, ha sempre una caratteristica comune: non è rivolto contro governi, bensì contro popolazioni, per determinare quello stato di paura costante, idonea a giustificare interventi autoritari.
Il terrorismo non ha un passato, non gode del presente e non programma un futuro, non ha da proporre assolutamente niente, non una nuova e diversa forma di Stato, non una sociologia di base atta a modificare, in meglio, quella esistente.
Semina panico come suo fine; non intende conquistare, perché non ha un modello da proporre; il terrore è uno strumento, la conquista è un fine, che il terrorismo non saprebbe gestire.
Gode di quella soggettività politica che i popoli-bersaglio gli riconoscono, come se si trattasse di un avversario da combattere con una guerra globale. Ma le guerre si fanno in due, mentre il terrorismo è, per sua natura, unilaterale e sordo alle altrui ragioni.
Quando il terrorismo tenta di vestire gli abiti della guerriglia o di una fazione di partigiani, riesce solo a prendere in giro se stesso, in quanto non si contrappone simmetricamente ad un ipotetico avversario, ma si rivolge sempre contro un pubblico che diventa spettatore attonito e vittima passiva. I partecipanti alle azioni terroristiche sono vittime anch’esse di qualcosa in cui credono, ma non si rendono conto che il metodo è sbagliato, e agiscono spinti da una sollecitazione organizzata e cinicamente operativa.
La semina del panico cosa produce ?
E’ chiaro e documentato che, innanzitutto, giustifica le azioni repressive di chi manovra il terrore, per impaurire i cittadini di uno Stato, pronti a sostenere chi propugna una lotta senza quartiere, presentata come difesa ad oltranza.
Viene da chiedersi chi manovra questo malcontento, che avrebbe maggiore possibilità di successo se venisse alla luce con proposte, programmi da discutere in sede politica e diplomatica.
Ma questo non accade, perchè all’ispiratore dei programmi terroristici non conviene.
Lo abbiamo visto in sede internazionale e lo vediamo adesso in sede nazionale; cambia la quantità degli adepti, ma non la loro qualità e i loro propositi confusamente eversivi.
Ipotizzare che quindici irriducibili volessero cambiare la struttura dello Stato appare, quanto meno, ridicolo; hanno, però, determinato una vaga sensazione di paura, mista a impotenza, perché il terrorismo si autorigenera e la persecuzione lo alimenta.
La lotta senza quartiere, le guerre preventive, la repressione organizzata, hanno favorito l’inasprimento della lotta, dalla quale una nazione, uno Stato, un governo, non potrà mai uscire vincitore se non elimina le fonti che generano tale terrorismo.
Pur se pochi elementi, in rapporto all’intera popolazione, i terroristi necessitano di finanziamenti per organizzarsi para-militarmente, e chi altri potrebbe avere interesse a finanziarli se non la mente occulta che li manovra a loro stessa insaputa ?
Il terrorismo internazionale risulterebbe in mano a Bin Laden e alla sua organizzazione; ma vengono combattuti gli effetti, non viene stroncata la causa; ciò fa intuire che la causa viene sfruttata, affinchè gli effetti seminino il panico da sfruttare politicamente inasprendo le regole autoritarie. La prova sta nella irreperibilità dello stesso Bin Laden, che si beffa delle più potenti organizzazioni mondiali di intelligence. A livello nazionale accade lo stesso, con un disegno ben orchestrato che si inserisce in un mosaico già disegnato; ogni azione è studiata per diventare una tessera di quel mosaico.
Eliminati gli attori principali di oggi, che hanno, però, recitato benissimo la poro parte, sia pure inconsapevolmente, altri vengono istruiti e preparati a sviluppare una trama che dovrebbe condurre all’ingresso nella “stanza dei bottini” (sic !), non più per arraffare denaro, ma per gestire potere.
Gli attentati terroristici sono certamente tali, e tali possono essere accertati, solo a-posteriori, non quando vengono sventati all’ultimo momento e si trasformano in una propaganda mediatica a vantaggio delle presunte vittime.
Lo fu l’attentato con le aranciate sventato all’aeroporto di Londra, potrebbe esserlo la minaccia all’ Italia, diventata oggetto di trasmissioni speciali, come una televendita programmata da tempo, che privilegia discorsi catastrofistici alternativi a quelli della politica e della diplomazia.



Giovedì, 25 ottobre 2007