E’ un silenzio sibillino, non chiaro, quello che all’interessato permette di affermare “Chi tace acconsente”, oppure di invocare la norma del “silenzio assenso”. E’ il drammatico problema dell’aborto che divide, come se una legge che lo regolamenta obbligasse ad abortire; piuttosto evita lo scandalo degli aborti clandestini, dei “cucchiai d’oro” che si arricchiscono speculando sui problemi altrui. Anni addietro furono scovati medici che in ospedale si erano dichiarati obiettori di coscienza, ma solo per non fornire il servizio in ospedale e alzare il prezzo in privato. Da cattolico vedo nell’aborto la soppressione di una vita, da laico ritengo che uno Stato debba pensare a prevenire danni maggiori, regolamentando, come ha fatto, una materia così delicata. Il viaggio in Brasile di Benedetto XVI, quello che tutti abbiamo considerato un viaggio di Stato e non un pellegrinaggio in una nazione con tante contraddizioni, fu l’occasione per ribadire la contrarietà della Chiesa al fenomeno dell’aborto, facendone solo un problema morale, trascurando la gravità del problema sociale. Il Brasile è pieno di bambini abbandonati nelle strade, che si danno da fare per coniugare il pasto con la cena; i bambini e le bambine crescono; paradossalmente devo dire che i più fortunati vengono uccisi per fornire organi di ricambio, mentre gli altri, maschietti e femminucce, diventano preda dei viziosi della pedofilia. E’ quanto di più facile che una bambina violentata nel corpo e nell’anima, resti incinta; sola, abbandonata, senza nessuno che alleggerisca il fardello già pesantissimo di quella vita, non ha altre alternative che rivolgersi alle streghe del quartiere, le quali con i mezzi più ancestrali provocano l’aborto. La mortalità infantile, in questi casi è enorme. Il presidente Lula, che ha deciso di regolamentare gli aborti per poterli effettuare in ospedale, ha troncato il dibattito con il pontefice, affermando il dovere dello Stato di stroncare questa spirale, per iniziare, da subito, un’opera di educazione sessuale, di bonifica delle strade, fornendo a queste piccole vittime, la possibilità di scegliere una vita più vivibile. Non entro nel problema della pedofilia che coinvolge anche i sacerdoti, ma è d’obbligo affermare che la pedofilia è un peccato ben più grave di un aborto quando è veramente terapeutico. L’intransigente posizione della Chiesa conduce a posizioni ipocrite, dove chi ha già sperimentato l’aborto, chiamandolo terapeutico, ma praticato al 7° mesi di gravidanza, come nel caso della seconda moglie dell’aspirante presidente del consiglio Berlusconi, è la stessa persona che davanti ad una platea addomesticata, piena di claque retribuita, sanziona l’aborto e si propone come difensore dei valori della vita “dal concepimento alla fine naturale”. Ma qui la Chiesa tace, non esclude l’abortista dal diritto di parlare di argomenti sui quali non ha alcun diritto, ma ne fa il suo paladino, affidandogli l’onere di difendere quella vita che lui stesso ha soppresso. Rosario Amico Roxas
Domenica, 17 febbraio 2008
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