Lettere dalle catacombe
Le insufficienti dimensioni del dibattito e la costruzione di una vera Sinistra

di Lidia Menapace

Avverto un mancato o insufficiente senso delle dimensioni nel dibattito precongressuale che si sta avviando e cui prendo parte in modo un po’ defilato, non essendo iscritta, ma con netta propensione per il documento Acerbo Ferrero Barbarossa ecc.
Ciò che è capitato è di tale enormità, che ciascuno/a di noi deve fare una attenta e precisa autocritica, a cominciare da me, che ho accolto in modo assolutamente acritico la proposta della Sinistra Arcobaleno, anche nei suoi aspetti affrettati oligarchici e pasticciati. Ciò detto, per quanto mi riguarda voglio agire per rendere possibile la costruzione di una vera Sinistra, utile nella nuova difficilissima fase.
La situazione oggi mostra una maggioritaria e persino consolidata egemonia politico-culturale di Berlusconi, e anche le interne contraddizioni tendono a risolversi sempre più a destra. Il governo è molto attivo nei messaggi, e mostra una prepotente tendenza a violare la Costituzione, senza che vi siano allarmi adeguati: ma tutto ciò è noto.
La domanda perciò è: che cosa è utile per cercar di uscire dal pantano in cui siamo confinati/e?
Abbattere, rovesciare l’egemonia della destra (che è estrema e niente affatto "liberale", bensì populista nazionalista, xenofoba, clericale, antieuropeista ecc.) è il fine prioritario. E gli strumenti che servono debbono essere commisurati al fine: qui avverto una penosa insufficienza nostra.
A mio parere tali strumenti non sono uno solo, non esistono in natura, si collocano in un contesto teorico e politico pericolosamente squilibrato. Insomma il compito è arduo e sbagliare i primi passi significherebbe imboccare una strada (una "linea") errata e mia convinzione profonda è che se si sbaglia analisi e linea non si capisce nemmeno dove si sta: l’itinerario elettorale ne è prova e dimostrazione preclara.
Dico alcune cose in modo sommario e apodittico, ma potrei in seguito motivare articolare e approfondire: nella società complessa bisogna mantenere e consolidare la complessità e dunque ostacolare la "riduzione della complessità": sotto questo profilo le proposte di "riforma" costituzionale sono il primo banco di prova e di esame.
Ne consegue che non si fa più riferimento alle "masse" (che sono una riduzione della complessità) ma ai "soggetti" distinti e non riducibili: ad ognuno di essi si riconosce lo statuto di "soggetto politico", non al solo partito, e nemmeno però a qualsiasi comitato. Qui ci vuole una analisi e un esame preciso.
Tenderei a dare statuto di soggetto politico al movimento operaio e sindacale, al movimento delle donne, al movimento ecologista, al movimento per una politica di pace, al movimento della comunicazione (l’attuale intellighentsia)e infine al partito . Insieme, connessi con procedure concordate e paritarie, costruiscono il blocco sociale anticapitalistico e antipatriarcale per il cambiamento .
La principale e più difficile riforma teorica à che bisogna decidersi a mettere il capitalismo e il patriarcato sullo stesso piano (contraddizione principale e contraddizione originaria) di antagonismo e pericolosità .
Ciò che ne consegue è molto importante: rappresentanza equilibrata, cultura politica molteplice, linguaggio inclusivo, insomma una bella rivoluzione culturale.
Tutto ciò va fatto con passione, generosità mentale ed etica, curiosità, propensione al nuovo, sotto il vaglio di una ragione complessa e non razionalistica, ma rifuggendo come dal veleno le forme "comunitaristiche" che appartengono a una delle maniere dell’esperienza religiosa e sono fondate su una cultura che chiede obbedienza e nega diritti: basta leggersi ciò che dice Samir Amin nel "Virus liberale" sul comunitarismo tipico della Bible Belt in America, e le propaggini europee e italiane non sono meno pericolose.

da Liberazione, 12/06/2008

www.rifondazioneinmovimento.org



Mercoledì, 18 giugno 2008