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Le elezioni del 13 maggio 2001

Tra Liberalismo e Socialità.

La riflessione dell'ex Nunzio Apostolico a Londra sul "Thachterismo" propugnato dalla "Casa delle libertà".

Mons. Luigi Barbarito *

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Si sente spesso sbandierare in questi giorni di sarabanda elettorale la parola "Thachterismo", specialmente dalla cosiddetta "Casa delle libertà" e dal suo leader indiscusso, l’On. Silvio Berlusconi. Pochi sanno di che cosa si tratta, specie dai galoppini elettorali o da politici improvvisati, i quali sventolano questa parola come una bandiera, o addirittura lo Presentano come un "Elisir di felicità". Ma per chi ne ha visto i fatti ed i misfatti in Gran Bretagna, viene spontaneo raccomandare prudenza e riflessione. L’idea chiave di questo teorema economico è che il mercato, come una specie di "apriti sesamo", schiuda le porte al benessere senza fine.

Ne deriva che tutta la vita economica, nelle sue varie fasi di produzione e distribuzione della ricchezza, non deve avere regolamentazioni, ma essere lasciata alle proprie forze in un libero giuoco tra capitale, lavoro e finanza. A tal fine bisogna dare ai produttori spazio sufficiente, riducendo le tasse e gli oneri sociali; vanno privatizzate le aziende pubbliche; ridotto fortemente se non del tutto eliminato ogni intervento statale nell’economia e nei servizi; le stesse prestazioni di lavoro e quindi il rapporto tra imprenditore e lavoratore devono essere regolate dalla esigenze del mercato e del profitto senza ingerenza dei sindacati.

Indubbiamente in questa corsa i meglio piazzati riescono a vincere con maggiore facilità e sicurezza.. Il "Thachterismo" si è rivelato alla fine un ritorno, in edizione corretta, del liberalismo Manchesteriano, che nel secolo XIX fu alla base della rivoluzione industriale in Gran Bretagna, ma creò anche le condizioni di miseria e di sfruttamento delle classi operaie e meno abbienti che furono all’origine del movimento operaio, del socialismo e del Manifesto di Carlo Marx.

La nuova formula, attuata con determinazione a volte iconoclasta dalla Signora Thachter in Gran Bretagna, diede agli inizi risultati positivi e contribuì notevolmente a ridare Vigore all’economia inglese, stagnante e svigorita per l’eccesso di assistenzialismo statale e di strapotere dei sindacati.

Ma passata l’euforia del "Si arricchisca chi può" si verificò nella società britannica quello che molti avevano previsto non senza preoccupazione: i ricchi divennero più ricchi, ed i poveri più poveri. L’inflazione salì rapidamente, la disoccupazione aumentò perché i padroni non erano per niente disposti a sacrificare i loro profitti, ma scaricavano il peso della crisi economica e mancanza di competitività sui lavoratori dipendenti. La privatizzazione affrettata e radicale dei servizi pubblici e assistenziali pesò gravemente sulle categorie meno abbienti e sull’intero corpo sociale in termini di disservizio, specie nei trasporti e nella sanità, di perdita del potere di acquisto dei salari e delle pensioni.

E’ noto che lo stato di degrado e di miseria, seguito al momento euforico iniziale, causò la rivolta contro il Primo Ministro Thachter prima del suo stesso partito conservatore e poi delle masse popolari, esasperate dalla introduzione della famigerata "poll tax", che voleva far pagare ai meno abbienti, salariati e pensionati il prezzo del risanamento delle finanze pubbliche resosi necessario di fronte all ‘inflazione galoppante.

Non tutto fu negativo. La società britannica riuscì sotto la sferzata stimolante della "Signora di Ferro" a tirarsi fuori dalla stagnazione, a riportare nei giusti termini l’ingerenza statale nell’economia, a riprendere competitività ed espansione, che permisero poi all’attuale governo laburista di consolidare i risultati positivi dell’esperimento, correggendone gli eccessi antisociali. Un sereno bilancio del periodo del monetarismo e liberalismo economico della Signora Thachter fu fatto dal Gruppo di Ricerca della Fondazione Joseph Rowntree nel 1995.

Secondo questo Rapporto la distanza tra ricchi e poveri nella Gran Bretagna si era allargata più rapidamente che in altri paesi industrializzati. Il 20-30% della popolazione non aveva tratto vantaggio della crescita generale del prodotto nazionale e del livello di vita tra il 1977 e il 1990.

L’ineguaglianza sociale era diventata più estesa che mai dalla seconda guerra mondiale in poi. Secondo il Rapporto il 10% di ricchi si era appropriato il 60% dell’incremento generale del reddito, mentre per il 10% dei più poveri esso era rimasto stabile se non diminuito rispetto al 1977. Sarà bene che anche in Italia si rifletta di fronte a certe promesse miracolistiche e progetti faraonici, che potrebbero rivelarsi nel giro di qualche anno solo sogni e chimere, specialmente se le condizioni mondiali dell’economia e in modo particolare dell’ economia degli Stati Uniti dovessero peggiorare. Un politico accorto e lungimirante, prima di abbandonarsi ai sogni, deve mettere anche queste incognite nelle sue previsioni.

Nell’ultimo quinquennio l’Italia, senza ricorrere a formule miracolistiche ma con una politica ferma e prudente di sacrifici fiscali, di concertazione sociale e di attenzione alle classi più povere, è riuscita a raggiungere obbiettivi straordinari come l’ingresso nella moneta unica europea, il risanamento dei conti pubblici, la riforma dell’amministrazione statale di cui già si percepiscono i primi frutti e la creazione di più di un milione di nuovi posti di lavoro, riducendo di un punto percentuale fisco e disoccupazione e contenendo l’inflazione nei termini previsti dal Trattato di Maarstricht. Certo, come succede nelle vicende umane, non tutto è perfetto, molto resta ancora da fare

Spetta ora al buon senso degli Italiani decidere se continuare sulla strada intrapresa mantenendo ed anche accelerando il ritmo, oppure avventurarsi per una nuova strada, assumendone rischi e responsabilità. La storia ci insegna che gli errori e le avventure in politica si pagano e non raramente si richiede una intera generazione per ripararne le conseguenze. L’importante però è rimanere vigili per salvaguardare e difendere le libertà democratiche da ogni tentativo subdolo o aperto di monopolizzare il potere ad uso personale o di pochi.

Mons. Luici Barbarito

Già Nunzio Apostolico a Londra

Pubblicato su Il Ponte n° 13  Sabato 7 aprile 2001

 


 

"Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino" - Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi

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