Riportiamo di seguito la
traduzione dell'articolo apparso sul settimanale inglese "The economist",
(conservatore e bibbia del capitalismo europeo), relativo a Berlusconi.Chi vuole essere
informato in maggiore dettaglio, attraverso le indagini che The Economist ha
direttamente svolto, può accedere al sito:
http://www.economist.com/printedition/displayStory.cfm?Story_ID=593654
The Economist - 26 aprile 2001
UNA STORIA ITALIANA
E' previsto che, con le elezioni del mese
prossimo, Silvio Berlusconi, diventi di nuovo primo ministro.
E tuttavia egli è ancora coinvolto in una serie di battaglie legali. Le sue società
hanno usato denaro proveniente da fonti non rintracciabili e deve affrontare accuse che lo
vogliono collegato alla mafia.
Il 20 aprile, in una disadorna aula
giudiziaria milanese, tre giudici si sono incontrati per ascoltare le testimonianze di un
importante processo. Il procedimento trattava di un caso di presunta corruzione di
giudici. Sulla porta, c'era, scritta a mano, la lista degli accusati. In cima c'era
il nome di Silvio Berlusconi.
Il caso illustra in modo evidente come Berlusconi non si sia lasciato alle spalle i suoi
problemi legali. Poco prima che diventasse primo ministro, nel maggio del 1994, il suo
impero finanziario, FININVEST, fu oggetto delle indagini di Mani Pulite.
Quest'operazione, inaugurata dai magistrati
di Milano nel 1992, aveva messo a nudo una profonda corruzione nella politica, nella
burocrazia e nel mondo degli affari italiani.
Quando Berlusconi fondò il suo partito politico - Forza Italia - si sapeva poco di come
egli gestisse i propri affari. Si presentava agli italiani come un uomo che si era fatto
da sé, che aveva costruito un potente impero televisivo infrangendo il monopolio del
sistema di trasmissione statale, la RAI. Affermava di rappresentare una rottura con il
passato corrotto dell'Italia.
A partire dal 1994, i magistrati hanno
indagato su molte presunte accuse contro Berlusconi, compresi riciclaggio di denaro
sporco, collusione con la Mafia, evasione fiscale, concorso in omicidio, corruzione di
politici, giudici e guardie di finanza. Berlusconi vigorosamente respinge tutte le accuse,
sostiene che giudici di sinistra dominano la magistratura e che le indagini di Mani Pulite
erano politicamente motivate. Non c'è da sorprendersi che i suoi più intimi accoliti
ribadiscano le sue affermazioni. "Berlusconi è perseguitato fin dal 1993; c'è
qualcosa di marcio nel sistema giudiziario", dice Fedele Confalonieri, un suo vecchio
amico, e presidente di Mediaset.
Nel 1996, un alto magistrato inglese, Simon
Brown, aveva un'opinione alquanto diversa. Il caso riguardava un fallito tentativo di
Berlusconi di impedire che magistrati italiani si impossessassero di documenti sequestrati
dall'Ufficio Frodi Inglese.
I magistrati avevano bisogno di alcuni di questi documenti come prova di un caso di
finanziamento politico illegale, mentre Berlusconi sosteneva che il presunto reato fosse
di natura politica.
Il Giudice Brown sostenne che si trattava
di uso improprio di parole:
descrivere la campagna dei giudici come motivata da "fini
politici", ovvero descrivere Berlusconi come perseguitato politico... i magistrati si
mostrano equanimi nel trattare allo stesso modo i politici di tutte le parti. E',
indubbiamente ironico il fatto che alcuni di coloro che chiedono di resistere lo facciano
asserendo un'offesa di natura politica che mal si concilia con il fatto che in quel
momento fosse lo stesso Berlusconi al governo... semplicemente mi è difficile considerare
prigionieri politici' dei finanziatori politici corrotti.
Ma Berlusconi ha una seconda linea di
difesa: "l'Italia non è un paese normale. Anche un caso anomalo come Berlusconi va
compreso nel contesto del paese. Non ha fatto niente di più grave di un qualsiasi uomo
d'affari italiano" - afferma Confalonieri.
Certo molte persone, e non solo a destra, fanno eco a questa difesa. Berlusconi; dicono,
ha fatto solo quello che tutti gli uomini d'affari dovevano fare per andare avanti: pagare
tutti quelli, politici e giudici inclusi, che potevano aiutare. Il problema di Berlusconi,
dicono, è semplicemente di essere stato più intelligente e di divenire più ricco dei
suoi rivali. Inoltre, aggiungono, che cosa facevano i magistrati prima di Mani Pulite,
quando erano visibilmente inerti nel perseguire le persone importanti. Altri sono in
disaccordo. "E' andato aldilà di qualsiasi modo accettabile di fare affari in
Italia", commenta un importante banchiere italiano.
La macchina della
giustizia
Tre cose sono importanti se vogliamo pienamente comprendere i nodi legali di Berlusconi.
Per prima cosa nel sistema processuale italiano, in presenza di una notizia di reato, i
magistrati hanno il dovere legale di indagare.
In secondo luogo, una volta che le denuncie sono pervenute, il sistema giudiziario si
muove con molta lentezza; un processo può durare anni, come pure il processo di appello.
In terzo luogo, in Italia gli accusati non sono considerati colpevoli prima della sentenza
definitiva nelle corti di appello.
Berlusconi, fino ad oggi, non ha mai avuto condanne definitive, ma soltanto tre dei nove
procedimenti penali contro di lui sono arrivati alla corte d'appello. Nel solo caso in cui
si conosce il verdetto, relativamente a donazioni politiche illegittime, la corte non lo
ha considerato innocente. Ha semplicemente confermato la sentenza del giudice di primo
grado che, a causa del tempo trascorso dalla commissione del reato, aveva applicato delle
prescrizioni che, ai sensi del codice penale italiano, estinguono la pena.
Tutti i problemi legali di Berlusconi sono
legati alla sua carriera nel mondo degli affari, cominciata negli anni 60.
Quando entrò in politica, rinunciò alla conduzione di tutte le sue società Fininvest;
tranne che alla squadra del Milan. Comunque, egli resta l'azionista di controllo, e uno o
entrambi i suoi figli adulti fanno parte dei consigli di amministrazione di ognuna delle
principali società del suo impero.
La struttura di quell'impero anche oggi non è trasparente e, nel passato, è stata ancora
più confusa.
Ventidue delle holding possedute dalla famiglia Berlusconi controllano circa il 96% della
Fininvest. Il principale attivo di Fininvest è di gran lunga un pacchetto azionario di
Mediaset: il cui valore è di 13.100 miliardi lire (6 miliardi di dollari).
La TV è soltanto una parte dell'impero mediatico di Berlusconi. Ha un pacchetto azionario
di controllo della Mondadori, la più grande casa editrice italiana. Il reparto libri
della Mondadori ha quasi il 30% del mercato interno. Il settore delle riviste, con circa
50 testate, il 38%. La famiglia Berlusconi possiede anche uno dei principali quotidiani
nazionali italiani, "Il Giornale".
La Fininvest possiede anche il 36% del pacchetto azionario della società di assicurazioni
Mediolanum, fondatanel 1982 da Ennio Doris con l'appoggio finanziario di Berlusconi.
Mediolanum entrò in Borsa nel 1996.
E la Fininvest è proprietaria di un nugolo di società in perdita, come ad esempio il
portale Internet Jumpy e Pagine Utili.
La scia dei soldi
L'imprenditore Silvio Berlusconi si è svezzato nel settore immobiliare: a Milano e
dintorni. Alla fine dei anni '60, ebbe l'idea di sviluppare Milano 2, una città giardino
con 3.500 appartamenti. Fu costruita nei dintorni orientali di Milano sotto la rotta dei
velivoli che decollavano dal vicino aeroporto di Linate. Il quartiere divenne ancora più
apprezzato dopo che i velivoli furono misteriosamente dirottati su altre zone
residenziali.
Ma non fu l'unico mistero. Aziende svizzere, con assetti proprietari impenetrabili, hanno
iniettato 4.1 miliardi di lire (equivalenti a 33.5 miliardi di lire di oggi) nel capitale
delle aziende italiane responsabili di Milano 2. Quindi, sulla carta, il progetto
non apparteneva a Berlusconi, ma a terzi anonimi.
Funzionari alla Banca d'Italia sospettavano, tuttavia, che dietro alle compagnie svizzere
ci fosse lo stesso Berlusconi. All'epoca detenere capitale all'estero senza divulgarlo
alle autorità era reato. Una squadra dalla Guardia di Finanza, sotto la direzione di
Massimo Berruti, indagò nel 1979 ma concluse, nonostante prove che dimostravano come
Berlusconi avesse garantito personalmente prestiti bancari per le aziende italiane, che
lui non era il beneficiario finale delle aziende svizzere. Il rapporto ufficiale fu
firmato dal capo di Berruti.
Anche lui membro, come Berlusconi, dell'associazione massonica P2. Immediatamente dopo la
conclusione dell'indagine, Berruti ha lasciato la Guardia di Finanza e ha iniziato a
lavorare come avvocato per Berlusconi. Oggi è parlamentare di
Forza Italia.
Milano 2 fu l'origine dell'impero
televisivo del Sig. Berlusconi, che, nel 1978, lanciò una rete locale di televisione via
cavo, Telemilano. Questo progetto si ingrandì: e di molto. L'ambizione di Berlusconi era
sfidare il monopolio RAI sulle pubblicità sulle reti televisive nazionali, per le quali
esisteva una enorme domanda inepressa. Telemilano divenne Canale 5 nel 1980.
C'era solo un ostacolo: la legge prevedeva che la sola Rai potesse operare su tutto il
territorio nazionale. Anche se le TV private erano largamente non regolate, una
decisione giudiziaria del 1980 aveva permesso alle reti televisive private di operare solo
su base locale.
Ma Berlusconi non tardò a trovare il modo di aggirare la decisione della corte. Acquistò
programmi, in particolare film e telenovelas americani, e li offrì a prezzi stracciati a
piccole reti regionali. Berlusconi raccoglieva le entrate da spazi pubblicitari
pre-registrati che lui stesso inseriva. Ciascun canale del circuito Canale 5 accettò
quindi di trasmettere gli stessi programmi negli stessi identici orari. Fu così che ci si
assicurò un audience a livello nazionale.
Come ha fatto Berlusconi a finanziare il
suo impero televisivo nascente? Una parte della risposta sta nel debito bancario. Le
banche del settore pubblico hanno dato una mano consistente, fornendo alla società
prestiti più ingenti rispetto a quelli che il merito di credito della Fininvest avrebbe
comportato. Ma la parte restante della risposta non appare per niente chiara. Nel 1978,
alla nascita del suo gruppo televisivo, Berlusconi creò 22 società holding che
controllano la Fininvest. Dal 1978 al 1985, 93.9 miliardi di lire (387 miliardi di lire di
oggi) confluirono nelle 22 aziende, apparentemente dal Sig. Berlusconi.
Nel 1997, un finanziere con legami con la
mafia ha accusato Berlusconi davanti a magistrati siciliani di aver usato 20 miliardi di
soldi mafiosi per costruire i suoi interessi televisivi. I magistrati chiesero che la
Banca d'Italia collaborasse nelle indagini della divisione anti-Mafia. Due funzionari
passarono 18 mesi a controllare e ricontrollare le carte contabili e azionarie delle 22
compagnie. The Economist possiede una copia dei loro rapporti, oltre 700 pagine. Le due
conclusioni principali sono sconcertanti.
La prima è la mancanza di trasparenza da parte di Berlusconi rispetto alle due società
fiduciarie registrate per esercitare i diritti proprietari delle sue azioni nelle 22
società. Le società fiduciarie erano sussidiarie della Banca Nazionale del Lavoro (BNL),
una banca molto grande. Berlusconi metteva soldi nelle società holding attraverso due
banche italiane poco conosciute, anziché tramite la BNL stessa. Quindi, le società
fiduciarie della BNL non avevano un quadro chiaro su quale fosse l'origine di questi
fondi. Nel 1994, i dirigenti della BNL erano talmente preoccupati per questo motivo che
hanno eseguito due ispezioni diverse in relazione ai legami tra le Banca e le 22 società.
Queste ispezioni rivelarono altre anomalie,
come, per esempio, alcune vendite di azioni che furono registrate esclusivamente sulla
parola di Berlusconi, senza prova documentaria. Per esempio, quando vendette azioni in una
delle società holding ad una sussidiaria Fininvest per 165 miliardi di lire, i fondi
aggirarono completamente le società fiduciarie. E quindi non avevano idea come, o se,
l'acquirente avesse pagato le azioni.
La seconda conclusione è che l'origine ultima del denaro versato nelle 22 società non
può essere rintracciato, per tre motivi. Primo, 29.7 miliardi di lire erano stati
pagati in contanti, o equivalenti. Secondo, gli investigatori non avevano trovato
documenti di sostegno negli archivi delle società fiduciarie, delle banche o delle
compagnie holding per 20.6 miliardi di lire. Terzo, Berlusconi era stato molto abile nel
far fare ai fondi tanti giri.
Ma perché Berlusconi lo fece? Gli investigatori erano perplessi. Una società, Palina,
evidentemente una parte terza, aveva mandato 27.7 miliardi di lire alle società
fiduciarie, che a loro volta avevano trasferito la somma alle società holding. Da lì, i
fondi raggiungevano la Fininvest e poi, tramite una sussidiaria Fininvest, di nuovo alla
Palina. Tutte queste transazioni si verificarono nello stesso giorno e presso la stessa
banca. Dietro alla Palina, gli investigatori scoprirono, si nascondeva lo stesso
Berlusconi. Aveva usato un uomo di 75, vittima di infarto, come prestanome. Subito
dopo il completamento dell'operazione, la Palina fu liquidata. I suoi bilanci sono rimasti
vuoti.
Dunque, la vera fonte dei 93.9 miliardi di
lire che confluirono nelle 22 società nel periodo 1978-85 rimane un mistero che solo
Berlusconi può risolvere. Gli abbiamo spedito domande scritte su questo argomento, ma si
è rifiutato di rispondere. Una lettura attenta dei rapporti suggerisce che la
possibilità di riciclaggio nelle 22 società non può essere esclusa. Banca Rasini, una
delle banche poco note usate dal Sig. Berlusconi, e un tempo datrice di lavoro di suo
padre, è spuntata in processi di riciclaggio negli anni '80. Ma gli investigatori
antimafia non hanno trovato prove per sostenere le accuse che avevano dato avvio al loro
lavoro. Speravano chiaramente di produrre un secondo rapporto, ma l'indagine era già
scaduta per prescrizione.
Un amico che ha
bisogno
Con l'acquisto dei suoi due principali concorrenti - Italia 1 nel 1983, e Retequattro nel
1984 - il dott.
Berlusconi si assicurò quello che, in buona sostanza, era un vero e proprio monopolio nel
settore delle tivù private.
Per aggirare la legge e poter trasmettere su tutto il territorio italiano, aveva però
bisogno di un piccolo aiuto da parte dei suoi amici politici. Nessuno lo aiutò più di
Bettino Craxi, che divenne capo del Partito Socialista nel 1976 e Presidente del Consiglio
nel 1983. Il dott. Berlusconi, attraverso le sue due reti principali, offriva un'arma
politica molto potente.
Nell'ottobre del 1984, in diverse città
italiane funzionari pubblici sigillarono le sue tivù per aver trasmesso illegalmente.
Questo avrebbe potuto comportare un disastro per il gruppo Fininvest, all'epoca fortemente
indebitato. Nel giro di pochi giorni, Craxi - morto l'anno scorso in Tunisia, dopo
essere stato condannato in contumacia per reati di corruzione - firmava un decreto che
permetteva alle tivù di Berlusconi di continuare a trasmettere. Il decreto, dopo
alcune scaramucce parlamentari, diventava legge.
Il decreto di Craxi non fece niente per
vietare la concentrazione di proprietà nel settore televisivo. E non lo fece nemmeno la
c.d. "legge Mammì" (dal nome di Oscar Mammì, allora Ministro delle
Telecomunicazioni), varata nel 1990. La legge fu, infatti,
"tagliata su misura" sugli interessi del dott. Berlusconi e sulle sue
tre reti nazionali, proclamando che nessun singolo gruppo poteva essere proprietario di
più di 3 delle 12 reti che avrebbero ottenuto le licenze dallo Stato. Il governo di
coalizione all'epoca, che dipendeva fortemente dal Partito Socialista di Craxi, aveva
insistito per il varo di questa misura controversa, nonostante le dimissioni, in segno di
protesta, di cinque ministri. In effetti, la legge ha sancito il duopolio tra la Mediaset
e la Rai.
Nel 1991 e 1992, il dott. Berlusconi versò
un totale di 23 miliardi di lire nei conti correnti offshore di Craxi attraverso una parte
clandestina' del suo impero Fininvest, la società All Iberian. In seguito a diversi
indizi scoperti durante le indagini sui conti bancari di Craxi, gli inquirenti trovano una
rete occulta e consistente di compagnie Fininvest, costituite in giurisdizioni come le
Isole Vergini Britanniche e le Channel Islands. Queste società non furono contabilizzate
come società collegate nei bilanci della Fininvest. Secondo gli inquirenti, nel 1993 il
dott. Berlusconi firmò una lettera ai revisori contabili dichiarando il falso, e cioè
che queste società non facevano parte del gruppo Fininvest.
Gli inquirenti affermano di essersi trovati di fronte ad una frode internazionale di largo
respiro, perpetrata sotto la direzione del dott. Berlusconi, per travasare cifre enormi
dalla Fininvest nelle compagnie segrete off-shore. Secondo loro, la Fininvest adoperò
varie tecniche fraudolente: le società offshore, affermano i procuratori, usarono questi
fondi per diversi tipi di attività illegali, come, ad esempio, l'acquisto conto terzi di
azioni in diverse società quotate del gruppo Fininvest, con l'evidente intenzione di
gonfiare il prezzo delle azioni. Un'operazione chiaramente fittizia come testimonia il
fatto che le azioni, intestate al portatore, rimanessero sempre nelle mani dello
stesso fiduciario. Un vero compratore di azioni al portatore in un'azienda quotata non le
avrebbe mai lasciate in custodia della stessa persona utilizzata dal venditore.
Interessi offshore
Un'altra parte cruciale nelle accuse degli inquirenti è che le società offshore fossero
usate per accumulare partecipazioni occulte in reti televisive in Italia e Spagna. Gli
inquirenti affermano l'esistenza di prove documentali che lo dimostrano.
La legge Mammì prevedeva che il dott. Berlusconi dovesse vendere il 90% degli suoi
interessi in Telepiù, una pay-tv da lui fondata nel 1990. Nonostante questa indicazione,
il dott. Berlusconi, secondo gli inquirenti, mantenne il controllo di questa
partecipazione fino al 1994 tramite le sue società offshore. Per farlo predispose
contratti con collaboratori disposti a servirgli da prestanome. Ai sensi di tali
contratti, mentre la proprietà legale delle azioni passava agli investitori, la
proprietà beneficiaria rimaneva con le società offshore del dott. Berlusconi.
I magistrati scoprirono un'altra operazione
simile, diretta ad accumulare una partecipazione del 52% in Telecinco, una rete televisiva
spagnola. Il tutto in frode alla legge giacchè la legislazione spagnola antitrust,
infatti, non permetteva di possedere più del 25% in quel tipo di attività. E' per questo
che Baltasar Garzon, un magistrato anti-corruzione spagnolo, vuole che sia tolta
l'immunità di cui gode Berlusconi in qualità di parlamentare europeo. Ma è probabile
che dovrà attendere. Per otto mesi, i ministri della giustizia e degli esteri spagnoli
sono stati coinvolti in uno scontro serrato per decidere quale sia l'autorità competente
a sottoporre una richiesta al parlamento europeo.
Il dott. Berlusconi è attualmente indagato
per aver falsificato i bilanci del gruppo Fininvest. La presunta falsificazione doveva
nascondere tutte le presunte illegalità connesse. Il falso in bilancio è un reato molto
serio in Italia, e comporta sentenze fino a cinque anni di prigione. I magistrati hanno
chiesto recentemente che delle accuse altrettanto serie di falso in bilancio vengano
formulate sui bilanci di gruppo della Fininvest .
E' comunque verosimile che il dott.
Berlusconi stia programmando una scappatoia. Il 17 marzo, davanti ad un gruppo di
imprenditori italiani ha dichiarato che, se eletto, il suo governo avrebbe depenalizzato
la maggior parte dei casi di falso in bilancio, rendendo così vano il lavoro dei
magistrati. Ma nonostante i magistrati non abbiano potuto trovare la destinazione
finale delle decine di miliardi di lire pagate da settori vari dell'impero segreto
offshore del dott. Berlusconi, hanno scoperto dov'erano finiti alcuni pagamenti.
Il dott. Berlusconi ha ottenuto il controllo del gruppo editoriale Mondadori nel 1991,
dopo una feroce battaglia legale con Carlo De Benedetti, un ricco imprenditore italiano
che ha passato un breve periodo in prigione durante il periodo di mani pulite.
Il dott. Berlusconi è stato accusato di
aver dato 400 milioni in tangenti ad un magistrato della Corte di Appello, di nome
Vittorio Metta, per emettere una sentenza a lui favorevole nel giudizio conclusivo. Quando
gli inquirenti hanno cominciato ad indagare sul caso, hanno scoperto che, nel 1992, il
Dott. Metta aveva pagato 400 milioni di lire in contanti come parte del costo di un
appartamento. Nel febbraio del 1991, un mese dopo la sentenza del Dott. Metta, una delle
società segrete offshore versò 3 miliardi di lire sul conto svizzero dell'avvocato
Cesare Previti, strettissimo collaboratore di Berlusconi e, in seguito, ministro della
difesa nel governo da questi presieduto. Dal conto del Avv. Previti, gli inquirenti hanno
seguito le tracce di un versamento di 425 milioni di lire sul conto svizzero di un altro
avvocato, Attilio Pacifico, che a sua volta prelevò questa cifra in contanti nell'ottobre
del 1991. Il Dott. Pacifico fu accusato di aver trasferito la tangente
al Dott. Metta.
Nonostante i magistrati non avessero
trovato prove dirette del pagamento in contanti al Dott. Metta, essi ritenevano di avere
basi indiziarie sufficientemente solide. Un esame dei conti in banca del Dott. Metta non
aveva, infatti, rilevato prelievi in contanti di 400 milioni nel periodo rilevante; stesso
risultato aveva dato la verifica sui conti, italiani e svizzeri, intestati al magistrato
italiano in pensione che, sempre secondo il Metta, gli avevaconsegnato i 400 milioni
di lire in contanti; e questo anche se tali conti contenevano alcuni milioni di dollari.
Su queste basi gli inquirenti si convinsero del fatto che i 400 milioni di lire che il
Dott. Metta aveva ricevuto in contanti provenissero dalla somma che il dott. Berlusconi
aveva pagato all'Avv. Previti nel febbraio 1991.
Ma, nello scorso mese di giugno, un magistrato ad un'udienza preliminare adottò un punto
di vista diverso. Credette al Dott. Metta e, di conseguenza, quindi decise che il
dott. Berlusconi e gli altri indagati, compresi l'avv. Previti e il Dott. Metta, fossero
innocenti. Gli inquirenti hanno fatto appello contro questa decisone.
Trattare con i
giudici
Berlusconi è sotto accusa anche per corruzione di magistrati. Tra i suoi co-imputati, che
smentiscono le accuse, figurano Previti e Pacifico, e, di nuovo, il caso coinvolge De
Benedetti come parte lesa. Nel 1985, De Benedetti firmò un contratto per comprare
la SME, un conglomerato alimentare, dall'IRI, un grande gruppo di proprietà dello Stato.
Berlusconi e un altro imprenditore costituirono allora una società per poter fare
un'offerta di acquisto migliore. Dopo una sentenza che nel 1986 sancì che il contratto di
De Benedetti non era valido, il suo affare con l'IRI sfumò. A quel punto De Benedetti
trascinò il caso davanti alla giurisdizione suprema, dove perse di nuovo.
Una delle accuse rivolte a Berlusconi, da lui smentita, è di aver promesso soldi a
magistrati per decidere in suo favore in quell'occasione. Sia che queste accuse siano
vere, sia che siano false, c'è un evidente movimento di denaro che, per il tramite di
Previti, porta da Berlusconi a Renato Squillante, un giudice.
In questo senso
The Economist ha documenti che testimoniano di un bonifico per 434.404 dollari del 6 marzo
1991 da un conto svizzero intestato a Berlusconi a un conto svizzero intestato a Previti;
il 7 marzo, un bonifico trasferiva la stessa identica cifra dal conto di Previti al conto
svizzero della compagnia panamericana Rowena Finance. Prove giudiziarie dimostrano che il
conto della Rowena Finance appartiene a Squillante.
Nel 1994, Berlusconi ha tentato di nominare
il suo sodale Previti come ministro della Giustizia, ma il Presidente della Repubblica si
è rifiutato di approvare la nomina.
Berlusconi non si è presentato alle 26 udienze finora fissate in questo procedimento -
alcune delle quali sono state rimandate molto recentemente, per permettere ai suoi
avvocati di candidarsi nelle prossime elezioni. Il Sig. Berlusconi ha chiesto che i
magistrati vengano ricusati, in quanto "maldisposti" nei suoi confronti.
Se viene giudicato colpevole del reato dalla corte di appello, potrebbe andare in
prigione; l'accusa non cadrà in prescrizione se non nel 2008. A differenza del
reato di falso in bilancio, sarà molto difficile per il suo governo, se riesce a vincere
le elezioni, depenalizzare il reato di corruzione ai giudici. Questo processo potrebbe
essere unico nella storia giuridica italiana. Nessun presidente del consiglio in carica
dal dopoguerra è mai stato indagato in un processo criminale.
Di casa con
"cosa nostra"?
I problemi tra Berlusconi e la magistratura non si sono limitati a Milano. In Sicilia,
mafiosi pentiti ? in particolare Salvatore Cancemi, le cui deposizioni hanno aiutato gli
inquirenti a condannare alcuni boss mafiosi - hanno rivolto pesanti accuse al dott.
Berlusconi ed al suo intimo amico, Marcello Dell'Utri. Nel 1996, Cancemi affermò
che entrambi erano in diretto contatto con il boss mafioso che, nel 1992, ordinò
l'attentato in cui fu ucciso il magistrato anti-mafia Paolo Borsellino.
L'anno scorso, dopo un'indagine durata due anni, i magistrati hanno richiesto che
l'investigazione venisse archiviata senza accuse. Non hanno trovato prove per corroborare
le accuse di Cancemi.
Nel 1996, un'altra indagine, anche questa basata su accuse fatte da Cancemi sui presunti
rapporti tra Berlusconi e la Mafia è stata archiviata, in modo analogo, dopo due anni di
lavoro.
Un'inchiesta parallela si concluse con incriminazioni a Dell'Utri per associazione a
delinquere, accuse che egli nega. Con l'eccezione di Berlusconi, quasi tutti i testimoni
dell'accusa nel processo, cominciato nel 1997, sono stati ascoltati. Secondo Ennio
Tinaglia, avvocato per la provincia di Palermo costituitasi parte civile nel procedimento,
la Procura ha "presentato prove molto forti dei legami strettissimi tra Dell'Utri e
la Mafia". La mera menzione della mafia fa sobbalzare i dirigenti Fininvest.
"Nella graduatoria dei crimini solo la pedofilia è peggio della mafia. E' una cosa
terribile, vergognosa" dice Fedele Confalonieri, uno degli ex-colleghi di. Dell'Utri.
Ma chi è Dell'Utri? A parte un breve
periodo alla fine degli anni settanta, Dell'Utri, di origine siciliana, ha lavorato con
Berlusconi in Fininvest dal 1974 al 1994. Come amministratore delegato di Publitalia, la
sezione pubblicità del gruppo, era responsabile della società che generava la
cassa del gruppo Fininvest. Il Sig. Dell'Utri, parlamentare, fu un fondatore di
Forza Italia e l'organizzatore della campagna elettorale di Berlusconi nel 1994.
Gli inquirenti hanno richiesto che Dell'Utri risponda ad accuse di concorso in
diffamazione nei confronti di altri magistrati. Ed è attualmente indagato perché
accusato di aver tentato di corrompere un testimone per l'accusa nel suo processo. Nel
1996, un procedimento penale ha rivelato che tra il 1989 ed il 1993 Dell'Utri ricevette
donazioni, spesso in contanti, per un valore complessivo di 4 miliardi di lire dal dott.
Berlusconi. Se Berlusconi non è obbligato a testimoniare nei processi contro di lui, non
può rifiutarsi di testimoniare nel processo contro Dell'Utri, neanche se sarà eletto
Presidente del Consiglio.
La procura lo interrogherà sulla sua
amiciza di lunga data con Dell'Utri. E dovrà rispondere anche ad altre domande che sinora
ha evitato, che comprendono il come e il perché dell'assunzione di Vittorio Mangano, un
mafioso pluricondannato appartenente ad una potente gang di Palermo, per lavorare presso
la villa di campagna di Berlusconi vicino a Milano per due anni negli anni '70.
In cima alla lista degli inquirenti ci saranno le domande sulla documentazione
dell'anti-Mafia relativa alle 22 società holding. E non dovrebbe essere tra le ultime
domande poste quella relativa all'origine dei fondi di queste ventidue società. Così
come quelle su una rete televisiva siciliana di cui Berlusconi fu coproprietario,
insieme ad un'altra persona con legami mafiosi.
Nonostante le sue
affermazioni di essere il prototipo dell'uomo che si è fatto da solo, Berlusconi ha avuto
bisogno di molto aiuto da fonti malsane. Benchè lui dica di voler sostituire il vecchio
sistemo corrotto, il suo impero né è in gran parte un prodotto. L'elezione di Berlusconi
come primo ministro perpetuerebbe, anziché cambiare, le vecchie brutte abitudini
italiane.