Editoriale
I cattivi secondo Dio

di Mario Mariotti

Carissimi fratelli, purtroppo per noi, nel mirino del Signore non ci sono né i comunisti, né gli islamici, né i gay, né i terzomondiali, né gli zingari, né gli esattori delle tasse e né le prostitute.
Nel Vangelo sono solo due categorie-condizioni che fanno incavolare e che ricevono la condanna del Signore: quella dei sacerdoti e quella dei ricchi. I primi, perché si presentano ipocritamente come zelanti sudditi di Dio mentre, nella sostanza, Lo adattano alle proprie esigenze e lo usano per averne prestigio, benessere e potere; i secondi, perché sono ciechi rispetto alle sofferenze del mondo, alla violenza che i minimi devono subire, alle ingiustizie di strutture che opprimono, affamano e lasciano morire i non-garantiti; e, inoltre, vivono la condizione dell’accumulo, che bestemmia strutturalmente lo spirito, che è amore, e quindi Condivisione, e quindi non-accumulo.
Se proviamo a riflettere, nel mirino di Gesù c’è esattamente l’opposto di ciò che connota la nostra cultura, la quale riverisce e riconosce autorevolezza ai sacerdoti, e invidia senza nessuna perplessità i ricchi. Per questo la distanza fra il nostro dover essere in quanto credenti e testimoni di Cristo, e il nostro essere concreto e reale, è veramente abissale, siderale. Nonostante ciò, i fedeli-credenti continuano a farsi dire dalla gerarchia se adesso è giorno oppure se è notte, e sempre loro continuano a inseguire in tutti i modi possibili Mammona, a ritrovarsi in chiesa divisi fra loro in ricchi e poveri, a mettere in atto il reato di appropriazione indebita in quanto si autoqualificano come cristiani, realizzando l’assurdo logico della condivisione-accumulatrice.
Detto questo, ci si continua a trovare davanti a degli enormi problemi. La religione è oppio, ma, per chi vive in certe condizioni, anche l’oppio è un positivo: esso nutre la speranza di un riscatto nell’altro mondo, e quindi attenua la disperazione in questo mondo, che continua a convivere con situazioni veramente blasfeme, dato che tantissimi piccini, i cui capelli sono contati agli occhi di Dio, devono continuare a vivere fra i rifiuti, o nei bordelli, o ai telai, o nelle fornaci, e devono soccombere a migliaia ogni giorno per mancanza di uno spicciolo. Eppure questo stesso oppio è generatore, o per lo meno complice, di quella cultura, di quella economia, di quella politica che generano a loro volta le situazioni blasfeme cui prima accennavo.
Senza il progetto laico dell’incarnazione dell’amore, della solidarietà, della condivisione, e senza la denuncia della ricchezza, del mercato, della competizione quali condizioni maligne, Tempio ed Impero si sostengono a vicenda, e invece della costruzione del Regno viene avanti il caos che abbiamo sotto gli occhi, solo se vogliamo vedere. E poi, da quando l’uomo è l’uomo, il mistero che lo circonda e la paura di ciò che gli potrebbe accadere hanno da sempre originato in lui l’esigenza religiosa, il bisogno religioso, che appare connaturato all’esperienza esistenziale di ogni persona e di ogni popolo. Come siamo naturalmente egoisti, così siamo naturalmente religiosi; e come farà, allora, il Creatore di questa naturalità, a volere da noi che usciamo, che ci convertiamo da tale naturalità? Quante probabilità avrà di venire recepito il messaggio sulla natura laica della Verità, e del Signore che ne è testimone, nel quadro di un’esperienza storica dell’umanità sempre accompagnata da una visione religiosa del proprio rapporto con la divinità? E come riuscire a convertire il prossimo dalla propria idolatria della ricchezza, quando sempre lo stesso creatore ci ha fatti in modo tale per cui non ci rendiamo mai conto di tutti i doni di cui stiamo fruendo, e siamo portati a vedere in essi un qualcosa che ci era dovuto, e siamo sempre proiettati all’avere di meglio e all’avere di più? Come convertirci da un cancro che fa parte del nostro DNA? Non andremo forse in tentazione di far causa a Nostro Signore Gesù Cristo, di imputare a Lui le nostre debolezze, e di usare Lui perché esse ci vengano perdonate proprio da Lui?
Ma questo strano meccanismo, che si è strutturalmente formato e che è già in atto da secoli e millenni, e che connota il rapporto religioso dell’uomo con Dio, oltre alla funzione oppiacea cui accennavo all’inizio (e che ha, essa pure, la propria ragion d’essere), non riesce certo a risolvere i nostri problemi; anzi, riesce a perpetuarli, ed anche ad amplificarli. Il Padre buono ci ha già e sempre perdonati, ma è la nostra soggettività strutturalmente maligna a generare l’inferno, che al tempo stesso noi provochiamo e subiamo, che al tempo stesso noi stiamo provocando e stiamo subendo.
Eppure il fare agli altri quello che noi vorremmo ricevere da loro è una scelta che noi sappiamo bene essere alla nostra portata. Per chi crede, questo comportamento si equalizza nell’essere noi le mani dell’amore di Dio per noi, e noi sappiamo bene che anche in termini religiosi la Fede senza le Opere non esiste, che Essa, senza l’incarnazione dell’amore e della Condivisione, semplicemente non è.
Lo sappiamo bene che il capitalismo, che il desiderio di accumulo e le strutture relative, che la competizione, che il mercato generano necessariamente pochi privilegiati e moltitudini di sconfitti.
Abbiamo sotto gli occhi le differenze blasfeme nelle condizioni di vita di coloro che sarebbero tutti quanti cittadini del nostro pianeta Terra, e che dovrebbero essere in condizione, tutti quanti, di fruire dei diritti umani fondamentali al cibo, alla salute, al lavoro, all’istruzione ed alla pari dignità, e continuiamo a fingere di non vedere, ad accettare l’esistente, a non giudicare secondo l’imperativo etico del fare agli altri ciò che noi vorremmo ricevere da loro, a conferire autorità a delle guide religiose e politiche che sono responsabili e complici del negativo che esse dichiarano di combattere. Siamo proprio degli ipocriti, che, come ci accusava il Signore, rifiutiamo di giudicare da noi stessi ciò che è giusto e ciò che non lo è, pur sapendo bene quello che è giusto, cultura del necessario e condivisione con amore, e ciò che non lo è, il Beati gli indefinitamente ricchi e il dominio dei più forti nella competizione e nel mercato. Ma, non so proprio come andrà finire. Di alcune cose, però sono sicuro: l’inferno di questo mondo, di cui siamo autori e complici, finiremo col pagarlo noi stessi, e ce lo meritiamo. Poi, pur venendo contraddetto da secoli e millenni di ripetizione del negativo, io voglio continuare a credere nella possibilità di una nostra conversione al necessario ed al condividere. Il Signore, laico-amico, si è incarnato in questo mondo: la laicità fraterna e solidale quindi è possibile in questo mondo, seguendo il Modello, che, fra l’altro, non è unico, dato che il popolo di coloro che fanno di se stessi il necessario e la gioia degli altri, anche se è invisibile, esiste, è vivo ed opera alacremente, anche senza apparire.
La tolleranza, la compassione, l’accoglienza, il dialogo, il lavoro onesto e professionale, la solidarietà, il servizio, il rispetto e l’amore anche per le bestioline e per ogni creatura, la condivisione di ciò che eccede il necessario con chi ne è privo, sono dalla e nella Verità e sono tutti valori alla nostra portata.
Il mondo di oggi è il terribile caos che è, l’informazione evacuata da Mammona è alienante e concrogenetica, le vecchie generazioni educano le nuove a diventare peggio di loro stesse, ma nonostante tutto il cambiamento resta alla nostra portata, può essere incarnato nella nostra concreta esperienza quotidiana.
Ognuno può giudicare da se stesso, prendere le guide religiose e politiche come riferimento negativo, e scegliere, nelle piccole cose alla propria portata, contro tutto e contro tutti.
É necessario questo passaggio interno dalla soggettività strutturalmente maligna a quella solidale.
Se questo avviene, il Signore direbbe con gioia che il Regno è già fra noi.

14 dicembre 2007



Sabato, 15 dicembre 2007