Editoriale
23 Ottobre 1917

di Don Aldo Antonelli

Non è una data di calendario ma un dato che fa spartiacque nella storia degli uomini, nel bene e nel male.
Una rivoluzione abortita i cui funerali sono stati eseguiti già prima che nascesse e la cui nascita è ancora di là da venire.
Rivoluzione!
Non so perché il solo nominarla fa accapponare la pelle a moltissimi cristiani...!
Loro, figli della rivoluzione.

A questo proposito don Primo Mazzolari il 31 luglio 1949 scriveva su Adesso: "La Rivoluzione, anche solo come parola, spaventa molti, ubriaca i più; ma tanto la paura come l’infatuazione, nei confronti di un impegno così serio e urgente di salvezza sono sentimenti pericolosi che vengono presto e duramente scontati. Il nostro decadimento non è in gran parte la conseguenza di rivolte suggerite o guidate dalla paura o dalla stupidità? Quindi più che predicare la Rivoluzione, la proponiamo a noi stessi come un dovere cristiano".
Qualche giorno fa un amico, prete anche lui, mi raccontava di quanto gli è capitato nel periodo in cui era in Cile. Dopo una celebrazione, gli si presenta in sacrestia un signore che con violenza lo apostrofa e lo minaccia con queste parole. "Si vergogni, padre. Solo in questa chiesa ancora si osa cantare canti rivoluzionari. Riferirò al vescovo!". Il mio amico, come caduto dalle nuvole, gli risponde: "scusi, ma di quali canti parli?". Poi, riflettendovi su, aveva capito a cosa si riferisse quel signore. Durante la messa il popolo aveva cantato il Magnificat, il canto di Maria: "Hai deposto i potenti dai troni, hai innalzato gli umili. Hai ricolmato di beni gli affamati e hai rimandato i richi a mani vuote"!
Personalmente, nonostante i miei sessantacinque anni suonati, sento ancora tutto mio l’invito che il Che rivolgeva ai figli in una delle sue ultime lettere: "Crescete come buoni rivoluzionari. Siate sempre capaci di sentire nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo: è la qualità più bella di un rivoluzionario".
E sono anche convinto, contro il romanticismo infantile dei facili e dei superficiali che la vera rivoluzione la si fa nell’intelligenza, come scriveva il giovane Marx. Una intelligenza, però, sorretta da una volontà che non si arrenda alla dittatura della realtà e supportata da un’etica che sia innamorata dell’uomo più che rispettosa della legge.
Daharendorf già dieci anni fa ebbe a scrivere: "Non è certo la paura a scatenare i movi menti rivoluzionari. Le Rivoluzioni sono alimentate dai gruppi che hanno il futuro dalla loro e i rivoluzionari sono membri dei ceti emergenti il cui sviluppo è ostacolato dalle condizioni esistenti. Oggi invece scende in piazza chi si sente minacciato, messo da parte: sono gli elettori spauriti, non quelli speranzosi".
Oggi i saluti, più che agli amici, li formulo a tutti i rivoluzionari e le rivoluzionarie del mondo.


don Aldo Antonelli



Mercoledì, 24 ottobre 2007