Editoriale
Un requiem e un appello

di PEPPE SINI

Ahimé, quanto trovo penoso gridare di dolore quando é troppo tardi. Ed é troppo tardi.

Era nel 2006 che il sedicente movimento per la pace doveva erigere le barricate contro la decisione del governo appena eletto coi voti di chi si opponeva a Berlusconi e al fascismo di proseguire nella partecipazione alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan e nella violazione dell’art. 11 della Costituzione.

Era nel 2006 che il sedicente movimento per la pace doveva erigere le barricate contro la decisione del governo appena eletto coi voti di chi si opponeva a Berlusconi e al fascismo di proseguire la politica della Bossi-Fini, ovvero della Turco-Napolitano, ovvero dei campi di concentramento e della violazione dell’art. 10 della Costituzione.

Aver ceduto alla guerra ha portato a una politica ancora più bellica, ancora più riarmista, ancora più terrorista, stragista, fascista.

Aver ceduto al razzismo ha portato a una politica ancora più razzista, ancora più schiavista, ancora più mafiosa.

Perché vi sono questioni sulle quali cedere un poco é capitolare del tutto. Così oggi siamo governati dal berlusconismo senza Berlusconi, e presto torneranno al potere i golpisti berlusconiani doc, l’eversione dall’alto, la destra più estrema e la mafia come metodo e come sistema. A meno che...

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A meno che non la si faccia finita con ogni ambiguità, ogni acquiescenza, ogni viltà.

A meno che non si rompa ogni complicità con i terroristi ministeriali e con gli squadristi stradaioli.

A meno che non si cominci a lavorare non più a un generico movimento pacifista dai mille equivoci e dalle mille corruzioni, dalle mille prebende pietite alla mensa dei potenti, dalle mille burocrazie al servizio del disordine costituito, dalle mille prostituzioni all’apparato dei mass-media. Non più al pacifismo dei parastatali e degli squadristi, dei carrieristi e dei nichilisti, dei militaristi e dei patriarchi, dei consumisti e dei parassiti, degli arlecchini servi di ogni padrone. Si deve cominciare a lavorare a un movimento per la pace e di pace caratterizzato dalla scelta specifica della nonviolenza. La scelta della nonviolenza, sì.

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Dalla scelta dura, esigente, coerente della nonviolenza. La nonviolenza della persona forte. La nonviolenza rivoluzionaria. La nonviolenza della giustizia e della libertà. La nonviolenza della solidarietà e della responsabilità. La nonviolenza che prende sul serio ed invera i principi fondamentali scritti nella Costituzione della Repubblica italiana. La nonviolenza che combatte la violenza senza cedimenti, senza trucchi, senza prostituzioni, senza secondi fini, senza retropensieri, senza ammiccamenti, senza viltà.

La nonviolenza che é, sia pure non sempre enunciata come tale, il filo rosso delle lotte del movimento delle lavoratrici e dei lavoratori; la nonviolenza che trova nelle lotte, nelle esperienze e nelle riflessioni del movimento delle donne, nei femminismi, la sua maggiore storica espressione; la nonviolenza anticoloniale ed antiautoritaria, socialista e libertaria, la nonviolenza dell’ecologia, la nonviolenza del principio responsabilità. La nonviolenza caratterizzata dal programma enunciato nella carta che ogni giorno riproduciamo su questo foglio e che recita: "Il movimento nonviolento lavora per l’esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell’apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunità mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d’azione del movimento nonviolento sono:

1. l’opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l’oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un’altra delle forme di violenza dell’uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell’uccisione e della lesione fisica, dell’odio e della menzogna, dell’impedimento del dialogo e della libertà di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l’esempio, l’educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli".

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E se questo occorre, se questa é l’ora, se questo é il varco, occorre dir chiaro anche quanto segue.

I. Che nessuna complicità deve essere più offerta al governo della guerra e delle stragi, dei campi di concentramento e delle deportazioni, del riarmo e del saccheggio, della resa ai devastatori della biosfera e della vita civile, della resa ai violatori della legalità democratica e dei diritti umani.

II. Che occorre preparare fin d’ora liste delle persone amiche della nonviolenza che in ogni istituzione democratica portino il punto di vista e l’azione della nonviolenza, il punto di vista e l’azione della fedeltà ai principi fondamentali della Costituzione nata dalla Resistenza.

III. Che occorre costruire un giornale delle persone amiche della nonviolenza che ogni giorno porti in tutte le edicole d’Italia (oltre che nella rete telematica, certo) il punto di vista e l’azione della nonviolenza.

La nonviolenza é in cammino, ma cammina solo sulle ganbe delle donne e degli uomini di tenace concetto e di volontà buona.

Dinanzi al dilagante femminicidio, dinanzi alla guerra terrorista e stragista, dinanzi al razzismo al potere, dinanzi a un modello di sviluppo che porta la biosfera al collasso, ebbene, non si può più esitare. E’ l’ora della nonviolenza, della politica della nonviolenza, della nonviolenza come criterio di giudizio, come principio di azione, come proposta di lotta, come programma di governo, come movimento di massa che contrasti la catastrofe in corso.

Tratto da
Notizie minime de
La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

Arretrati in:
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Numero 280 del 21 novembre 2007



Mercoledì, 21 novembre 2007