Editoriale
La precondizione della libertà

di Mario Mariotti

LA prova incontrovertibile del legame strettissimo fra il nostro corpo e il nostro spirito può essere dimostrata da questa riflessione sul concetto di Libertà. Quando noi abbiamo già mangiato, ci siamo saziati, abbiamo bevuto, ci troviamo in un ambiente riparato, caldo in inverno o fresco in estate, quando sappiamo che il nostro lavoro ci aspetta, che all’età giusta andremo in pensione, che se ci ammaliamo abbiamo il medico di famiglia e le strutture ospedaliere che ci curano, che i nostri figli possono andare a scuola, che sul nostro conto corrente abbiamo un gruzzoletto, ecco allora che il nostro concetto di libertà é quello stesso che fa parte integrante della cultura occidentale USA dipendente. Libertà é poter esprimere liberamente il proprio pensiero, é poter denunciare il negativo che ci opprime, é fruizione di tutte quelle garanzie che uno stato democratico rende accessibili ai propri cittadini.
Se noi, invece, viviamo una condizione rovesciata rispetto alla precedente, non abbiamo ancora mangiato, o non lo abbiamo fatto a sufficienza, non ci siamo saziati, ci troviamo seduti in qualche panchina o in qualche sala d’aspetto di una stazione per ripararci dal freddo, e quando non abbiamo un lavoro sicuro, né una pensione decente quando saremo vecchi, e quando non abbiamo chi ci cura se ci ammaliamo perché non avevamo i soldi per farci l’assicurazione privata, quando non abbiamo soldi e nessuna sicurezza, e a volte neppure il mangiare per i nostri figli, allora del precedente tipo di libertà non sappiamo proprio di cosa farcene. Se potessimo, tireremmo lo sciacquone. La libertà di gracidare contro il negativo, quella di esprimere liberamente il proprio pensiero che poi nessuno vuole ascoltare, sono le uniche a nostra disposizione, sono del tutto inadeguate, dimostrano la loro abissale ipocrisia e inutilità, mentre la prima, la fondamentale, l’indisponibile libertà della quale emerge la necessità é quella dal bisogno (bisogna aver mangiato).
La libertà dal bisogno é più che evidente che é la precondizione della stessa libertà, e di ogni altra forma e possibilità di libertà. Se noi definiamo i bisogni fondamentali, cioè cibo, lavoro, casa, scuola, sanità e informazione, ecco che il soddisfacimento degli stessi costituisce, come dicevo, la precondizione, il fondamento dell’esercizio, della fruizione della libertà. Ora noi ci troviamo in un mondo strutturato in modo che non solo la libertà è riservata ai ricchi, ma quast’ultima si determina in un modo talmente micidiale da negare, da impedire la libertà dal bisogno allo sterminato popolo dei non-garantiti, dei fuori-mercato del nostro pianeta.
Provate, cari lettori, se avete fantasia, ad immaginarvi paracadutati nel Paese della libertà, negli USA, col piccolo inconveniente di essere al verde. Nel paese della libertà nessuna libertà vi sarà accessibile. Vi risulterà subito chiarissimo il concetto che la libertà americana é interconnessa in modo sostanziale, ed é direttamente proporzionale, al denaro di cui potete disporre. Quella é un tipo di libertà riservata ai ricchi, ha come risvolto il fatto che, a monte, ha visto realizzate le precondizioni per la propria esistenza, cioè la libertà dal bisogno, solo a loro vantaggio; ed essa si determina nella concretezza della nostra realtà storica in un modo talmente maligno, da negare la precondizione di cui lei stessa sta fruendo ad uno sterminato popolo di esclusi, che vivono sotto la soglia della povertà, che vengono sfruttati al Sud e al Nord in modo indegno, che non hanno accesso al cibo sufficiente, all’acqua potabile, alle cure mediche se si ammalano, ad andare a scuola, ad una vita che possa essere degna di questo nome. Mentre noi ce ne stiamo ai caldo e a pancia piena a disquisire sull’ineffabile valore della libertà e della democrazia, mi1ioni di piccini muoiono ogni anno per mancanza di uno spicciolo, perché il ricco ha la libertà di imporre il prezzo nelle scambio ineguale a danno del povero; migliaia di persone non hanno di meglio per vivere che razzolare in mezzo alle discariche dei rifiuti delle metropoli del Sud e del Nord; milioni vengono sfruttati nel lavoro sottopagato o in nero; la bestemmia del lavoro minorile e della prostituzione é di proporzioni enormi. Al tempo stesso gli ultimi polmoni del pianeta, in Brasi1e e in Congo vengono distrutti per trasformare il legname in profitto, in denaro e quindi in libertà per i ricchi; al tempo stesso, per risparmiare soldi, vecchie carrette solcano i mari, si spezzano in due. E provocano disastri ecologici di enormi dimensioni; al tempo stesso si finanziano guerre di aggressione per mettere i propri artigli sul petrolio; al tempo stesso si finanziano colpi di stato, o guerre civili, per poter ampliare e consolidare gli spazi della propria libertà da ricchi e garantiti, a danno del nostro prossimo e di tanti viventi del pianeta. Purtroppo questa è la tremenda realtà, e cioè che la nostra libertà, la libertà dei ricchi, nega la libertà dal bisogno ai poveri e quindi essa stessa non é affatto libertà, perché si determina creando ingiustizia, e quindi violenza, e quindi é esercizio di sfruttamento nel nostro rapporto con gli altri viventi.
Dagli effetti che produce, si rivela come una forma maligna, legalmente corretta, di terrorismo. Siccome risulta più che evidente che una libertà (come ogni altro valore) che non sia tale per tutti, e che danneggi il prossimo, non è vera libertà, bisognerà allora che ci diamo da fare per modificare il nostro giudizio su quella che oggi chiamiamo libertà; e bisognerà che riusciamo a mettere a punto un tipo di libertà che sia in grado di realizzare la precondizione per tutto il genere umano della libertà dal bisogno. Guardando la realtà con questo nuovo metro di giudizio, le valutazioni si rovesciano: nel socialismo reale, per gli ultimi, era più generalizzatala la libertà dal bisogno (povertà dignitosa per tutti) e quindi c’era più libertà di quanta ce ne sia in Occidente; il capitalismo privato, il mercato e la competizione, poi, non solo non sono esercizio di libertà, ma sono un cancro che fa morire o lascia morire milioni di esseri umani, per cui, se verrà quantificata la violenza e lo sterminato numero delle vittime di questa trinità maligna, salterà fuori, di fronte al libro nero delle vittime di quest’ultima, che lo stesso Stalin non era altro che un modesto e grezzo dilettante.
Pensando poi al cosa fare, per costruire la vera libertà quella dal bisogno, unita a quella dell’espressione positiva di sé stessi all’interno dell’ecosistema-mondo, qualche aiuto ci potrebbe venire dal paradigma Gesù, purché ne riusciamo a superare la lettura religiosa. Gesù era uno di noi, un laico come noi, che realizzava la propria libertà nell’amare, nel condividere nel fare di sé stesso il necessario e la gioia per coloro che accostava, nel metterci in guardia dall’ipocrisia e dall’alienazione religiosa.
Proviamo a dare continuità a questo Suo progetto, proviamo a farlo nostro; riusciremo finalmente a portare, ed a fruire noi stessi della vera libertà.



Mercoledì, 13 febbraio 2008