Editoriale
La monnezza e l’autolesionismo razzista

di Lucio Garofalo

Nessuno può negare che negli ultimi tempi stia serpeggiando un diffuso sentimento di ostilità verso la gente di Napoli a causa della difficile e scandalosa questione dei rifiuti, divenuta un facile pretesto per seminare zizzanie e provocare insensati conflitti interni di ordine pubblico. Inoltre, è emersa un’ulteriore contraddizione di matrice autorazzista.
Perciò inviterei a smetterla con questo autolesionismo assurdo e balordo, con l’autorazzismo di origine piccolo-borghese che rievoca i tempi bui del colera, quando i Napoletani erano dipinti come una "plebe brutta, sporca e cattiva".
Anch’io non sono napoletano, ma sento di appartenere all’antica e gloriosa civiltà partenopea, alla ricca cultura della Magna Grecia, alla tradizione filosofico-letteraria di Giordano Bruno, Giambattista Vico, Francesco De Sanctis, Benedetto Croce ecc., all’arte e alla pittura napoletana del Seicento (e non solo), alla poesia vernacolare, alla musica e alla canzone dialettale e popolare (in realtà universale) di Napoli, al teatro di Scarpetta e dei De Filippo, al brillante cabaret del gruppo della Smorfia, all’insuperabile comicità del mitico Totò, al cinema (non solo neorealista) di Vittorio De Sica e Francesco Rosi, alle commedie surreali di Massimo Troisi, all’incanto paesaggistico e alla struggente bellezza di Napoli e dintorni: gli scenari unici del Vesuvio, di Sorrento e della costiera amalfitana e tutto il resto. Non basterebbe una collana di libri per raccontare e descrivere in modo esauriente la nobiltà e l’unicità di Napoli e della sua storia, la ricchezza incommensurabile del suo prezioso patrimonio architettonico, artistico e culturale, paesaggistico e naturalistico, che fa invidia (e gola) al resto dell’Italia e del mondo. Infatti, l’annessione militare del Regno di Napoli da parte dei rozzi e stupidi Savoia fu una logica conseguenza dell’avidità economica e della sete di conquiste e di potere che animavano le due superpotenze coloniali ed imperialiste dell’epoca, Inghilterra e Francia.
L’orribile cancro che abbrutisce e corrode la realtà di Napoli è la camorra dei clan più feroci e spietati, disprezzati e condannati a chiacchiere da tutti, ma che sanno siglare affari con tutti, con le aziende "perbene" del Nord Italia e del Nord Europa, fatturando utili superiori a quelli della (ma)Fiat di Torino. Tuttavia, si dimentica facilmente che la gente di Napoli ha partorito anche il coraggio, la forza e l’onestà della lotta alla camorra, una lotta avversata proprio da alcune autorità ufficiali, da alcuni settori del potere politico-istituzionale, evidentemente colluso con la criminalità organizzata.
Purtroppo, l’insulso autorazzismo antimeridionale, e soprattutto antinapoletano, mi disturba e mi offende anche più delle nefandezze e dei delitti della malavita camorrista, persino più dello scempio e dello scandalo della monnezza.
Il "leghismo" di casa nostra è ancora più becero e lercio di quello dei "sudici" padani. La dappocaggine, l’ignoranza e la dabbenaggine di certi meridionali, sono assai peggiori di qualsiasi razzismo di origine leghista.

Lucio Garofalo



Venerd́, 27 giugno 2008