Editoriale - Pensare a Kakania /42
RUBARE AI POVERI

di Mario Pancera

È facile. Basta una legge, un «ritocco» alle tariffe, una spinta alla paura, una guerricciola. Ci manca Dio


Si può rubare ai poveri? È un impegno dei ricchi. È un loro preciso indirizzo mentale, che prendono molto sul serio. Non parlo di chi diventa benestante con il proprio lavoro, parlo di chi diventa ricco, smisuratamente ricco. Anche i poveri si derubano tra loro, è una gara a chi si salva. Naturalmente pure i ricchi cercano di derubarsi l’un l’altro, ma poiché questa è un’operazione difficile, essa viene tentata di tanto in tanto. In via normale, invece, il furto si accentra sui poveri: è più facile (meno pericoloso per eventuali conseguenze) rubare un euro ciascuno a un miliardo di poveri, che rubare un miliardo a un solo ricco. Fate la prova con l’uomo più ricco d’Italia, ma anche d’America, di Cina, d’Arabia o dello Zimbabwe. Se non ha un profitto, non vi fa nemmeno l’elemosina.

I poveri si lasciano derubare, non se ne accorgono neanche; e quando se ne accorgono è tardi e, spesso, sono già alla fame. Quando i popoli sono alla fame non sanno nemmeno reagire, possono essere deportati a milioni sui vagoni merci. I ricchi lottano furiosamente anche tra di loro e, anzi, non soltanto difendono la loro proprietà, ma cercano di svenare l’avversario che ha osato aggredirli.

Queste tra ricchi sono lotte sanguinose, le altre sono semplici furti con destrezza: qualche amicizia, qualche modifica costituzionale, qualche illegalità, una guerricciola (ideata dai ricchi, ma combattuta dai poveri), qualche «gioco» in Borsa, qualche minaccia di antrace o di rivolta o di terrorismo, una piccola invasione preventiva, un contratto di sfruttamento del sottosuolo e via dicendo. In una società borghese, liberista e «pacifica», è sufficiente tarare di un millesimo in più o in meno un contatore del gas, dell’acqua, dell’elettricità, del telefono per riversare miliardi, rubati alle famiglie, su ristretti gruppi di ladri. Da questi furti nasce una seconda ondata: perché le ruberie si inventano e si realizzano l’una sull’altra con grande facilità.

In questo modo si spostano miliardi di euro da un’area, una nazione, un continente di poveri, a poche bande internazionali di ricchi. Per la difesa e l’accrescimento di queste montagne di beni, siamo arrivati al punto da essere terrorizzati dal «presunto» terrorismo: in molti paesi si possono imprigionare, torturare, condannare a morte anche persone su cui si abbiano soltanto sospetti, come nei mesi peggiori della Rivoluzione francese, quelli che appunto la storia ci ricorda con il nome di Terrore.

I sospetti si possono anche inventare, la fantasia non manca, i libri sono pieni di esempi, da Machiavelli a Stalin. Ci sono i moderni Robespierre, Saint-Just, Marat, Danton: vedono nemici in tutti coloro che la pensano in maniera diversa ed ecco in funzione carceri e ghigliottina. Oh, i diversi. I poveri sono «diversi». Basta una denuncia, e un individuo, una famiglia, una comunità, addirittura un paese, possono essere distrutti. Ci manca Dio. I Robespierre, i Marat, i Danton e via dicendo sono finiti anch’essi di morte violenta, ma non è una consolazione. I poveri devono conquistarsi il pane oggi, non aspettare la vendetta domani.


Mario Pancera



Mercoledì, 30 luglio 2008