Editoriale - Pensare a Kakania / 29
Le ACLI ci sono ancora?

di Mario Pancera

Sì, ma si facciano avanti. Un esempio in Lombardia per la Costituzione e contro le tentazioni autocratiche


Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani non compaiono quasi mai sui mass media, ma ci sono ancora. Le Acli sono poco conosciute dagli italiani anche se, fondate dal tipografo comasco Achille Grandi, operano all’interno del mondo cattolico dal 1944. Eppure lavorano, forse hanno bisogno di essere incoraggiate: dai laici cattolici, dal mondo sacerdotale, dagli stessi uomini e donne che le guidano.

Ho davanti a me un esempio, quello lombardo di Cernusco sul Naviglio, ex paesotto milanese, e ora comune sui 28 mila abitanti. La base delle Acli è il lavoro e quindi democrazia e libertà, lavoratori italiani e stranieri, pace e difesa dei deboli, trasformazione delle «masse» in popolo di individui pensanti. Le Acli di questa cittadina possono essere un punto di riferimento: ne ho già parlato una volta, a proposito della Resistenza, ma nella loro lettera mensile, gennaio 2008, compaiono due testi sui sessant’anni della Costituzione e i quaranta degli avvenimenti del ’68 «una stagione che portò con sé i germogli di tante conquiste sindacali e civili del nostro paese». Temi difficili e dolorosi, ma vivi.

«È bene leggere il passato (che poi non è così lontano), per ricordarci che solo impegno, sacrificio personale e partecipazione collettiva possono cambiare la storia in meglio», scrivono. «Alla soglia di un secolo nuovo, storditi e ingannati (volutamente) dai mezzi di informazione, ci stiamo avviando verso un cammino che non è figlio di quelle conquiste. Incapaci di osare e sconfiggere i meccanismi che generano povertà, si sta intraprendendo culturalmente e concretamente "la guerra ai poveri". Il fatto stesso di averla accettata ci ha già sconfitti, svuotati, resi brutali.

«Una guerra che vede nei poveri il "male", siano lavavetri, rom, migranti, barboni o sfrattati senza reddito e cercherà tra breve, per sua natura, nuovi bersagli, rendendo sempre più pericolosa la nostra società/civiltà. Un’economia che deruba i poveri dalle loro risorse per arricchirsi sempre di più, che fa del commercio delle armi una delle attività più lucrose, che non si preoccupa dello sfruttamento del creato e che ha come unico scopo l’accumulazione di beni, sarà costretta a diventare sempre più inumana.

«Abbiamo alle spalle una storia di uomini che ci onorano, guardiamo al nuovo anno con fiducia costruttiva, scegliamo di disarmare la nostra economia con scelte responsabili e di non rinunciare mai al dialogo con l’uomo, anche quando attorno tutto appare incerto e confuso».

A questo testo seguono dieci punti fondamentali della Costituzione e un commento sul Sessantotto, che riporto senza commenti per il suo equilibrio e la sua chiarezza.

«A quarant’anni dal 1968, ci chiediamo che cosa è rimasto di quell’evento. Quell’anno fu il "momento clou" di quella specie di rivoluzione copernicana che cambiò la faccia dell’intero pianeta e dell’Europa in particolare. Tre furono i filoni interessati:
«A. La classe operaia prese coscienza della forza della propria capacità: due anni prima, in una tavola rotonda presieduta dalle ACLI, i sindacati CGIL-CISL-UIL riconobbero che non era più possibile lavorare divisi. Quella unità di fatto portò in breve tempo ad acquisizioni significative:
- il periodo di malattia retribuito al 100%, mentre prima della riforma solo il 65% dello stipendio entrava in busta paga e i primi tre giorni di malattia non erano retribuiti;
- le pensioni furono portate all’80% dopo quarant’anni di versamenti contributivi;
- nel 1970 vide la luce la Legge 300, cioè lo Statuto dei lavoratori. (Oggi i tempi sono mutati e il riferimento in tema di lavoro è la Legge 30, detta impropriamente Legge Biagi: si è passati dai diritti dei lavoratori ai diritti del profitto!).

«B. Il mondo della scuola, stimolato dal "maggio francese" esplose (e non poteva che esplodere visto che era composto esclusivamente da giovani) e portò ad una maggiore partecipazione da parte delle famiglie agli organi collegiali, non sempre andata a buon fine, ma che ha avuto il pregio di aprire la scuola verso la società. Da noi in Italia, si era sotto il benefico effetto del celeberrimo libro "Lettera a una professoressa" scritto dalla Scuola di Barbiana (Firenze) animata da don Lorenzo Milani, nominato parroco di una parrocchia di 93 fedeli. L’essere responsabile di una piccola parrocchia gli permise di dedicarsi quasi esclusivamente alla Scuola Popolare frequentata dai ragazzi della sua parrocchia, scuola popolare che diventò il paradigma di tante scuole italiane dell’epoca.

«C. La Chiesa cattolica aveva da poco terminato il Concilio Vaticano II che ha portato una serie di novità quali:
- la riforma liturgica che ha entusiasmato la grandissima parte della chiesa: la liturgia era comprensibile, oltre che semplificata, era celebrata in lingua locale ed ha permesso l’accesso alla Bibbia da parte di gran parte della gente;
- il documento conciliare sulla libertà religiosa che ha parlato del primato della coscienza dando risposte a tanti quesiti sorti negli ultimi secoli;
- la chiesa non più vista come l’anti-mondo (il progetto iniziale era sulla "chiesa e il mondo contemporaneo") prevalse fra i padri conciliari "la chiesa nel mondo contemporaneo": quindi un impegno della Chiesa cattolica nel mondo con un significativo apporto dei laici;
- un nuovo rapporto di collaborazione fra le chiese cristiane che ha dato un forte impulso all’ecumenismo all’interno della Chiesa Cattolica;
- la fine dell’antisemitismo ufficiale cattolico che si esprimeva nella preghiera universale del Venerdì Santo (fino al 1955 recitava "oremus pro perfidis Iudeis", poi fu corretta con una richiesta di preghiera per la conversione degli Ebrei) e, con la riforma conciliare, divenne una preghiera per il Popolo Eletto;
- l’incontro con l’Islam.

«Queste novità non furono indolori: nella realizzazione non mancarono esagerazioni, contrasti e contestazioni, alcune giuste, altre strumentali. Ciò diede adito ad una serie di reazioni di rigetto che provocarono colpi di coda, emarginazioni di persone e informazione, alcune volte distorta, dove "il fenomeno ’68", generalmente, veniva descritto come un tempo negativo da accantonare quanto prima, mettendone in seconda fila o nascondendo del tutto la parte positiva.

«"Non riuscirono i farisei a far gridare ’crucifige’ anche al popolo? Con la cultura, con il potere, con il denaro, con la stampa si riesce a far persuasi anche i sofferenti, perfino gli schiavi che è bene per loro che tutto vada come è sempre andato". (da "Il mio parroco" di don Primo Mazzolari)».

Caro lettore, se sei arrivato fin qui significa che le Acli sanno farsi ascoltare.

Mario Pancera



Martedì, 15 gennaio 2008