Editoriale - Pensare a Kakania / 27
IL PAPA E MARX

di Mario Pancera

Nell’ enciclica sulla salvezza compaiono a chiare lettere i nomi di Engels e di Marx, addirittura con note positive…Il pane quotidiano


Nella recente enciclica di Benedetto XVI, «Spe salvi» ovvero «Nella speranza siamo stati salvati», compaiono insieme con quelli di filosofi sei-settecenteschi e di santi del Novecento, i nomi dei filosofi materialisti ottocenteschi Marx e Engels. Trovo importante notare almeno questo: fino a un certo punto i due sono presentati in maniera positiva, la loro analisi della società viene addirittura elogiata. Se non capisco male, parlando del progresso dell’umanità, Benedetto XVI vede in essi due figure non incompatibili con alcuni assunti del cristianesimo. Due figure cui, nei secoli, si sono affidate molte speranze di diseredati che chiedono il pane quotidiano. Il pane, non altro che una onesta vita terrena.

Anche se qualche giornale ha notato il particolare, mi ci fermerei un momento. «[…] L’Ottocento non venne meno alla sua fede nel progresso come nuova forma della speranza umana», dice l’enciclica, «e continuò [dopo la Rivoluzione francese e l’Illuminismo, ndr.] a considerare ragione e libertà come le stelle-guida da seguire sul cammino della speranza. L’avanzare sempre più veloce dello sviluppo tecnico e l’industrializzazione con esso collegata crearono, tuttavia, ben presto una situazione sociale del tutto nuova: si formò la classe dei lavoratori dell’industria e il cosiddetto “proletariato industriale”, le cui terribili condizioni di vita Friedrich Engels nel 1845 illustrò in modo sconvolgente».

«Per il lettore doveva essere chiaro: questo non può continuare; è necessario un cambiamento. Ma il cambiamento avrebbe scosso e rovesciato l’intera struttura della società borghese. Dopo la rivoluzione borghese del 1789 era arrivata l’ora per una nuova rivoluzione, quella proletaria: il progresso non poteva semplicemente avanzare in modo lineare a piccoli passi. Ci voleva il salto rivoluzionario. Karl Marx raccolse questo richiamo del momento e, con vigore di linguaggio e di pensiero, cercò di avviare questo nuovo passo grande e, come riteneva, definitivo della storia verso la salvezza – verso quello che Kant aveva qualificato come il “regno di Dio”. Essendosi dileguata la verità dell’aldilà, si sarebbe ormai trattato di stabilire la verità dell’aldiquà […]».

«Con puntuale precisione, anche se in modo unilateralmente parziale, Marx ha descritto la situazione del suo tempo ed illustrato con grande capacità analitica le vie verso la rivoluzione – non solo teoricamente: con il partito comunista, nato dal manifesto comunista del 1848, l’ha anche concretamente avviata. La sua promessa, grazie all’acutezza delle analisi e alla chiara indicazione degli strumenti per il cambiamento radicale, ha affascinato ed affascina tuttora sempre di nuovo. La rivoluzione poi si è anche verificata nel modo più radicale in Russia. Ma con la sua vittoria si è reso evidente anche l’errore fondamentale di Marx. Egli ha indicato con esattezza come realizzare il rovesciamento. Ma non ci ha detto come le cose avrebbero dovuto procedere dopo…»

L’enciclica continua affermando che «l’errore più profondo di Marx sta nell’aver dimenticato che l’uomo rimane sempre uomo. Ha dimenticato l’uomo e ha dimenticato la sua libertà. Ha dimenticato che la libertà rimane sempre libertà, anche per il male. Credeva che, una volta messa a posto l’economia, tutto sarebbe stato a posto. Il suo vero errore è il materialismo[…]». E il papa si pone la domanda: che cosa possiamo sperare?, dando poi le sue risposte.

Mi sono fermato su questo particolare ovvero sulla parte elogiativa dei due filosofi, perché non so discutere né commentare l’enciclica, ma soprattutto perché mi sembra un punto sul quale i cristiani, laici e non, possono porsi alcuni interrogativi: Marx ha davvero dimenticato l’uomo? Ha davvero dimenticato che l’uomo è libero? E, visto che è scomparso prima di indicarcelo (e ieri se ne sono sventuratamente incaricati Lenin e Stalin), a chi tocca oggi indicare «come le cose dovrebbero procedere dopo»? Mi riferisco al «dopo» in concreto, così che miliardi di diseredati di ogni fede, affamati di pane e di giustizia, abbiano una speranza altrettanto concreta sulla vita dell’uomo libero di tutti i giorni.

Mario Pancera



Venerdì, 14 dicembre 2007