Editoriale
Pubblicità

di Giovanni Sarubbi

Tutta la pubblicità da cui siamo ogni giorno sommersi è ingannevole. Persino la pubblicità dell’otto per mille delle confessioni religiose lo è, e non solo quella della Chiesa Cattolica. Dove ci sono di mezzo i guadagni di pochi ai danni della maggioranza della popolazione li c’è la bugia, l’inganno, la truffa, il raggiro. Sembra anzi che una delle caratteristiche fondamentali di un buon venditore sia quella di saper dire bugie come se fossero verità sacrosante. Più bugie si è capaci di dire, meglio si riesce a vendere i propri prodotti. Più si ripetono le bugie più esse diventano “verità” incontrovertibili, basta solo saperle dire e, se comincia l’assuefazione, basta saperle gridare.
Schiere di psicologi sono al lavoro ogni giorno nelle agenzie pubblicitarie per indicare quali emozioni bisogna sollecitare per vendere un determinato prodotto di cui niente viene detto su ciò che effettivamente potrebbe interessare al compratore, quali ad esempio il suo prezzo. Basti guardare, ad esempio, i prezzi di determinati marchi di scarpe che vengono vendute a peso d’oro pur essendo costate pochi euro. Più pubblicità vi è su un prodotto, più il costo per i cittadini è alto, perché essi sono indotti a comprarlo, a qualsiasi prezzo, a prescindere dalla sua effettiva utilità o bisogno, ma solo per aver soddisfatto una emozione.
La pubblicità nei paesi occidentali ha oramai raggiunto un livello insopportabile. Non c’è mezzo di comunicazione che non è infettato dalla pubblicità. Persino alcune, poche, trasmissioni televisive che si occupano dei raggiri a cui sono soggetti i cittadini-consumatori, trasmettono spot pubblicitari. E oramai arrivano messaggi pubblicitari non solo sui telefonini attraverso gli SMS ma anche sui telefoni fissi: le aziende più strane chiamano, di solito nelle ore serali, per proporre acquisto di determinati prodotti, o la “carta di credito” o per sondaggi su questo o quel prodotto.
In un articolo del 27 maggio 2001 così scrivevamo sulla pubblicità:
«La pubblicità, che in Italia ha un fatturato di circa 30 miliardi al giorno, usa oramai sempre più massicciamente richiami sessuali, sia in modo palese, sia in modo occulto, sia verso i telespettatori di sesso maschile sia verso quelli di sesso femminile. Da strumento che avrebbe dovuto avere lo scopo di rendere edotto chi compra sulle qualità obbiettive di un determinato prodotto, la pubblicità si è trasformata in strumento di coercizione della volontà popolare e di indirizzamento dei costumi personali e collettivi. Non è esagerato affermare che la pubblicità condiziona pesantemente i comportamenti etici e morali soprattutto delle giovani generazioni. La pubblicità, incredibile ma vero, fa "cultura", diffonde concezioni filosofiche sfruttando i sentimenti profondi di quelli che non sono considerate più persone, e quindi da rispettare, ma "consumatori" da spremere fino all’osso. E’ la pubblicità che trasmette l’idea degli interessi economici al di sopra di tutte le questioni di ordine etico e morale; è la pubblicità che trasmette l’idea che si possa ottenere tutto e subito, senza sacrifici e senza lavoro, proponendo l’arricchimento facile come modello di vita.
Ma il livello di assuefazione ai messaggi pubblicitari è tale che oramai nessuno più fa caso a pubblicità che non siano particolarmente spinte e trasgressive. Da qui la scelta di ricorrere, in modo sempre più spinto, agli istinti sessuali, che sembrano essere diventati l’ultima spiaggia di una pubblicità che ha il solo scopo di mantenere alti i consumi, anche e soprattutto di prodotti inutili e dannosi alla collettività. E non si tratta solo di pubblicità televisiva. In alcune città, per esempio, alcuni negozi di moda, per pubblicizzare pantaloni da donne, hanno pensato di ricorrere ad una foto che ritraeva due donne in un chiaro atteggiamento sessuale. Con la sessualità non si può scherzare: gli effetti possono essere imprevedibili. »

In sei anni poco o nulla è cambiato se non in peggio con l’aggravante che non c’è alcun tipo di azione per contrastare lo strapotere della pubblicità che è sempre più invasivo e penetrante anche per le molte modifiche legislative in tema di pubblicità approvate dal governo di destra, non ha caso guidato da uno che sulla pubblicità ha costruito il proprio impero economico e la propria capacità di manipolazione del consenso elettorale. Via libera, per esempio, all’uso di bambini o di animali domestici nelle pubblicità, che porta le persone ad essere ingannate perché le immagini e i dialogi proposti abusano “dei naturali sentimenti degli adulti per i più giovani”, come recita l’art. 6 della direttiva 84/450/CEE in materia di pubblicità ingannevole.
Non si tratta di cose nuove: i metodi per ingannare la gente sono antichi quanto il mondo. Questi metodi sono stati oggi applicati ai moderni mezzi di comunicazione che rendono i cittadini semplicemente succubi di una informazione distorta ed unidirezionale, contro cui non vi è alcuna possibilità di replica o di verifica. “Se lo ha detto la TV è vero”, “Il tal prodotto è buono, ho visto la sua pubblicità proprio ieri sulla TV”, si sente dire sempre più spesso dalla stragrande maggioranza delle persone, soprattutto di quelle costrette in casa, anziani, casalinghe e bambini. Il “fare pubblicità” è diventato addirittura una sorta di “garanzia di qualità” persino per i venditori dei singoli prodotti. Non c’è proprio limite alle bugie e alle aberrazioni che dalle bugie vengono fuori.
Più volte abbiamo scritto su tale tema sul nostro sito ma, lo diciamo con amarezza, senza raccogliere più di tanto. Ma noi insistiamo perché siamo convinti che il danno arrecato alla società è gravissimo e anche perché siamo altresì convinti che non sia possibile andare avanti così ancora a lungo e che, prima o poi, il sistema imploderà su se stesso. E non si tratta di essere profeti di sventura perchè questa implosione libererà la nostra società da una oppressione perniciosa, anzi, di più, velenosissima, perché le bugie avvelenano più e peggio di qualsiasi veleno del più velenoso serpente esistente. Come dimostrano i tanti casi di violenza che coinvolgono soprattutto le giovani generazioni che della pubblicità sono le prime vittime.
Continuiamo a domandarci: è possibile che nessun parlamentare, nemmeno uno, senta la necessità di un proprio impegno costante contro la pubblicità, di dedicare a tale questione tutto il proprio tempo? Possibile che nessun parlamentare proponga leggi, interpellanze e quant’altro è in suo potere per contrastare la pubblicità e chi da questa pubblicità trae la forza economia necessaria ai sui obiettivi politici? Il potere corruttivo della pubblicità è così forte che nessuno sente come proprio dovere profondo quello di contrastarla in tutti i modi possibili? Noi crediamo che se qualcuno decidesse di dar vita a tale iniziativa molti consensi troverebbe sul piano sociale.
E’ un appello che facciamo ai parlamentari del centro sinistra: la pubblicità avvelena i rapporti sociali, colpisce al cuore mortalmente la convivenza civile, perché quando le persone si abituano alle bugie tutto è possibile, anche che i mostri della storia possano risorgere, come purtroppo la cronaca di questi mesi ci dimostra.



Mercoledì, 14 novembre 2007