Editoriale
A pensar male ...

di Giovanni Sarubbi

Sulle violenze di domenica 11 novembre


Una immagine delle distruzioni provocate a Roma


La violenza scatenata ieri in molte città italiane da gruppi ben organizzati a seguito dell’uccisione di un tifoso della Lazio su una stazione di servizio dell’autostrada, ha tutte le caratteristiche di un’azione premeditata, già studiata a tavolino e pronta ad essere messa in atto alla prima occasione. Abbiamo la sensazione, visto quello che è successo, che altre ne seguiranno. Come diceva Pasolini, “io so… ma non ho le prove”.
Non crediamo siano “normali cittadini” e neppure “tifosi” quelli che hanno assaltato una caserma della polizia ed una dei carabinieri, con i volti coperti, armati di spranghe ma anche probabilmente di molotov o altro materiale esplodente, visto gli incendi che sono riusciti ad appiccare.
Sono cose che “noi vecchi” abbiamo già visto: è quello che negli anni ’70 si chiama la strategia della tensione, dell’utilizzo di qualsiasi occasione per gridare più forte di altri e per dare il via ad azioni via via più violente, con morti, feriti, attentati e quant’altro serve a gettare nel terrore un’intera popolazione.
Strategia della tensione che poi è servita e serve ancora ai partiti di destra per chiedere “leggi eccezionali” e misure repressive che finiscono per colpire non i violenti ma la gente normale, quella pacifica che viene prima intimidita e poi privata della libertà.
Non crediamo sia un caso che fatti come quelli di ieri accadano mentre da diverso tempo è in corso fra le forze politiche un dibattito a dir poco feroce sulla cosiddetta “questione sicurezza”, con i partiti di destra pronti ad approfittare di qualsiasi occasione per usare un linguaggio che semina paura e che giustifica di fatto le azioni di bande delinquenziali che mostrano una grande capacità organizzativa ed una grande preparazione nell’uso di mezzi violenti di tutti i tipi. Usare una mazza per spaccare vetrine, auto, cartelli stradali o usare bombe molotov o altri tipi di armi richiede, infatti, un addestramento ed una organizzazione di tipo militare che si acquisisce solo con la pratica quotidiana.
Chi addestra tali squadre? Dove compiono il loro addestramento? Chi li finanzia? E soprattutto chi li dirige politicamente sul piano nazionale tanto di essere in grado di creare scontri contemporanei, niente affatto casuali, in varie parti d’Italia? Come diceva Pasolini “io so … ma non ho prove”. Ci auguriamo che le indagini possano dare risposte precise a tali domande anche se l’esperienza passata ci fa essere pessimisti.
Crediamo anche sia necessario porre un’altra questione che è altrettanto fondamentale, quella dei mezzi di comunicazione di massa ed in particolare quello del ruolo della TV pubblica.
I Telegiornali della RAI, tutti nessuno escluso, sono orami diventati un vero e proprio “bollettino di guerra” al servizio dei partiti di destra. I toni usati e il modo con il quale vengono date le notizie, mette apprensione ed ingigantisce oltre misura qualsiasi violenza. Si lascia persino ampio spazio alle dichiarazioni farneticanti di chi, per esempio, inneggia alle “ronde dei cittadini” contro i migranti o che fa propaganda di vero e proprio razzismo. Si da ampio spazio alle posizioni “gridate” dei partiti di destra le cui dichiarazioni vengono rilanciate e ingigantite in modo del tutto inaudito. Si gioca a chi grida di più, per creare confusione, per gettare il paese nella paura e nel caos, dando spazio ad attacchi allo stesso Capo dello Stato o ad aggressioni, per ora solo verbali, nei confronti dei senatori a vita.
Al di la del giudizio che si può o meno dare dell’operato di questo governo, noi crediamo che qui si stanno mettendo in discussione gli elementi fondamentali del vivere civile. Siamo in una fase che può paragonarsi a quella vissuta in Italia prima dell’avvento del fascismo, esperienza che si può riscontrare in molti altri paesi. Basti ricordare il Cile o l’Argentina.
Può essere che nessuno nel governo si renda conto di questo progressivo processo di fascistizzazione? Oppure se ne è comlici? Può essere che nessuno senta il dovere di richiamare la RAI al suo ruolo di servizio pubblico e che non si sia in grado di contrastare in modo fermo le posizioni aberranti di una destra sempre più aggressiva? L’esperienza ci insegna che alle parole grosse poi seguono i fatti. I colpi di stato nascono così. Come diceva Pasolini “io so … ma non ho prove”.
Ripetiamo quello che abbiamo già scritto: …prima che sia troppo tardi!



Lunedì, 12 novembre 2007