Editoriale
Costruire ponti, non bombe

di Giovanni Sarubbi

Il ponte sul Mississipi crollato a Minneapolis

Il ponte sul Mississipi crollato a Minneapolis


Il mese di agosto si è aperto con il crollo di un ponte sul Mississipì a Minneapolis negli USA. Se fosse avvenuto in un paese povero nessuno se ne sarebbe accorto. E’ probabile però che nei paesi poveri di ponti ve ne siano davvero pochi.
E dopo il ponte c’è stato nei giorni scorsi un altro crollo, sempre negli USA, che sta facendo tremare tutto il mondo. Questa volta il crollo è stato finanziario. Sotto accusa i mutui per le case degli USA. La quantità di persone che non sono in grado di far fronte al mutuo contratto con una banca per comprare la propria casa è diventata enorme. E dato che le banche americane hanno messo sul mercato finanziario internazionale questi mutui, a fronte dei lauti interessi che promettevano, ciò ha provocato il crollo di tutte le borse mondiali, con alcune centinaia di miliardi di euro “bruciati” finora.
Due crolli entrambi negli USA, entrambi devastanti e con la medesima causa ma di cui nessuno parla: la guerra.
E’ la seconda volta nel giro di qualche anno che gli USA si trovano a fare i conti con disastri ambientali come quello di Minneapolis. Era successo già con l’uragano Katrina durante il quale si è scoperto che le infrastrutture della superpotenza mondiale fanno acqua da tutte le parti. Anche a New Orleans crollo una diga per mancanza di manutenzione. Il crollo del ponte sul Mississipi ne è un’ulteriore conferma. E sarebbero molte centinaia, o molte migliaia secondo alcune fonti giornalistiche, i ponti e le strade che negli USA che si trovano nelle stesse condizioni di quello crollato a Minneapolis. E nella stessa situazione si trovano le ferrovie americane, e la rete telefonica ed elettrica (anche qui qualche anno fa si registrò un black-out che coinvolse tutta la costa atlantica degli USA).
Il motivo è semplice ed è sotto gli occhi di tutti: se si spendono migliaia di miliardi di dollari per costruire nuove armi e per fare guerre in giro per il mondo, e gli Stati Uniti hanno oggi due fronti di guerra aperta (Irak e Afghanistan) e ne vogliono aprire un altro contro l’Iran, non possono esserci risorse bastevoli per pensare a tutto il resto. E’ una cosa che i cittadini della ex Unione Sovietica hanno sperimentato sulla loro pelle e che ha portato al crollo di quel sistema, dove ancora oggi è possibile comprare armi di tutti i tipi ma dove la gente soffre la fame e muore di freddo per le strade. Costruire armi e fare guerre sono azioni paragonabili agli incendi boschivi che stanno caratterizzando questo mese di agosto nel sud Italia: significa bruciare inutilmente risorse, togliere aria alla vita senza alcun senso, è pura follia distruttiva.
I soldi spesi per gli armamenti e le guerre arricchiscono i pochi che producono armi, e sono veramente pochi, ma impoveriscono la generalità degli altri esseri umani. Questa semplice verità sta sempre più venendo a galla e mette in luce la natura profondissima della crisi sociale nella quale il sistema capitalistico ci ha portato. Crisi indubitabile, crisi di un sistema incapace di rispettare l’uomo ridotto a merce e che non può essere risolta con qualche pannicello caldo o con qualche provvedimento estemporaneo. Bisogna sicuramente fermare la guerra, chiudere subito tutte le fabbriche di armamenti, fermare immediatamente tutti i mezzi militari in giro per il mondo (navi, aerei, sottomarini, carri armati e quant’altro ha scopo distruttivo). E per fare questo c’è bisogno di convocare un’assemblea generale di tutti i popoli della terra che metta nell’angolo i paesi guerrafondai, che metta al primo posto la vita ed il rispetto per questa nostra madre Terra, l’unica che abbiamo.
E invece la follia sembra dominare su tutto. Assistiamo in queste ultime settimane all’apertura di un altro fronte di guerra riguardante il “Polo Nord”, con la Russia, gli Usa e il Canada a contendersi le risorse energetiche che si troverebbero sotto i ghiacci polari. Persino lo scioglimento del polo nord, che è un disastro inimmaginabile, viene interpretato in termini economici perché comporterebbe l’apertura di un canale navigabile che avvicinerebbe l’Europa al Giappone. Siamo alla follia pura.
Occorre costruire ponti non bombe. Occorrono ospedali, asili nido, scuole, biblioteche. Occorre piantare alberi dappertutto. Occorre rispettare gli altri animali con i quali ci troviamo a vivere su questa Terra. Occorre rispettare l’acqua, l’aria, le montagne.
Diamo una speranza alla vita. Impegniamoci per la pace e l’ambiente.



Domenica, 12 agosto 2007