Editoriale
Benedetto XVI è antisemita?

di Giovanni Sarubbi

Una recente immagine di Benedetto XVI

Una recente immagine di Benedetto XVI


BENEDETTO XVI è antisemita? La domanda sorge spontanea leggendo la “nuova preghiera” per gli ebrei che Benedetto XVI ha emanato lo scorso 4 febbraio per la preghiera del venerdì santo del Messale Romano anteriore al Concilio Vaticano II, ripristinato da Benedetto XVI per i cattolici cosiddetti "tradizionalisti". (Clicca qui per leggere la notizia)
A giudicare dalla reazione degli ebrei italiani possiamo anche togliere il punto interrogativo e trasformare la domanda in una affermazione: si Benedetto XVI è antisemita!
La “preghiera” (scusate se continuiamo a mettere le virgolette) non lascia adito a dubbi sia nella versione latina (per chi lo capisce) sia nelle due traduzioni italiane che abbiamo avuto modo di leggere. Una quella dell’agenzia SIR dice: “Preghiamo per gli Ebrei. Il Signore Dio Nostro illumini i loro cuori perché riconoscano Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini. Dio Onnipotente ed eterno, Tu che vuoi che tutti gli uomini si salvino e giungano alla conoscenza della verità, concedi propizio che, entrando la pienezza dei popoli nella tua Chiesa, tutto Israele sia salvo”.
Un’altra che ci è stata inviata da un’amica traduce invece così: “Preghiamo per gli ebrei. Affinché Dio nostro Signore illumini il loro cuore, affinché conoscano Gesù Cristo, il salvatore di tutti gli uomini. Preghiamo. Pieghiamo le ginocchia. Alziamoci. O Dio onnipotente e sempiterno, che vuoi che tutti gli uomini siano salvi e giungano alla conoscenza della verità, concedi propizio che - con l’ingresso di tutte le genti nella Tua Chiesa - tutto Israele sia salvato per Cristo nostro Signore. Amen.”
La sostanza, anche con le diverse traduzioni (non sappiamo ancora se c’è una traduzione ufficiale) non cambia: i giudei per salvarsi devono convertirsi al cristianesimo. Una posizione questa che stravolge completamente la preghiera (questa sì senza virgolette) che aveva voluto Paolo VI. C’è poco da fare, ha ragione il rabbino Di Segni. Quella di Benedetto XVI non è una preghiera, è un atto di guerra, un riportare indietro le lancette della storia di 43 anni. Una cosa è pregare affinché “il popolo primogenito della tua alleanza possa giungere alla pienezza della redenzione”, come dice la preghiera di Paolo VI, altra cosa è dire che gli ebrei debbono “conoscere Gesù Cristo” come condizione affinché “tutto Israele” sia salvato. Nella prima formulazione si sente palpitare il cuore dei cristiani per i fratelli ebrei, nella seconda si sente il pensiero di chi è convinto che gli ebrei siano “deicidi”.
La preghiera è per noi non una sequenza di richieste a Dio onnipotente, ma una serie di impegni che chi la recita assume, come è il Padre Nostro cristiano. Questi impegni li si può fare nel chiuso della propria stanza o durante la preghiera comunitaria con la propria comunità di fede. In entrambi i casi sono espressione di ciò che di più intimo esiste nel cuore dell’uomo. Per questo diamo tanto importanza ad un testo che magari dovrebbe semplicemente essere ignorato.
Per chi come noi ha fatto del dialogo interreligioso la propria missione, affermazioni come quelle di questa “preghiera” sono un vero e proprio pugno nello stomaco e non possiamo tacere. Non possiamo tacere quando viene distrutto, con quattro righe, il lavoro di migliaia e migliaia di cristiani di ogni confessione impegnati nel dialogo ebraico cristiano. Ancora più grave questa “preghiera” se si pensa alle gravissime responsabilità che i cristiani nel loro complesso (cattolici, protestanti, ortodossi) hanno nella persecuzione degli ebrei nel corso dei secoli di cui la shoah è stato solo la logica conseguenza. La shoah non sarebbe stata possibile senza l’antisemitismo cristiano, di tutte le chiese cristiane nessuna esclusa.
Ma probabilmente definire questa preghiera semplicemente antisemita è riduttivo. Questa preghiera non è semplicemente antisemita, essa è contro qualsiasi dialogo con qualsiasi religione perché si basa sull’affermazione dogmatica del “Gesù Cristo Salvatore di tutti gli uomini”. Affermazione che un cristiano può anche fare propria ma che non può imporre a nessuno come dogma di fede anche perché Gesù stesso non lo ha fatto.
Questa preghiera è la logica conseguenza del documento “Dominus jesus” del 2000. Documento fortemente voluto dall’allora cardinale Ratzinger che era a capo della Congregazione per la dottrina della fede. Documento con il quale l’allora cardinale Ratzinger ha di fatto cominciato il suo pontificato, stante le precarie condizioni di salute di Giovanni Paolo II. E’ da quel documento, che non esitiamo a definire una mostruosità teologica, che la chiesa cattolica ha cominciato a cambiare strada e a demolire apertamente il Concilio Vaticano II.
Siamo oramai ad un punto di non ritorno. Questa preghiera produrrà effetti devastanti sul dialogo interreligioso non solo con gli ebrei ma con tutte le religioni perché non è una preghiera “per gli ebrei”, di cui non richiama alcuna peculiarità, come faceva invece quella di Paolo VI, ma è una preghiera che può applicarsi a qualsiasi religione diversa da quella cattolica essendo figlia del dogmatismo, del desiderio peccaminoso di infallibilità che questo Papa dimostra in ogni sua manifestazione di pensiero. Rimediando fra l’altro solo figuracce (vedi Ratisbona o La Sapienza) e creando tensioni tra le religioni di cui nessuno in questo momento sentiva il bisogno. Più qualcuno si sente infallibile, più errori commette, più si giudica gli altri, più si è giudicati. Lo dice anche Gesù nel Vangelo. E non è la prima volta nella storia che chi si è considerato “infallibile” sia poi finito nella polvere, come il feroce Robespierre che finì anch’esso ghigliottinato.
Per colmo di ironia questa “preghiera” terribile non piace ai “cattolici tradizionalisti” che la giudicano un tradimento: alla stupidità non c’è mai limite.
Che fare?
Occorre sicuramente impegnarsi sempre più nel dialogo interreligioso, andare controcorrente, checché ne dica Papa Ratzinger che, stando anche alle recenti analisi sociologiche, stà provocando una vera e propria emorragia di consensi per la chiesa di Roma. Persino i pellegrini alle sue udienze domenicali e del mercoledì sono diminuiti notevolmente (oltre mezzo milione di presenze in meno in un anno).
Agli ebrei e a tutte le altre religioni diciamo che non bisogna farsi pigliare dalla paura o dallo sconforto. Bisogna dire con chiarezza quello che si pensa e, soprattutto, non interrompere i positivi rapporti costruiti negli ultimi 40 anni fra cristiani ed ebrei. Ogni cristiano, come ogni ebreo o di qualsiasi altra religione, deve alla fine rispondere esclusivamente alla sua coscienza, checché ne dica Papa Ratzinger. Ognuno risponde in proprio di ciò che fa e di ciò che dice. Anche Papa Ratzinger che come tutti gli esseri viventi non ha né il dono della infallibilità né tantomeno quello della immortalità.



Giovedì, 07 febbraio 2008