Editoriale
Islamofobia

di Giovanni Sarubbi

L’islamofobia ha superato oramai da tempo il livello di guardia. Se durante una trasmissione televisiva si permette che qualcuno definisca “bestie” gli appartenenti alla religione islamica senza che questo scateni alcuna reazione fra il pubblico in studio o da parte dello stesso conduttore, significa che tutto è possibile, anche il passare alla violenza più bruta. E purtroppo azioni violente nei confronti di singoli musulmani o di centri islamici ne sono già avvenute molte, ultimo quello contro la moschea di Abbiategrasso, nell’hinterland milanese contro cui è stata lanciata una molotov lo scorso 24 ottobre.
L’islamofobia è una forma di razzismo religioso che si manifesta in molti modi e che si connota spesso anche di xenofobia, cioè l’odio per gli stranieri. Finora abbiamo potuto registrare nel nostro paese attacchi islamofobi che hanno riguardato la questione delle donne con annessa questione del velo, l’opposizione alla costruzione delle moschee, al modo di vestire, alla lingua araba, che è la lingua del Corano, al digiuno del mese di Ramadan, alla cosiddetta questione della reciprocità, alla poligamia che oramai non viene più neppure praticata nei paesi a maggioranza musulmana. Non mancano poi, come succede in tutte le forme di razzismo, gli attacchi alla “sporcizia” di cui sarebbero portatori i musulmani, al loro “cattivo odore”, o al considerarli degli esseri subumani e quindi indegni di far parte del genere umano.
L’aspetto forse più grave è, ancora, quello dell’associazione della parola “islam” alla parola “terrorismo”, con lo stravolgimento voluto di termini quali “jihad”, tradotti sempre come “guerra santa” cosa che è ben lontana dal significato vero del termine che è invece “sforzo” e che per un musulmano significa "impegnarsi sulla via di Dio". “jihad”, che è una parola che non contiene alcuna implicazione di natura violenta o aggressiva, viene fatta passare come l’esatto suo contrario con gli islamici e gli stranieri in genere responsabili di omicidi, furti, rapine, o di quella che è stata chiamata l’emergenza “sicurezza”, con il caso dei lavavetri di Firenze elevato a paradigma di come si dovrebbe affrontare il “problema”, con la cosiddetta tolleranza zero ed i sindaci italiani improvvisamente diventati sceriffi americani.
C’è poi la diffusione di idee false su “Allah”, che sarebbe “un Dio diverso da quello cristiano”, o su ciò che il Corano dice su Gesù, su sua madre Maria e sui Vangeli, o sul fatto che i musulmani non rispetterebbero i simboli cristiani quali “la croce” o “il presepe”. Nessuno dice che Gesù e Maria sua madre sono grandemente rispettati e amati dai musulmani.
Ma islamofobia è sicuramente anche il mettere i musulmani oltre che contro i cristiani anche contro gli ebrei, cercando di addossare ai musulmani quell’antisemitismo di cui essi nella loro storia non sono mai stati promotori. Il tutto fidando sul fatto che la stragrande maggioranza dei cittadini italiani non ha letto né il Corano e neppure la Bibbia e scarse sono le conoscenze delle realtà culturali e sociali da cui provengono i musulmani migranti che si sono stabiliti in occidente.
Ma islamofobia è anche violare le tombe nei cimiteri musulmani, o costringere bambini musulmani a compiere riti tipici della religione cattolica, quali baciare statuine di santi, o costringerli a studiare come se fossero cattolici, o impedire che nelle scuole si possa parlare di tutte le religioni, anche dell’islam, e non solo di quella “cattolica romana”. Islamofobia è anche schierarsi contro i cosiddetti “matrimoni misti”, fra cristiani e musulmani, riesumando quanto era previsto nelle famigerate leggi razziali del ventennio fascista che proibivano il matrimonio fra ebrei ed “ariani”. E’ mutata la religione da attaccare ma la sostanza è la stessa. Nessuno sa, ovviamente, che una delle mogli del profeta Muhammad era cristiana ed è rimasta tale fino alla morte.
I promotori della campagna islamofoba sono da ricondurre ai partiti dell’area di destra, neofascisti e neonazisti, che si appoggiano sulle frange più estreme e conservatrici delle chiese cristiane, soprattutto quelle di origine nord-americane, i cosiddetti evangelicali, gli stessi che si impegnano nelle battaglie contro gli omosessuali o che hanno sostenuto e sostengono la segregazione razziale fra bianchi e neri. La tradizione continua!
Ma anche nella stessa chiesa cattolica non mancano gli islamofobi, nonostante i ripetuti viaggi e incontri di Giovanni Paolo II nei paesi musulmani. Basti citare fra tutti il card. Biffi e la curia bolognese che, ancora oggi, sono coloro che, per esempio, si oppongono a gran voce alla realizzazione di una moschea a Bologna. Proprio Biffi è stato il promotore nel 2000 di un documento della Conferenza Episcopale dell’Emilia Romagna contro l’islam che è servito di copertura ideologia agli attacchi islamofobi. Sul piano culturale la più famosa islamofoba è stata la defunta Oriana Fallaci che è arrivata a minacciare di far saltare con le bombe una moschea, quella di Colle Val D’elsa, se la si fosse realizzata. Ma andiamo con ordine. Cercheremo di affrontare i vari aspetti indicati più in dettaglio sottolineando però subito come sia estremamente negativo il ruolo che i mass-media svolgono nel diffondere i pregiudizi islamofobi. Un esempio di islamofobia giornalistica è certamente quella del giornalista Magdi Allam che usa il Corriere della Sera come tribuna per le sue campagne tendenti a seminare la paura del musulmano.
La questione delle donne
La questione della violenza sulle donne islamiche è la più gettonata dagli islamofobi. Ci sono oramai alcune “squadre di propaganda” ben organizzate composte di sole donne, tutte di destra, che conducono un attacco sistematico su tale questione e che si avvalgono anche di qualche donna di origine nordafricana occidentalizzatasi in freatta. Le donne musulmane sarebbero tutte picchiate e violentate dai loro mariti e/o padri o fratelli. Esse non avrebbero alcun diritto, delle vere e proprie schiave.
E’ chiaro che una simile rappresentazione della realtà sia dei paesi islamici, sia delle stesse comunità di migranti che vivono in Italia è del tutto inventata. E’ anzi vero il contrario, stando alle statistiche ufficiali degli organismi internazionali che verificano le questioni riguardanti i diritti umani. E’ il mondo cosiddetto occidentale e “cristiano” a detenere il record assoluto di violenze, stupri, omicidi sulle donne di qualsiasi età e ceto sociale. In Italia, ad esempio, non c’è praticamente donna che nella sua vita non abbia ricevuto una qualche forma di molestia sessuale più o meno grave. I singoli casi di cronaca riguardanti immigrati di religione islamica, su cui le squadre di propaganda si sono buttate a corpo morto, stanno li a testimoniare che si tratta di eccezioni e non della regola, frutto di leggi tribali più che della religione islamica, al pari di quelle “leggi dell’onore”, spesso ancora imperanti, in molte regioni della nostra Italia.
Si cita anche spesso la questione della infibulazione che con il Corano non c’entra nulla e che affonda in tradizioni tribali millenarie, tanto che viene praticata in Africa anche dalle comunità convertite al cristianesimo senza che nessuno accusi il cristianesimo di sostenere tali pratiche.
Il Velo ed il vestiario
La questione del velo portato dalle donne islamiche fa parte integrante della campagna islamofoba contro le donne. Le donne sarebbero libere ed emancipate se (s)vestono come le “veline” televisive, che girano praticamente nude, mentre sarebbero schiave se scelgono liberamente, come fanno del resto le stesse suore cattoliche, di coprire il loro corpo ed il loro capo come segno della propria religiosità e del rifiuto di essere considerate “oggetti sessuali”. La cosa incredibile di questa campagna è che anche molte femministe cadono in tale trappola, mentre sono molte le donne italiane che si sono convertite all’islam proprio perché gli stereotipi occidentali continuano, vedi “veline”, a propagandare l’idea della donna “oggetto sessuale” e soggetta a tutte le violenze possibili, come i dati diffusi dallo stesso governo italiano dimostrano. La cosa incredibile della questione del velo è che nessuno pone la stessa questione alle chiese pentecostali o evangelicali italiane che impongono alle donne membri di tali chiese il velo durante le loro celebrazioni religiose.
La costruzione delle moschee
Altro terreno di battaglia degli islamofobi è quello della opposizione alla costruzione delle moschee. Molto impegnati su tale fronte sono gli esponenti neonazisti di Forza Nuova. I casi più clamorosi sono quelli di Genova Cornigliano o di Bologna. A Cornigliano si è usato anche un prete ultratradizionalista per impedire la costruzione della moschea nonostante la sconfessione del Vescovo di Genova. La lega Nord ha lanciato l’idea del “maiale day”, cosa praticata già in altri luoghi, portando maiali a urinare sul terreno dove avrebbe dovuto sorgere una moschea. A Bologna, durante un’assemblea ripresa dalla TV di stato, uno degli organizzatori del no alla moschea ha definito i musulmani bestie.
La questione della reciprocità
La questione della reciprocità è quella che di solito viene sollevata per opporsi alla costruzione di una moschea. “Faremo costruire la moschea quando loro nei paesi musulmani ci faranno costruire le nostre chiese”. Poi si scopre che i paesi arabi sono pieni di chiese cristiane frequentate dai cristiani locali che spesso sono fedeli al Papa. E’ il caso dell’Iraq, della Siria, della Giordania, dell’Iran ma ciò vale per tutti i paesi musulmani. Ed è proprio nei paesi a maggioranza musulmana che esistono le più antiche chiese cristiane, come i Copti, o i Maroniti, o i Caldei. Nessuno ovviamente dice che nel Corano il profeta Muhammad ha chiesto ai propri seguaci di dialogare con cristiani ed ebrei, le cosiddette “genti del libro” con riferimento alla Bibbia.
La lingua araba
Persino la lingua araba viene usata per incutere terrore nella gente. “Parlano arabo, quindi stanno tramando un attentato terroristico”, questo viene detto esplicitamente dalla destra fascista che cavalca l’islamofobia e la xenofobia. Gli Imam, sentenziano, devono tenere i loro sermoni in lingua italiana. In alcuni comuni si è persino impedito l’attivazione di corsi di arabo per i bambini delle scuole elementari di origine marocchina. E’ come se ai nostri connazionali emigrati negli Stati Uniti qualcuno avesse proibito ai genitori di insegnare la propria lingua materna ai propri figli.
Altrettanto zelo gli islamofobi non lo hanno dimostrato nei confronti della stessa chiesa cattolica che ha riesumato il latino nelle sue celebrazioni liturgiche. Ma mentre la stragrande maggioranza degli italiani non capisce nulla di latino, la stragrande maggioranza dei musulmani italiani la lingua araba la comprendono e la parlano perfettamente perché è la loro madrelingua ed è del tutto normale che gli imam tengano i loro sermoni nella loro lingua madre. Sermoni poi tradotti simultaneamente per i musulmani di madrelingua italiana.
Il digiuno del mese di ramadan
Uno degli attacchi più sconsiderati che ci è capitato di leggere è stato quello contro il digiuno del ramadan. Certo per chi è abituato all’ingordigia da cui siamo oramai sommersi, è difficile comprendere la logica del digiuno che fa anche parte della tradizione cristiana ed ebraica. Pur di screditare l’islam si è arrivati a dire che in realtà è tutto falso, tutta apparenza. Secondo i denigratori l’arrivo del Ramadan infatti, coinciderebbe “con abbuffate generali notturne, lunghe dormite di giorno e sfoghi sessuali di notte”. Neppure i bambini sono stati risparmiati per denigrare il ramadan. E’ successo come al solito a Milano dove un preside di una scuola ha rimandato a casa i ragazzi musulmani che effettuavano il ramadan con la motivazione che il digiuno del Ramadan sarebbe un «sacrificio troppo grosso per un bambino di otto anni», violando in tal modo uno dei diritti fondamentali dei genitori che è quello di dare ai propri figli l’educazione, anche religiosa, che meglio ritengono opportuno. E saltare un pranzo non ha mai fatto male a nessuno.
Islam=terrorismo=delinquenza comune
L’associazione del termine islam con quello di “terrorismo” ha raggiunto oramai livelli parossistici. E non si tratta solo di come vengono per esempio date le notizie nei telegiornali o sulla carta stampata. Dagli Stati Uniti arrivano oramai da anni sui nostri schermi decine di serie televisive che hanno come soggetto la lotta al terrorismo islamico. Al Qaeda è l’organizzazione terroristica più citata in questi filmetti spazzatura: la realtà si fonde con la fantasia ed il telespettatore non sa se sta vedendo un film, quindi un’opera di fantasia, o sta partecipando direttamente alla realtà. In molti film si sono affrontati addirittura le questioni del carcere di Guantanamo, o le torture inflitte agli iracheni nelle carceri di Abu Graib. In molti film è comparso lo stesso presidente Bush che ha interpretato il ruolo di presidente degli Stati Uniti attaccato dai terroristi e salvato dagli eroici militari di turno. In tutti i casi il bene sta dalla parte dell’occidente-USA ed il male dalla parte dell’islam, tutto associato ad Al Qaeda.
Nessuno dice poi che tutti i musulmani italiani arrestati con l’accusa di terrorismo, con grandi enfasi medianiche al momento del loro arresto, sono poi stati tutti assolti e scarcerati per assoluta mancanza di indizi, mettendo a nudo il vero scopo delle retate che non era quello di arrestare terroristi ma quello di terrorizzare pacifiche comunità di musulmani migranti, con alle spalle molto spesso storie di miseria infinita, la cui responsabilità ricade proprio sulle opulente società occidentali.
Ed il passaggio dall’essere terroristi all’essere etichettato come delinquente comune è breve, salvo poi a scoprire che la maggioranza dei reati nel nostro paese la commettono ancora “italiani doc”, compresi gli omicidi e le violenze alle donne o le rapine in villa. Solo le carceri sono piene di migranti che, per il fatto di essere migranti, non hanno alcuna tutela e su cui è perciò facile scaricare, da parte della criminalità organizzata, la responsabilità di reati i cui beneficiari sono tutti “italiani doc”.
Per concludere
Ci sarebbe ancora molto da scrivere sul tema dell’islamofobia. Ma ci preme concludere con una nota di speranza. Nonostante tutto quello che abbiamo descritto finora, da sei anni nel nostro paese si porta avanti l’esperienza della “giornata ecumenica del dialogo cristiano islamico”, promossa da una serie di giornali e associazioni cristiane e non, che si celebra nell’ultimo venerdì di ramadan e la cui sesta edizione si è tenuta lo scorso 5 ottobre 2007 e di cui è punto di riferimento nazionale il sito www.ildialogo.org. Un centinaio di iniziative in tutta Italia, anche quest’anno, hanno detto con chiarezza che solo con il dialogo e la pace questa nostra umanità potrà avere un futuro. Ed è questa la speranza che siamo impegnati a costruire giorno dopo giorno.


Giovanni Sarubbi



Mercoledì, 05 marzo 2008