Editoriale
"La doppia appartenenza".

di Mario Mariotti

Siccome ogni tanto ci capita di dover andare a votare, la qual cosa è­ la normalità in molti siti del pianeta, a noi italiani, però, a differenza di altri, succede che ci troviamo impegolati in un problema che molti non hanno, o che molti altri hanno già superato da tempo: il problema é che, ci troviamo davanti a delle persone, a dei candidati, che da una parte sono dei cittadini della nostra Repubblica, la quale é strutturata e progettata secondo una costituzione fra le migliori del mondo; e dall’altra sono dei battezzati, e quindi membri di Santa Romana Chiesa, e quindi viventi la condizione che può essere così formalizzata: sono pecore episcopodipendenti. Se uno vota per questi candidati, che si autoproclamano laici per 24 ore al giorno, ma si dichiarano anche “ubbidienti ai vescovi”, costui si ritrova ad aver votato non il cittadino, ma i vescovi, e piove da una repubblica a una teocrazia, in parte medioevale e in parte egizia, dato che il Vescovo di Roma, il Papa, sarebbe nientemeno che l’incarnazione visibile, vicaria, di Dio in terra.
Questa doppia appartenenza, di cittadini laici fedeli alla Costituzione, e di credenti-fede1i alle direttive della gerarchia della Chiesa, sarebbe una condizione facilmente superabile, se qualcuno si prendesse il disturbo di approfondire i messaggi inclusi nel Vangelo: la vera dimensione di chi vuo1 mettersi alla seque1a del Signore é la laicità solidale, democratica e condivisionista; il fondamento é l’etica, il fare agli altri ciò che si vorrebbe ricevere da loro; il valore fondante della collettività é il lavoro, che in termini ecclesiali é anche condizione eucaristica, di coloro che si spendono per il bene comune, e via di seguito.
Se uno fosse arrivato a capire che il Cristianesimo non è una religione, ma un modo di determinarsi in rapporto all’affamato e all’assetato; che le strutture del cristianesimo reale sono rimaste nella logica religiosa dell’Antico Testamento ed hanno copiato quelle dell’Impero romano (monarchia assoluta); che la cultura che sottende S. R. Chiesa è un fossile costantiniano, col vertice che custodisce la Verità mummificata, e la base che deve credere, obbedire e votare secondo le direttive del vertice, il problema della doppia appartenenza non esisterebbe più. La nostra Costituzione, a parte qualche compromesso di chi voleva tenere buoni i preti, è laica; i Valori che include sono gli stessi di chi li fonda sulla fede; inoltre, contiene una progettualità (creare le condizioni per l’effettiva e non virtuale uguaglianza fra tutti i cittadini) che collima, che coincide con quella del Vangelo, cioè con l’impegno per la costruzione del Regno, una situazione di giustizia, uguaglianza e fraternità da realizzarsi fra tutti i cittadini, di e in questo mondo.
Se uno si rendesse conto di questo, si renderebbe conto che la doppia è un’unica appartenenza e saprebbe anche dare il giusto peso alle direttive della gerarchia. Il sottoscritto, ad esempio, le ha sempre prese come riferimento negativo: esse dicevano di votare per un partito che fosse “democratico e cristiano”; io ubbidivo facendo il segno su un altro partito. Oggi sempre la gerarchia continua a sentirsi garantita e rappresentata dalla Destra, e nutre simpatia per la temporanea incarnazione di Mammona in quel di Arcore, ed io continuo a cercare disperatamente quello che rimane della laicità del contro Mammona, per contrastare una involuzione che ci vorrebbe riportare non solo al Concilio di Trento, ma anche più indietro, quando il Papa era Dio in terra e l’Imperatore era alle sue dipendenze, in modo che le povere pecore pigliavano la loro quota di legnate, di sfruttamento, da parte di questa “strana coppia”, che viveva in simbiosi perfetta e teneva ben strette le chiavi sia dell’al di qua, che dell’al di là.
Non so come sia possibile superare questo problema: per i cattolici l’ubbidienza è ancora una virtù, il Papa è sempre vicario di Dio, i Pastori, vescovi e sacerdoti hanno le chiavi del Regno (che fra l’altro non è Regno, ma regno dei cieli, e quindi Paradiso), la nostra vita è un periodo di prova con il negativo strutturale ad essa, la laicità è una perversione, l’unica cosa che è cambiata è l’assillo dei comunisti, che vengono un po’ rimpianti perché meno pericolosi del terrorismo fondamentalista islamico. La consapevolezza che molte contrade del pianeta, invece, siano vittime del terrorismo dello stato a stelle e strisce, che è contemporaneamente democratico, cristiano e fondamentalista, è del tutto assente dalle circonvoluzioni cerebrali dei nostri concittadini cattolici, per cui le prospettive a breve termine sono molto incerte. L’unico spiraglio aperto sembrano essere i cattolici democratici, che si stanno rendendo conto della dimensione evangelica della laicità, e mettono al primo posto la loro coscienza se entrano in conflitto con la gerarchia. Costoro cominciano a vedere la compromissione di S. R. Chiesa con la cultura occidentale dell’USA-dipendente, paradigma del vero paradiso ateo, e pongono qualche resistenza. Nel quadro attuale, però, con la quasi totalità dell’informazione nelle mani dei ricchi con la visione falsata e pervertita della realtà che essi impongono a capotavola di ogni famiglia appollaiata davanti alla TV, non solo la doppia appartenenza del cattolico viene confermata, ma è a rischio di prevalere quella religiosa: i cittadini sono sempre meno cittadini e sempre più pecore episcopodipendenti, anche se più sotto l’aspetto formale che sostanziale. La realtà vera è che si è globalizzata la cultura del Beati i ricchi, che il vero principe di questo mondo è Mammona, il quale non è certo infastidito da chi proclama il Beati i poveri dalla reggia pontificia; che il Nord ricco del pianeta è riuscito a snaturare ed a prostituire l’unico strumento, il cristianesimo che poteva includere la cultura necessaria per superare il negativo intrinseco alla trinità maligna del capitalismo del mercato e della competizione.
Deve quindi continuare il lavoro di coscientizzazione, per l’unificazione delle appartenenze nell’unica che è inclusa nel progetto del futuro secondo Dio: la laicità fraterna e solidale.
Bisogna continuare e non demordere, nonostante che non si vedano frutti. Noi, infatti, non siamo affatto dei servi inutili, come qualcuno ha fatto dire al Signore stravolgendo il suo pensiero: siamo dei tralci indispensabili, e i frutti dell’amore di Dio per noi passano proprio per le nostre mani. E poi, abbiamo un’ultima consolazione: la democrazia di “sorella morte” non riuscirà a schivarsela nessuno e a quel punto la doppia appartenenza, formale a Dio e sostanziale a Mammona, sarà finalmente disgelata….

Mario Mariotti






. ­

Domenica, 02 marzo 2008