Editoriali
Mass-media: “discariche di notizie”, TV spazzatura, distruttori di speranza

di Giovanni Sarubbi

Non è la prima volta che intervengo sullo stato pietoso dei mass-media italiani. Lo facciamo oggi dopo aver partecipato ieri ad Avellino ad un corso di aggiornamento professionale dell'Ordine dei giornalisti della Campania. Il tema era quello delle leggi sulla diffamazione, questione che pende sempre su chiunque faccia il mestiere di giornalista. Relatore è stato un magistrato della procura della repubblica di Avellino. Molto utile e precisa la sua esposizione. Anche i giornalisti, che notoriamente scrivono di cose di cui non capiscono nulla, hanno potuto capire tutto.
Dopo la relazione qualcuno, me compreso, ha pensato:«allora qui dobbiamo chiudere tutti i giornali, le TV, i siti internet». Il pensiero è andato immediatamente alle tonnellate di trasmissioni di pseudo “giornalismo di inchiesta” che ogni giorno e più volte al giorno “indagano” (sempre con molte virgolette) sui casi di omicidio che di volta in volta saltano agli onori della cronaca. La violazione del segreto istruttorio, ad esempio, è continua. Continua è la diffusione di “notizie” che fabbricano mostri prima ancora che si sia neppure arrivati alla fase della udienza preliminare e alla pubblica valutazione delle prove raccolte dal PM. “Notizie” che spessissimo ignorano del tutto regole e documenti deontologici approvati dallo stesso ordine dei giornalisti, in particolare quello sul trattamento di notizie riguardanti i bambini, la cosiddetta “Carta di Treviso”.
Su quest'ultimo punto, proprio in questi giorni, ci si è trovati di fronte all'ennesimo caso di violazione della “Carta di Treviso”, che prescrive la prevalenza assoluta dei diritti dei minori rispetto a qualsivoglia diritto di cronaca, per quanto riguarda l'omicidio di un bambino avvenuto in Sicilia nel comune di Santa Croce Camerina in provincia di Ragusa.
L'ordine dei giornalisti della Sicilia ha denunciato la violazione della Carta di Treviso da parte di «alcuni siti internet, agenzie di stampa, emittenti televisive e quotidiani nazionali» che hanno «diffuso, in maniera semplicemente irresponsabile, il nome di battesimo del fratellino di Loris, un bimbo di appena 4 anni, tutelato dalla Carta di Treviso e da tutti i documenti deontologici posti a garanzia dei “soggetti deboli”». Sulla stessa questione è intervenuta anche la segreteria provinciale di Ragusa dell’Associazione Siciliana della Stampa, che ha espresso «preoccupazione per la gestione delle informazioni da parte degli organi inquirenti sul delitto del piccolo Loris con continue "fughe" che, come lo stesso procuratore della Repubblica di Ragusa ha detto ieri in un’improvvisata conferenza stampa, "rischiano di essere informazioni sbagliate e che danneggerebbero, forse in modo irreversibile le indagini"».
Dunque, violazioni delle regole deontologiche della professione giornalistica ed irresponsabilità degli organi inquirenti che a Ragusa, come in tante altre parti d'Italia, contribuiscono alla decadenza dei mass-media italiani che sono diventati una vera e propria “discarica abusiva” di notizie spesso inventate, per lo più dannose ed inutili e che hanno l'unico effetto di avvelenare l'opinione pubblica e distrarla da altri e più scottanti problemi quale quello della disoccupazione o della miseria.
Che notizia è, ad esempio, quella che viene data da un titolo con un punto interrogativo? E' una non notizia, è un voler trasformare una opinione del giornalista o dell'editore che lo paga in una “notizia” utile a vendere il proprio giornale stampato o la propria trasmissione per ricavarne introiti pubblicitari.
Ma lo stato pietoso della stampa italiana è venuta fuori ieri quando è intervenuto un giornalista di un importante quotidiano nazionale che ha raccontato un episodio significativo del modo con il quale vengono costruite le notizie. Questo giornalista, ha raccontato di essersi scontrato in redazione sulla notizia delle dimissioni del presidente Napolitano apparso qualche settimana fa su tutti i quotidiani nazionali. Lui sapeva che si trattava di una notizia falsa, che sarebbe stata sicuramente smentita ma che il giornale per il quale lavora ha pubblicato come tutti gli altri giornali perchè, così gli ha risposto il suo caporedattore, “se non la pubblichiamo noi la pubblica il Corriere della Sera”. Si pubblicano cioè notizie non perché corrispondano a fatti accertati provenienti da fonti verificate ed attendibili, che è la prima regola per valutare la pubblicabilità di una notizia, ma solo perché così vuole il “grande fratello” che gestisce tutti i mezzi di comunicazione e perché così fan tutti, perchè se non ti adegui sei fuori dal giro degli introiti pubblicitari e riceverai solo ostracismo per tutto ciò che farai. E' un po' come dire: “visto che rubano tutti rubiamo anche noi”.
Personalmente, ho avuto a che fare con un tale modo di fare il giornalismo per la prima volta nel lontano 1986 al congresso nazionale della FIOM che in quell'anno si svolse a Napoli. Partecipai a quel congresso come giornalista accreditato di una piccola testata politica e seguii tutto il congresso dalla sala stampa con tutti i più grandi giornali quotidiani nazionali, La Stampa, il Corriere della Sera, La Repubblica, l'Unità.... C'erano tutti i capiredattori del settore sindacale di ogni quotidiano ma quello che comandava era il caporedattore del quotidiano La Stampa, cioè FIAT, cioè avv. Agnelli. Era un omone ben piazzato, abbastanza anziano di cui non ricordo il nome. All'epoca il segretario nazionale della FIOM era Sergio Garavini la cui politica non piaceva affatto alla FIAT ed il capo redattore de La Stampa interpretava fedelmente i voleri del suo padrone. Nel pomeriggio, dopo la seduta congressuale della mattina, ci si riuniva in sala stampa per scrivere i pezzi da mandare alle redazioni e tutti i giornalisti dei maggiori quotidiani nazionali pendevano dalla bocca del caporedattore de La Stampa. Lui dettava la linea e tutti si adeguavano. Con mia grande sorpresa potetti constatare come la linea della Fiat passasse integralmente persino sul quotidiano l'Unità, che avrebbe dovuto sostenere la FIOM e le posizioni del suo segretario. Sui quotidiani nazionali apparve la posizione della FIAT, non il dibattito vero che si stava svolgendo nel congresso, non le posizioni espresse da Garavini e dagli altri dirigenti sindacali o dai delegati ma ciò che la FIAT pensava di quelle posizioni. I giornalisti accreditati misero in scena il contrario di ciò che avrebbero dovuto fare come giornalisti, cioè come persone che dovrebbero sempre separare i fatti dalle opinioni e raccontare gli eventi a cui partecipano per quello che sono e nel modo più completo possibile.
Per quello che ne so è ancora così e anzi è peggiorato e di molto. Se un giornalista del Corriere della Sera può permettersi di inventare la notizia di un attentato al Papa mediante i droni senza essere messo alla berlina per quello che ha scritto (vedi il mio ultimo editoriale) significa che siamo messi molto male.
I giornalisti italiani, come tutti coloro che lavorano alle dipendenze di qualcuno, come diceva Marx, sono “schiavi salariati” di chi li paga. La maggioranza di essi non sono in grado di incidere sulla linea editoriale di un giornale che viene decisa dalla proprietà e messa in pratica dai direttori e dai capiredattori. La grande maggioranza, che sono poi i pubblicisti, non hanno neppure contratti di lavoro stabili, sono pagati, quando lo sono, pochi spiccioli, si aggrappano a qualsiasi espediente pur di sopravvivere. La deontologia professionale e le regole fissate dallo stesso Ordine dei giornalisti vanno così a farsi friggere. La dignità delle persone più deboli, come i bambini, viene spesso calpestata. Tutto diventa utile e possibile per fare audience e vendere pubblicità e copie di giornale. Le regole della corretta informazione vengono calpestate in ogni momento.
Un tale giornalismo è funzionale al sistema sociale comatoso nel quale viviamo. Più bugie circolano meglio è perché così si uccide lo spirito critico e si impedisce la presa di coscienza delle persone che anzi dal disgusto sono spinte nel disimpegno e nel qualunquismo. E anche quando vengono fuori fatti come quelli della “Mafia di Roma”, che imperversa in questi giorni, il ruolo dei mass-media rimane quello di fare confusione, di alzare polveroni, per impedire che chi deve capire capisca e si organizzi per cambiare una società che di questo passo è destinata all'autodistruzione.
Da una società del genere e da una simile informazione nessuna “buona notizia” potrà mai venire. Ed infatti le nostre TV e i nostri giornali sono inguardabili e illeggibili, “discariche di notizie”, TV spazzatura, distruttori di speranza...
L'articolo 21 della nostra Costituzione afferma che: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola,lo scritto e con ogni altro mezzo di diffusione”. Bisognerebbe aggiungerne un altro: “Tutti hanno diritto ad una corretta informazione”.
Giovanni Sarubbi



Domenica 07 Dicembre,2014 Ore: 15:05