Editoriale
Un corporativismo minaccioso

di Rosario Amico Roxas

La sciopero degli autotrasportatori ha assunto la fisionomia della serrata più che di una manifestazione di protesta per rivendicazioni già in gran parte risolte con la finanziaria in discussione. Si tratta di proprietari del loro mezzo di produzione che, con questa forma di protesta, chiudono la loro aziende; da qui si evince più la serrata che non lo sciopero rivendicativo.
Le forme così rigide, così articolate, chiaramente predisposte da una regia unica, non sono quelle di una legittima manifestazione, e assumono le vesti di una delle tante “prove generali” alle quale stiamo assistendo in Italia senza accorgerci del gravissimo rischio che incombe.
E’ stata una prova generale l’altra serrata dei tassisti, che pure se in grado di bloccare soltanto le città interessate, hanno dato prova di essere in grado di condizionare la regolarità della vita.
Che piaccia o no, è stata un’altra prova generale la violenza esplosa, causata dai sedicenti tifosi di calcio che hanno messo a soqquadro l’ordine pubblico, con la provocazione e la ricerca dello scontro fisico con le forze dell’ordine per misurare la propria forza.
La tecnica alla quale assistiamo parte da più lontano, ed è la tecnica della divisione della popolazione, per cui non basta più dividere l’Italia in Nord e Sud, non basta più il contrasto tra classe dirigente opulenta e classe operaia, pensionistica, giovanile e disoccupata.
Per rendere più efficace la possibilità di impadronirsi di larghi strati dell’elettorato viene proposto e imposto il definitivo frazionamento in singole corporazioni, ognuna con rivendicazioni che non tengono in assoluto conto le esigenze globali della nazione che necessita di uno sviluppo equilibrato dell’economia per contenere la dilatazione della forbice economica che tende, sempre più, a penalizzare le classi più bisognose e, giocoforza inattive, come pensionati, casalinghe, giovani precari a tempo indeterminato e in servizio permanente, impiegati a reddito fisso.
E’ una corporazione quella dei tassisti che esigono il mantenimento del numero chiuso dei taxi circolanti per potere imporre i loro prezzi e impedire la concorrenza.
E’ una corporazione quella dei farmacisti, e dei notai, titolari di privilegi feudali che intendono mantenere.
E’ un corporazione quella degli autotrasportatori.
Così frazionata, una nazione diventa preda di chi può disporre dei mezzi economici e mediatici per tenere sotto controllo non più singoli operatori in un certo settore, ma l’intera categoria, collocando ai vertici organizzativi personaggi asserviti alla logica di dominio programmata.
La corporazione degli autotrasportatori sta fornendo la prova tangibile di tale manovra; con il governo Berlusconi la categoria potè usufruire di contributi a valanga, che non tenevano in nessun conto le esigenze globali dell’intero paese, ma miravano alla conquista ideologica della categoria; infatti il manovratore mimetizzato dell’attuale serrata, continua ad essere Paolo UGGE’:

• Deputato alla camera di FI,
• componente del Comitato Centrale dell’Albo degli Autotrasportatori dal 1987 al 1998,
• componente del Consiglio di Amministrazione del Consorzio Parco Nord di Milano e della Società Trafori dello Spluga e dello Stelvio Spa, della F.A.I. Service Soc. Coop. a r.l. e Unitra c.a.r.l. ,
• Segretario Generale Conftrasporto (Confederazione del Trasporto, della Spedizione e della Logistica),
• Segretario Generale della FAI (Federazione Autotrasportatori Italiani),
• nominato sottosegretario di Stato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del governo Berlusconi, con DPR 7.3.2003 e successivamente con DM 12.3.2003 è delegato all’esercizio delle competenze relative alle materie della “Direzione autotrasporto di persone e cose”,
• presidente della Consulta generale per l’autotrasporto di cui al decreto ministeriale n. 2284/TT del 6 febbraio 2003.

Dal Corriere della Sera del 12 dicembre abbiamo la conferma a ciò che avevamo già scritto il giorno precedente, leggiamo infatti:
“Ma dire che nessuno abbia mai pensato che lo sciopero dei Tir potesse dare, se non proprio una spallata, perlomeno una spallatina al governo di Romano Prodi, sarebbe inesatto. Anche perché Uggè non è soltanto il capo dei camionisti italiani. Lui è pure, fatto molto singolare, parlamentare della Repubblica. Siede alla Camera sui banchi di Forza Italia, il partito di Silvio Berlusconi, il quale da mesi insiste che Prodi se ne deve andare. E lui conosce la sua gente, come dimostra il commento tutt’altro che signorile dopo la riunione con il governo: «Ci stanno prendendo per i fondelli». Proprio quello che ci voleva per distendere gli animi prima della precettazione. Rincara la dose, l’on. Uggè, per sollecitare gli animi e portare questa “prova generale” a conseguenze estreme, secondo l’antistorica filosofia del “tanto peggio tanto meglio” :
(Comunicato ANSA) - ROMA, 11 DIC - Nonostante la precettazione, ’’il fermo dei tir prosegue’’. Lo afferma Paolo Ugge’, presidente di Fai Conftrasporto. Ugge’ ha spiegato che la precettazione ’’non rispetta la procedura e non vale nulla nei confronti delle associazioni’’. L’ordinanza nei confronti degli operatori, ha aggiunto, ’’deve essere notificata ai singoli, i quali se dicono che non stanno facendo il blocco e che la situazione oggettiva impedisce loro di muoversi, non sono precettabili’’.

Il concetto economico di “corporativismo” nacque con l’enciclica Rerum Novarum, ma con l’esigenza di tutelare quelle classi che il liberalismo stava mortificando; già con Pio XI e Pio XII venne accantonato anche il termine stesso, a causa dell’uso spregiudicato che ne aveva fatto il fascismo, venne proposto il cooperativismo come mezzo per esercitare la solidarietà interclassista.
Oggi viene ripreso come metodo, anche se nessuno osa chiamare le cose con il proprio nome; il corporativismo attuale, infatti, è il proseguimento del fallimentare corporativismo fascista che volle tenere separate le categorie, metterle l’un contro l’altra per potere esercitare il controllo globale, controllando ogni singola corporazione.
Le rivendicazioni degli autotrasportatori diventano, così, un mezzo del quale l’anti-Stato si serve per i suoi fini e non una legittima sollecitazione alla risoluzione di problemi, che, peraltro, sono già stati affrontati nell’attuale finanziaria.
E’ il metodo americano sperimentato e collaudato in Cile nel 1972, quando il capo della corporazione degli autotrasportatori, favorì l’indebolimento del governo di Salvador Allende permettendo l’intervento armato che, bombardando il “Palacio de la Moneda, uccidendo Allende e il modesto manipolo che tentava la difesa ultima delle istituzioni, diedero il via libera alla sanguinosa dittatura di Pinochet.
Certo Paolo Uggè non è Leon Vilarin, così come Berlusconi non ha la statura di Pinochet, anche se ne coltiva le mire, come l’Italia non è il Cile degli anni ’70, malgrado la presenza armata di contingenti militari americani nel nostro territorio, favoriti dallo stesso governo Berlusconi; ma la situazione è sovrapponibile nei metodi.
Ci auguriamo non lo sia negli effetti.

Rosario Amico Roxas(raroxas@tele2.it)



Mercoledì, 12 dicembre 2007