Editoriale
Clandestino

di PEPPE SINI

La stessa parola "clandestino" è già un atto di aggressione: molte persone stigmatizzate come tali sono entrate del tutto regolarmente nel nostro paese ed è soltanto scaduto il loro permesso di soggiorno.
Si tratta di persone che non hanno nessuna intenzione di nascondersi.
Che non fanno nulla di male, anzi: fanno spesso i lavori più duri, quelli che gli indigeni non vogliono fare.
Lo stato italiano dovrebbe dar loro un encomio solenne, portarli a modello.
E dovrebbe tutelare i loro diritti, promuovere la loro integrazione, garantire assistenza, giustizia, sicurezza a loro come a chiunque.
Ed invece li insulta e li perseguita, talvolta fino a provocarne la morte.
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E molte persone che nel nostro paese sono entrate senza commettere reati ma senza neppure seguire le vie praticamente più agevoli ed amministrativamente ordinarie, lo hanno fatto non per piacere dell’avventura, ma perché in fuga dalla fame e dalla guerra, da regimi dittatoriali e da persecuzioni razziste, da stati-mafia e da genocidi; e vengono qui sperando di trovare asilo, quell’asilo che la Costituzione della Repubblica Italiana garantisce loro, quell’asilo che lo stato italiano nella sua legge fondamentale giura di garantire loro, e lo giura sul volto e sul sangue dei martiri della Resistenza.
Lo stato italiano dovrebbe dar loro protezione, averli cari come la pupilla dell’occhio, tenerli sacri come sacro è l’ospite e a maggior ragione l’ospite costretto ad abbandonare la sua casa dall’altrui violenza.
E dovrebbe tutelare i loro diritti, promuovere la loro integrazione, garantire assistenza, giustizia, sicurezza a loro come a chiunque.
Ed invece li insulta e li perseguita, talvolta fino a provocarne la morte.
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Molte persone giungono nel nostro paese, dai paesi impoveriti e devastati da mezzo millennio di nostre rapine.
Lo stato italiano e l’Unione Europea dovrebbero risarcirli, restituire loro il maltolto con gli interessi di secoli e secoli di rapina e massacro imperialista, colonialista, razzista.
E dovrebbero tutelare i loro diritti, promuovere la loro integrazione, garantire assistenza, giustizia, sicurezza a loro come a chiunque.
Ed invece li insultano e li perseguitano, sovente fino a provocarne la morte.
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Se "clandestino" è un insulto, non sono questo nostre sorelle e questi nostri fratelli i clandestini.
Clandestino è il governo del razzismo e dell’illegalità. Clandestina è la disumanità del potere che esclude e che opprime.
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Se "clandestino" designa il riconoscimento che la nostra comune patria è ancora da venire, poiché questo non è ancora il regno della libertà, ma il regno della schiavitù, allora clandestini siamo tutti noi esseri umani senza eccezione alcuna. Ed a tutti incombe il dovere di prestarci reciproco aiuto, di riconoscerci un’unica famiglia, di non abbandonare nessun al dolore e alla morte.
E’ il messaggio della Ginestra di Leopardi, è la verità che ogni persona reca incisa nel fondo del cuore.



Venerdì, 11 luglio 2008