I mali del capitalismo: tutta colpa di Calvino?

di Agenzia NEV del 7-10-2008

“Una ridicola sciocchezza”. Intervista allo storico e teologo valdese Giorgio Tourn


Roma, 7 ottobre 2008 (NEV-CS70) - Nel commentare la crisi finanziaria originata negli Stati Uniti, alcuni analisti hanno tirato in ballo Calvino, uno dei padri della Riforma protestante, attribuendogli la responsabilità di avere benedetto il sistema capitalistico. Le cose stanno davvero così?
Abbiamo posto la domanda allo storico e teologo valdese Giorgio Tourn che è uno dei massimi esperti italiani del pensiero calviniano: autore di diversi saggi sulla Riforma protestante. Tourn ha anche curato l’edizione italiana della Istituzione della religione cristiana, massima opera del teologo ginevrino.


Affermare che Calvino ha inventato o benedetto il capitalismo è una ridicola sciocchezza. Calvino fu un grande biblista ma non si è mai preoccupato di finanza e di economia. L’idea che il successo materiale ed economico possano essere segno di benedizione non si legge in nessuna delle sue opere e pertanto gli viene attribuita a torto, magari citando ad orecchio Max Weber ed il suo famoso “Spirito protestante ed etica del capitalismo”. Se potesse dare un giudizio su Wall Street, Calvino direbbe che il tempio della finanza internazionale è uno dei templi del peccato, uno tra gli altri. E quindi denuncerebbe il punto l’ingordigia e l’egoismo, l’accumulo di denaro che non è frutto dell’attività umana ma della speculazione. Insomma proporrebbe una critica teologia del sistema, certamente non celebrerebbe le magnifiche sorti del sistema capitalistico.

Ma Calvino non condanna la ricchezza.
Calvino non è un eremita che si ritrae nel deserto, non era un frate. Era un avvocato che aveva vissuto nel mondo e perciò a sua parere tutto ciò che attiene al vivere dell’uomo - politica, economia e quindi anche denaro e lavoro, hanno un valenza positiva: sono tutte opportunità donate da Dio se finalizzate al bene dell’uomo. Sporco o peccaminoso non è né il mondo né il danaro ma semmai è l’uomo. Dio chiama l’uomo a progettare una città vivibile e giusta ma lui costruisce Gomorra. Calvino non inventa e non benedice il capitalismo semmai, Bibbia alla mano, delinea un’etica del lavoro diversa da quella preesistente e questa etica favorirà lo sviluppo dell’impresa capitalistica.

Ma lasciando Calvino al ’500, ci dica qualcosa di protestante sulla crisi finanziaria.
La società di oggi non è ne migliore nè peggiore di quella di ieri. Semplicemente è cresciuta e si è complicata e in questo processo si è radicalizzato sia il meglio che il peggio che convivono al suo interno. Da una parte si è consolidata la coscienza del diritto - i diritti universali, il ruolo di organismi come le Nazioni Unite - mentre dall’altro crescono anche le violenze: sociali, economiche, religiose... E questo anche nell’economia dove si esasperano sia il bene che il male. Cresce il benessere dei pochi mentre aumenta la globalizzazione dello sfruttamento.

Ieri il papa ha criticato lo spirito del capitalismo.
Ed il papa ha ragione ma quello che ripete oggi lo aveva già detto Gesù duemila anni fa: l’uomo deve scegliere tra Dio e Mammona, e Mammona non è il denaro: è il signore della ricchezza, della ricchezza ingiusta, della frode e del potere. E se proprio non se la sente di scomunicare gli speculatori come ha fatto con i mafiosi, la Chiesa cattolica farebbe meglio a stare lontana da Wall Street.



Venerdì, 10 ottobre 2008