Il dono del rabbino

di M. Scott Peck

Ringraziamo l’amico Marco Morselli per averci segnalato questo racconto.

La storia racconta di un monastero che stava vivendo tempi difficili. In passato aveva ospitato un ordine importante, ma in seguito a un’ondata di persecuzioni antimonastiche verificatesi nel diciassettesimo e diciottesimo secolo e a una crescente tendenza verso il secolarismo nel diciannovesimo secolo, tutti i suoi conventi secondari erano andati distrutti e l’ordine era rappresentato soltanto dall’abate e altri quattro monaci., tutti ultra settantenni, che vivevano nella cadente abbazia. Era chiaramente destinato a scomparire. Nel fitto bosco che circondava il monastero, si trovava una piccola capanna che un rabbino proveniente da una città vicina usava di tanto in tanto come eremo. Nei lunghi anni di preghiera e contemplazione i vecchi monaci avevano sviluppato una sensibilità quasi paranormale ed erano quindi sempre in grado di dire quando il rabbino si trovava nel suo eremo.
Preoccupato per l’imminente scomparsa del suo ordine, l’abate decise di recarsi all’eremo e di chiedere al rabbino se non avesse alcun consiglio da dargli per salvare il monastero.
Quando l’abate tornò al monastero i monaci gli si radunarono intorno e gli chiesero: «Ebbene, cosa ti ha detto il rabbino?».
«Non è stato in grado di aiutarmi», rispose l’abate. «Abbiamo soltanto pianto insieme e letto la Torà. L’unica cosa che mi ha detto, proprio mentre me ne stavo andando, è stato qualcosa di oscuro. Ha detto che il Messia è tra noi. Ma non so cosa intendesse».
Nei giorni, nelle settimane, nei mesi che seguirono, i vecchi monaci rifletterono su questa frase chiedendosi se le parole del rabbino avessero un qualche particolare significato. Il Messia è fra noi? Voleva forse dire che il Messia è uno di noi monaci qui al monastero? E se è così; chi? Intendeva forse l’abate? Sì, se si riferiva a qualcuno, probabilmente si riferiva all’abate. Ci ha guidati per più di una generazione. D’altra parte avrebbe anche potuto riferirsi a fratello Thomas. Sicuramente fratello Thomas è un sant’uomo. Tutti sanno che Thomas è un uomo illuminato. Certamente non poteva alludere a fratel Elred! A volte Elred è irascibile. Ma a pensarci bene, anche se è una spina nel fianco per tutti, Elred ha praticamente sempre ragione. Chissà se il rabbino non intendesse proprio fratel Elred. Ma sicuramente non fratel Phillip. Phillip è così passivo, una vera nullità. Eppure, quasi misteriosamente, ha il dono di essere sempre presente quando c’è bisogno di lui. Come per magia appare al tuo fianco. Forse il Messia è proprio Phillip. Di certo il rabbino non intendeva me. Non è proprio possibile che intendesse me. Io sono una persona qualsiasi. Eppure se fosse proprio così? Se fossi io il Messia? Oh no, non io. Non potrei essere così importante per Te, non è vero?
Immersi in questi pensieri, i vecchi monaci cominciarono a trattarsi fra di loro con straordinario rispetto poiché esisteva la possibilità, per quanto remota, che il Messia fosse tra di loro. E per la possibilità, ancor più remota, che il Messia fosse ciascuno di loro, ognuno cominciò a trattare se stesso con altrettanto rispetto.
La foresta in cui si ergeva il monastero era stupenda e accadeva che di tanto in tanto arrivassero al convento dei visitatori che venivano a passeggiare per i piccoli viali o per i sentieri, e consumare uno spuntino sul piccolo prato e persino a volte a meditare nella cadente cappella. Così facendo, senza nemmeno rendersene conto, cominciarono ad avvertire l’alone di straordinario rispetto che circondava i cinque vecchi monaci e che da loro irradiava, permeando l’atmosfera del posto. C’era qualcosa di stranamente affascinante, persino irresistibile. Quasi senza saperne il motivo, i visitatori cominciarono a tornare nel convento più spesso a giocare, a pregare, a passeggiare. Cominciarono a portare gli amici per mostrare loro quel posto speciale. E gli amici portarono altri amici.
Accadde così che alcuni tra i più giovani presero a intrattenersi sempre più di frequente con i vecchi monaci. E dopo qualche tempo uno chiese di potersi unire a loro. Poi un altro e un altro ancora. Così, nel giro di pochi anni, il monastero riprese ad ospitare un ordine prosperoso e, grazie al dono del rabbino, tornò ad essere un vivo centro di luce e spiritualità per tutto il reame.


Da: Vivere in pace di M. Scott Peck, Vivere di Pace, Torino Frassinelli 1988.



Venerdì, 14 marzo 2008