Tra le molte considerazioni ragionevoli e condivisibili contenute nel Suo articolo, vorrei segnalare alcuni punti meritevoli di ulteriore approfondimento. Lei scrive: «Il cristianesimo è per sua natura missionario». Bene. Purché ci si ricordi che la missione è partita da Gerusalemme, dagli ebrei della Ecclesia ex circumcisione, e che era rivolta alle genti, non viceversa. Poi prosegue: «E perciò naturale che i cristiani preghino per la conversione del mondo intero, e in particolare per Israele». Lasciando per il momento da parte la questione della conversione del mondo intero, per quanto riguarda Israele non è così. Altro è che i cristiani desiderino che il Messia sia riconosciuto da Israele, altro è che sperino e preghino per la «conversione» dIsraele. Quando Gesù predica: «Shuvù!» (Mt 4,17) (stessa radice di teshuvah) vuol dire: «Ritornate a Adonai Elokim!» e non : «Cambiate religione!», «Smettete di essere ebrei!» «Ripudiate la perfidia giudaica!» come da secoli e in parte tuttora i cristiani ex gentibus credono. Altro è che i cristiani siano testimoni della messianicità di Gesù, anche e innanzi tutto nei confronti dIsraele, altro è che facciano coincidere tale testimonianza con la speranza della apostasia dIsraele. E questo il punto che chiede urgentemente di essere chiarito, perché ebrei e cristiani possano unire le loro forze e operare insieme per il tiqqun del mondo. E un vero e proprio capovolgimento di paradigma a costituire la premessa della venuta, o del ritorno, del Messia dIsraele e dellumanità. In cordiale dialogo, Marco Morselli Roma, 25 adar 1° 5768 1° marzo 2008
Domenica, 02 marzo 2008
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