Levatrici, vestali... parole donne

di Elena Monguzzi

[Ringraziamo Elena Monguzzi (per contatti: eleudiche@tele2.it) per averci messo a disposizione questo brano di prosa poetica. Nella lettera che lo accompagna l’autrice scrive: "l’ho letto pubblicamente in occasione delle celebrazioni di un 25 aprile di quattro o cinque anni fa ed e’ la versione definitiva di una poesia pubblicata col titolo "Parole donne" in I colori delle donne 2002-2003, Librati 2003, Libreria Rinascita, Ascoli Piceno. Lo dedico a tutte le donne, per il loro dopo 8 marzo".

Elena Monguzzi e’ poetessa, docente, traduttrice, impegnata nella societa’ civile, per i diritti umani di tutti gli esseri umani]


Le nostre parole non possono piu’ uscire in melodiosa sordina, nella panna del primo chiaro di luna, mediate e armonizzate dalla bellezza dell’arte; la sordina e’ applicata a una tromba stonata: quella di questi nostri giorni sconvolti.

Le nostre parole devono venir urlate fuori, la bella arte che le governa deve farsi dura, per dare luogo a quell’urlo di queste nostre parole, perche’ esse possano partorire lo sferzante carico di sdegnato sprezzo di cui sono inesauste levatrici in giorni come questi nostri, sconvolti dalla globalizzazione della follia.

Il vile e potentissimo impresario ha comprato tutti i biglietti della rappresentazione del mondo e si gode da solo lo spettacolo di cui e’ artefice e regista. Dai palchi rovescia sul capo di noi, platea fantasma, ceneri di massacri.

Si diverte,

gioca;

gioca sempre, e’ sempre impegnato in qualche gioco di forza e vive degli applausi di chi e’ dentro il grande fratello, mostruoso utero in affitto. E bisogna pagarla questa pigione di plauso,

pena il venire scaraventati nella luce buia di questi nostri giorni, nell’afonia paradossale delle nostre parole, ancora troppo debolmente urlate nel magma indistinto in cui galleggia l’utero dato in affitto a dei miseri di cuore dal signore della giostra.

Lui, quello che vende azioni a Tokyo e compra corpi: fanciulli in Cambogia, adolescenti in qualsiasi periferia;

lui sposta pedine umane da Qandahar a Guantanamo, dalla striscia di Gaza all’inferno, e tiene in iscacco l’Iraq, Baghdad, Sherazade; e tiene in iscacco l’Iran, la Persia, i tappeti volanti dei nostri sogni bambini.

In Africa vende sindrome da immunodeficienza acquisita e non regala farmaci contro.

Del resto non regala per propria natura; per propria natura specula e finanzia;

finanzia mafie spietate, padroni di tutto il resto, terroristi credenti fedeli terroristi.

Sa delle catastrofi sempre prima che accadano, fa in modo che le borse cadano, evoca estorsioni e violente ritorsioni, arma la vendetta con lacrime di coccodrillo,

ingiusto, non conosce il perdono.

Umilia ed offende le donne comprandole infibulandole lapidandole stuprandole vendendole, anche solo relegandole (e immolandole) sugli altari delle nevrosi dell’isteria la’, dove le parole vengono graffiate, incrinate nella loro purezza di cristallo;

queste nostre parole eppure costitutive di mondo,

perche’ le parole siamo noi, vestali della vita

e allora vegliamo cantandole, cantando le nostre parole,

facendone canzoni di basta col silenzio, inni per stroncare i luoghi comuni: orchi di propaganda per silenti angeli di un romantico focolare messosi consumisticamente al passo coi tempi.

Le parole siamo noi, parole donne; vegliamo incarnandole, non soccombiamo agli ammiccamenti patinati di chi ci vorrebbe vergini poco, stolte molto, dedicate alla parvenza q.b.:

la darei io, figlia madre, la mia vita per trenta denari

in questi nostri giorni sconvolti

se solo potessi resuscitare la pacata rivoluzione della luna

a fasciare le ferite della terra

con bende di marea, mestruo fecondo di parole donne.

Tratto da
Notizie minime de
La nonviolenza è in cammino


proposto dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini.
Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac@tin.it

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Numero 389 del 9 marzo 2008



Luned́, 10 marzo 2008