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«Tania e le altre. Storia di una schiava bambina»

di Vanna Ugolini. Prefazione di Lella Costa, Edizioni Stampa Alternativa. (10 euro)


Una ragazzina ammazzata a martellate, un assassino libero di continuare a fare il mercante di schiave, un’indagine internazionale e una provincia che a volte vede, a volte non vuole vedere (ignoranza? convenienza?) le atrocità della porta accanto. Di seguito intervista all’autrice


"Forse avete esagerato... questa volta avete esagerato..." "Aveva rotto il cazzo. Tanto una più, una meno. Così le altre imparano". Con queste parole l’assassino chiuse il discorso con chi, la sera dopo l’omicidio, gli chiedeva il perchè di tanta ferocia sul corpo di una ragazzina. Tania Bogus, schiava-bambina, aveva compiuto da qualche giorno 18 anni quando fu uccisa a martellate dal suo sfruttatore e da un complice, in una notte d’estate nel cuore dell’Umbria, nel luglio del 2000 perchè non voleva prostituirsi. Un delitto feroce, risolto - anche se solo il complice è finito in carcere, l’assassino-sfruttatore è ancora libero - dal punto di vista di vista giudiziario. Ma un delitto simbolico e coinvolgente perchè la morte di Tania è lo specchio della vita delle altre. E in parte riflette anche noi: abitavamo gli stessi luoghi in cui Tania viveva - una stanza d’albergo, un bar, un ristorante, una strada -e non l’abbiamo mai vista. Tania ci ha chiesto aiuto con gli occhi e con la voce, - aveva paura, piangeva - e non l’abbiamo sentita. Nessuno si è mai accorto di lei. Come è potuto succere? E quante altre, come Tania, forse ora in maniera più nascosta e silenziosa, continuano a vivere e a subire violenza nelle nostre città, nell’appartamento di fianco al nostro?

Questo feroce e simbolico assassinio, dunque, che si intreccia con una delle inchieste più importanti, portate a termine, in Italia, contro lo sfruttamento della prostituzione e la riduzione in schiavitù e con la vita di una provincia benestante, Perugia, che a volte vede a volte non vede le atrocità che accadono nella porta accanto. Un libro di denuncia ma anche di speranza.

La struttura del libro.

Primo capitolo. E’ la ricostruzione dell’omicidio di Tania Bogus-Natalia Seremet, una ragazzina moldava ammazzata a martellate dal suo sfruttatore perchè non voleva prostituirsi nelle montagne del Folignate in Umbria. L’autrice ripercorre a ritroso la vita di questa bambina-schiava, sfruttata quando era ancora minorenne, e il tragico tragitto della sua vita, dalla ricerca di un lavoro, al viaggio verso l’Italia, gli stupri, i night umbri, la strada fino alla notte in cui morì. Il capitolo si conclude con le storie delle "altre", ragazze finite nelle mani del racket della prostituzione, che negli ultimi anni a Perugia hanno incontrato violenze, stupri, privazioni di ogni diritto. Con un destino in alcuni casi simile a quello di Tania, in altri, invece, meno drammatico.

Secondo capitolo. Il racket come vicino di casa. Dalla prima operazione portata a termine in Italia, dalla polizia di Perugia, nel 1997, che mise in luce come lo sfruttamento della prostituzione fosse diventato un feroce racket, allo sfruttamento della donne nei locali - con uno spaccato sull’operazione internazionale che, in seguito alla morte di Tania, da Perugia si estese all’Est Europa con circa 200 arresti - fino ad oggi: così le bande che organizzano il traffico di donne si muovono in provincia, come nelle grandi metropoli.

Terzo capitolo. Le risposte, laiche e cattoliche, al racket e alla riduzione in schiavitù. Il progetto Free Women, il progetto West, l’attività di don Benzi.

Quarto capitolo. Da schiave a cittadine, dietro le quinte dell’articolo 18. I primi processi in Italia in cui le ragazze costrette a prostituirsi denunciano - e fanno condannare - i loro sfruttatori. Un commento dei due avvocati della Rete anti-tratta - Progetto Free Women, Maria Antonietta Confalonieri e Alessandra Donatelli Castaldo, che,- primo caso in Italia - sono riusciti a far ammettere il Comune di Perugia parte civile nei processi contro gli schiavisti.

Quinto capitolo. Tra lecito e illecito. Il giro d’affari del racket della prostituzione, le connessioni con l’economia locale, gli scenari futuri che potrebbero delinearsi.

Appendice. A cura di Michele Ciocconi. L’analisi degli annunci economici che riguardano richieste e offerte di prestazioni sessuali a pagamento fatti sul settimanale di settore più diffuso a Perugia.

Ogni capitolo è corredato di dati e informazioni quantitative raccolte, sui vari argomenti trattati, dal 2004 al 2007.




Intervista a Vanna Ugolini, autrice di "Tania e le altre. Storia di una schiava bambina". Prefazione di Lella Costa. Edizioni Stampa Alternativa.

Perché ha scelto di partire nel suo libro-inchiesta da un omicidio avvenuto nel 2000 e ormai risolto?

- Perché la morte di Tania è lo specchio della vita delle altre. E, proprio perché l’omicidio di questa ragazza era risolto dal punto di vista giudiziario, era possibile spostare l’attenzione sul resto, su quello di cui le cronache non avevano parlato: e cioè sul significato simbolico del tragitto tragico della vita di questa ragazza e della sua morte .

Tania, dunque, come simbolo. Di cosa?

- Di una parte di umanità senza diritti né scelta né giustizia che convive ogni giorno con noi, che abita nella porta accanto alla nostra e che troppo spesso non vediamo o non vogliamo vedere. La storia di Tania spazza via tanti luoghi comuni e ci mette di fronte a una realtà durissima: la riduzione in schiavitù di un numero enorme di donne della parte povera dell’Europa e dell’Africa. Con questo non voglio dare giudizi morali sulla prostituzione, non voglio dire che tutte le donne che vendono il proprio corpo sono schiave. Ma il problema che ho affrontato in questo libro è un altro .

E cioè?

- "Tania e le altre" non volevano prostituirsi, volevano lavorare. Non volevano essere violentate, picchiate, non volevano avere un bambino né essere costrette ad abortire. Volevano una vita diversa, migliore. Volevano avere la possibilità di fare una scelta. Il destino di Tania ci insegna che i grandi cambiamenti storici non passano poi tanto distante da noi. A volte ci sfiorano, altre volte deflagrano nella nostra vita obbligandoci a cambiarla o a subirli .

E la società non vede, non sente, non vuole vedere e sentire?

- Tania ha urlato il suo dolore, in tanti l’hanno sentita ma nessuno ha mosso un dito. Tania aveva 17 anni quando è finita nelle mani di un aguzzino sadico e violento, aveva paura. Nessuno l’ha consolata, rassicurata, tantomeno difesa. Ha chiesto aiuto, ha ricevuto in cambio i soldi di chi ha comprato il suo corpo. Tania ci è passata vicino, l’abbiamo guardata senza vederla. E’ vissuta insieme noi, forse l’abbiamo sfiorata in un negozio, senza mai renderci conto della sua disperazione né della sua condizione. Questo sta succedendo oggi, con Tania e le altre: non siamo in grado di distinguere, non ci rendiamo conto fino in fondo, o non vogliamo farlo, di quello che sta succedendo .

Nel suo libro c’è anche la richiesta di una qualche giustizia per questa giovane donna.

- Tania non ha avuto alcuna giustizia da viva e nemmeno da morta. La sta ancora aspettando. Il suo corpo è rimasto nove mesi in una cella frigorifera dell’obitorio prima che potesse essere sepolta nella sua terra. Il suo assassino è ancora libero, nessuno ha fatto appelli per lei, nessuno ha chiesto che le ricerche fossero intensificate. Lui è un uomo libero e non c’è motivo di credere che abbia cambiato il suo mestiere. Probabilmente continuerà a fare lo schiavista, a violentare e privare di tutti i diritti altre ragazze da qualche altra parte del mondo .

Quindi non ci sono speranze per le tante "Tania" che arrivano in Italia?

- La speranza viene sempre da Tania. La sua morte ha, in qualche modo, accelerato una inchiesta importante che ha portato a centinaia di arresti e alla liberazione di una trentina di ragazze che erano costrette a prostituirsi nei locali o per la strada. Il processo, però, dal 2001 non è ancora stato celebrato. E si è scoperto recentemente che alcune persone che erano state arrestate all’epoca, nella prima inchiesta, avevano ricominciato a ridurre in schiavitù ragazze e a farle prostituire. La speranza viene da tutte quelle persone che affrontano questi problemi per lavoro, ma che in questo lavoro mettono molto più che un semplice impegno professionale .

Nella seconda parte del libro lei parla di Perugia, una città di provincia in cui il racket della prostituzione ha avuto una presenza forte, ma anche una città che è stata in grado di dare delle risposte forti.

- Negli ultimi dieci anni Perugia è stata al centro di grandi cambiamenti. Alcuni inevitabili, altri intrinseci, legati alle modalità di sviluppo economico e urbanistico e anche alle scelte politiche e sociali che sono state fatte. Intanto, sfaterei il luogo comune "provincia felice". Il crimine, oggi, non conosce legami territoriali, è spesso, stando alle statistiche, un crimine che parla straniero e che, anzi, nelle province come Perugia storicamente a basso tasso di criminalità, ha trovato un accesso facilitato, senza "barriere all’ingresso": non si è dovuto scontrare o entrare a patti con nessun’ altra forza criminale. Detto questo ogni provincia in qualche modo interessata dal fenomeno criminale, ha dato le sue risposte, ha tirato fuori i suoi "anticorpi" .

Perugia quali anticorpi ha tirato fuori?

- Perugia è sicuramente da questo punto di vista una città dei "record". E’ stato a Perugia che si è conclusa la prima indagine in Italia con l’accusa di associazione a delinquere per sfruttamento della prostituzione. Il Comune di Perugia è stato il primo a costituirsi parte civile contro gli sfruttatori, a sostenere le ragazze nel percorso giudiziario di denuncia. Il progetto Free Woman funziona molto bene e tante indagini sono andate a segno, compresa, appunto, quella in cui è rimasta vittima Tania. Ma, come si dice, contro il racket non bisogna mai abbassare la guardia 

E, adesso, la guardia si è abbassata?

- Ci sono state e ci sono ancora indagini in corso molto importanti e la risposta delle forze dell’ordine è stata spesso efficace. Ma, va detto, che il racket ha sempre cercato di adeguarsi per non avere problemi e non perdere guadagni. La gente protestava perché c’erano troppe prostitute per strada? Man mano, molte ragazze sono state fatte prostituire in casa. E mentre da decenni in parlamento si discute se e come modificare la legge Merlin, sul sì o il no alle case chiuse, in realtà se non proprio i quartieri a luci rosse modello Amsterdam, a Perugia (e probabilmente anche da altre parti), ci sono già i palazzi a luci rosse, abitati, ormai, quasi interamente, da ragazze che si prostituiscono o sono costrette a prostituirsi. Questo ha in parte calmato gli animi di molte persone che vedono lo sfruttamento della prostituzione soprattutto come un problema di decoro. E, forse, sta anche facendo guadagnare qualcuno .

Guadagnare chi? E come?

- Le indagini hanno via via dimostrato che nelle bande di sfruttatori arrestati c’erano spesso anche degli italiani che non avevano un ruolo diretto nella gestione delle ragazze ma che fornivano una copertura al racket: facevano i prestanomi, gli autisti, fornivano alloggi e così via. Una sorta di "tuttofare" del racket. Bisogna chiedersi non solo quanto lo sfruttamento della prostituzione toglie ad una città in termini di sicurezza e di dignità, di decoro ma anche quanto dà. Più l’intreccio tra economia reale e sommersa è forte, o, comunque, più si allarga e diventa confuso il confine tra lecito e illecito, più lo sfruttamento della prostituzione - che spesso, troppo spesso, lo ripeto, è riduzione in schiavitù - viene tollerato .

Collusioni, patti d’affari?

- Non intendo dire che ci sia una collusione, un patto d’affari di una parte della città con la malavita. Però queste zone indefinite esistono. Credo, stando anche agli elementi che ho raccolto durante il mio percorso professionale e le ricerche svolte per il libro, che questo sia un fenomeno complesso, in cui giocano tante variabili. E una delle tante chiavi di interpretazione del fenomeno sta anche nello sviluppo urbanistico della città, che ha completamente snaturato la struttura di alcuni quartieri periferici, altri ne ha fatto lievitare: una certa periferia di Perugia non è diversa da quella delle grandi città, con tutti i problemi che, poi questo sta creando. Questo significa anche, ad esempio, che c’è una grande disponibilità di appartamenti anonimi che possono essere affittati, per la stragrande maggioranza dei casi in nero, permettendo così, al racket di sistemare al meglio le ragazze .

Allora, cosa bisognerebbe fare?

- Intanto, arrestare Victor Lala. Per Tania e per le altre. In secondo luogo vanno fatti interventi sia repressivi sia preventivi di lungo respiro. Il problema della riduzione in schiavitù di queste ragazze non è un’emergenza, è un dato di fatto, una realtà, un cambiamento storico in atto. Va affrontato, quindi, con strategie durature e su più fronti. Per questo, oltre a tutto quello che si sta facendo, sarebbe interessante, secondo me, far partire un’indagine seria e mettere sotto sequestro gli appartamenti affittati in nero a chi li usa per commettere reati, dallo spaccio allo sfruttamento della prostituzione, appunto .

Potrebbe essere un deterrente, ritiene?

- Almeno fino a quando il racket non disporrà di immobili di proprietà. Fino ad allora, lo ritengo un deterrente importante perché un cittadino che si vede sequestrare un bene per mesi e, quindi, tagliare una fonte consistente di reddito, starebbe ben attento prima di darlo in locazione. Infine è comunque importante alzare, in ogni settore il livello di legalità, perché anche le istituzioni, la città possano fare "barriera" contro l’insediamento del racket e che ci sia una continuità e comunanza d’intenti fra le istituzioni, le forze di polizia, il cittadino. Un cittadino che vuole denunciare situazioni poco chiare o vuole capire o protestare deve poter avere un riferimento riconoscibile, istituzionale. Altrimenti i risultati sono le petizioni, le chiusure, gli scontri, le retate, tutti interventi che non hanno effetti nel tempo. Il problema della riduzione in schiavitù e dello sfruttamento delle donne, lo ripeto, ci riguarda, va affrontato seriamente, con progetti a lungo termine, anche a costo di essere impopolari .



Venerdì, 22 giugno 2007