Gli attacchi alla Legge 194
«Sono preoccupata del clima culturale e politico»

di Agenzia Nev del 20-2-2008

La moderatora della Tavola Valdese, Maria Bonafede, scrive a Silvana "come donna e come cristiana"


Roma (NEV), 20 febbraio 2008 - Pubblichiamo di seguito la lettera aperta a Silvana, vittima di un’irruzione della polizia mentre si sottoponeva ad un aborto terapeutico a Napoli, della pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola valdese.
Cara Silvana, mi permetto di scriverle una lettera aperta perché ho visto che lei ha inteso dare pubblicità a quello che le è accaduto nell’ospedale policlinico di Napoli.
Lo faccio come donna e come credente, innanzitutto per esprimerle la mia vicinanza in un momento difficile della sua vita, reso ancora più intollerabile da una violenta irruzione nel suo dolore da parte di chi dovrebbe garantire protezione e giustizia.
Mi permetto di scriverle perché sono molto preoccupata del clima culturale e politico nel quale si è consumata la vicenda che la riguarda: la sua dignità ed il suo diritto a compiere una scelta certo sofferta e meditata, sono stati violati nel momento in cui qualcuno ha voluto politicizzare il tema della legge 194 e in particolare il riconoscimento dell’autodeterminazione della donna in materia di aborto volontario.
Mi amareggia che tutto questo venga spesso motivato nel nome di valori cristiani: al centro della mia fede in Gesù Cristo, infatti, non c’è una norma o un principio, ma l’attenzione alla singola persona e la pratica dell’amore e della compassione. Quell’amore e quella compassione che le sono stati negati nei giorni scorsi e che, prima dell’approvazione della legge 194 (e della sua conferma con il referendum popolare del 1981) erano negati a tutte le donne che si trovavano, spesso in solitudine, nella drammatica e rischiosa condizione di dover ricorrere all’aborto clandestino.
Noi sappiamo che ogni scelta umana è segnata dal limite e dal peccato, perché puro e santo è solo il Signore. A noi è dato però di operare scelte parziali, con responsabilità, amore e spirito di condivisione. E’ questa comprensione dell’evangelo, gentile Silvana, che oggi mi porta vicino a lei e alle tante donne che, invece di solidarietà e rispetto, incontrano perentori giudizi senza appello.
Come donna e come cristiana so che l’esperienza della vita che nasce dentro di noi è una infinita grazia del Signore; per questo credo che ci si debba impegnare seriamente nella diffusione di una cultura della contraccezione, che avvii alla procreazione cosciente, voluta e responsabile. Ma al tempo stesso so che la vita ci pone sfide e problemi enormi che non possono essere risolti con una brutale semplificazione: che cosa significa amare di fronte a un feto malformato? E’ una domanda che ogni genitore si è posto mille volte ed alla quale non credo si possa dare una risposta univoca e assoluta. Per questo, come pastore, non salgo su una cattedra a giudicare una scelta difficile e dolorosa, ma mi pongo al fianco di chi sta soffrendo, con simpatia e nella preghiera.



Venerdì, 22 febbraio 2008