UN POMERIGGIO CON MARIA G. DI RIENZO

di Diana Napoli

[Ringraziamo Diana Napoli (per contatti: e-mail: mir.brescia@libero.it, sito: www.storiedellastoria.it) per questo intervento. Diana Napoli, laureata in storia presso l’Universita’ degli studi di Milano, insegna nei licei, e’ stata volontaria in servizio civile presso il Centro per la nonviolenza di Brescia.

Maria G. Di Rienzo e’ una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell’Universita’ di Sydney (Australia); e’ impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta’ e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell’islam contro l’integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu’ ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e’ in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81]


Maria G. di Rienzo il 21 ottobre ha passato un pomeriggio al centro per la nonviolenza di Brescia e io credo di non averla ancora sufficientemente ringraziata: non solo per le ore che mi ha concesso, non solo perche’ la sua presenza e’ stata uno spiraglio di umanita’, la manifestazione di un modo tutto particolare di approcciarsi alla gente e sorridere degli inconvenienti (in primis quelli tecnici - della registrazione del nostro colloquio - che hanno perduto le parole che avrebbero dovuto conservare fedelmente), ma soprattutto perche’ quel che mi ha raccontato in un pomeriggio domenicale mi ha costretta a rivedere tutti i miei pregiudizi da studiosa accademica facendomi toccare con mano, e commuovendomi, una storia che per un motivo o per l’altro, mi ero sempre lasciata sfuggire tra le mani.

Valga confessarlo, io non mi ero mai sentita, intellettualmente e culturalmente, vicina al movimento femminista perche’ lo consideravo solo nei suoi aspetti accademicamente conoscibili: tra teoria di genere e democrazia io non mi sono mai sentita a mio agio.

E invece ho dovuto constatare che nulla di tutto questo e’ piu’ lontano dalla concretezza di una lotta femminista come quella che conduce Maria di Rienzo che ha esordito proferendo una frase che nella sua semplicita’ e’ assolutamente disarmante: la mia battaglia finira’ quando sapro’ che una donna e’ considerata un essere umano.

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E per capire com’e’ lontano questo traguardo abbiamo iniziato dal nocciolo della questione: dal nodo piu’ irrisolto della violenza domestica che contiene gli aspetti piu’ subdoli di un sistema violento che non rientra in nessuno schema sociologico o antropologico tanto l’ambiguita’ di questo tipo di vessazione ha saputo scombinare ogni logica di vittime e carnefici. Strette, le donne, tra una "sindrome della crocerossina", il senso di colpa e il mito del grande amore, e’ prima di tutto psicologicamente che la spirale della violenza le avvolge, annebbiando la capacita’ di comunicare il proprio disagio all’esterno a causa della poca stima di se’, dell’assenza di considerazione per se’, in quanto esseri umani, che e’ il primo risultato di quelle scenette insensate che si consumano tra le mura domestiche. Da dove si parte? Gli interventi istituzionali sono auspicabili (una legislazione adeguata, un maggiore sostegno da parte delle istituzioni alle case e associazioni per le donne), ma non e’ sufficiente questo per considerarsi degli esseri umani di nuovo.

Per guardarsi negli occhi, uomo e donna, "ciascuno forte della sua forza". E questo e’ il compito della solidarieta’ che e’ una caratteristica umana trasversale a ogni societa’: e si puo’ partire dai villaggi africani formati da ripudiate, o da quelli costituiti dalle donne ferite e mutilate dalle guerre, in cui la forza della consapevolezza di se’ e’ riuscita a ricostruire quello che anni di conflitti avevano distrutto, ovvero la possibilita’ di pensare, costruire e realizzare un avvenire che fino a pochi anni prima magari non si sarebbe osato immaginare nemmeno nei sogni piu’ nascosti.

A questo serve il femminismo: non alle teorie politiche o non solo ad esse, ma a raccontare e non stancarsi di scrivere e tradurre tutto quel che accade nel mondo nella speranza che i contorni per le donne di un avvenire diverso non siano solo quelli costruiti dagli standard occidentali di liberazione cosi’ minuzionsamete e teleologicamente descritti in qualche libro di storia e in cui siamo abituate a pensare, ma acquistino una dimensione semplicemente umana, fatta di semplici consapevolezze umane, che ogni donna, appunto, venga considerata un essere umano.

E questo perche’ non esiste una liberazione presunta fatta di contenuti: essa non e’, piuttosto, sufficiente. Esistono solo nel mondo le diverse e singole donne che lottano per la propria dimensione umana, piu’ profonda e al di la’ di qualunque sistema. La storia di queste donne e’ quella che io ho conosciuto grazie a Maria di Rienzo, perche’ le cerca e le trasmette a tutti e io, grazie ad esse, ho compreso che sono storie non di persone e non di esseri umani, ma, res sic stantibus, di un livello precedente, di una consapevolezza diversa: appunto, storie di donne e basta.

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Parte del tempo, il 21 ottobre, lo abbiamo dedicato anche alla letteratura: quella di fantascienza innanzitutto, di cui Maria di Rienzo e’ esperta lettrice e scrittrice, ma anche una certa poesia di cui abbiamo celebrato i domenicali funerali. Sul primo versante sono proprio digiuna, sul secondo anche ma qualcosa potrei pur dire e dunque vorrei dedicarle questi versi che, pure scritti da un uomo, ovvero il mio poeta preferito, io ho sempre pensato potessero appartenere a una donna, una di quelle donne le cui storie lei ci racconta:

"A te nelle non-/ giunte mani/ soppesata:/ della mia disperazione/ silenziosa pazienza".

"Quando tu fai scorrere il sogno, vicino alla barca/ sotto la scheggia di luna, lungo il bordo/ della vita, in quest’ora/ di relitti. Nulla/ pendeva nel picco, tanto/ tu eri in pericolo".

Tratto da
NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
Supplemento settimanale del giovedi’ de
La nonviolenza è in cammino

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Numero 137 del 2 novembre 2007



Sabato, 03 novembre 2007