Rifugiate
Persecuzione di genere

di Theresa Braine ( trad. M.G. Di Rienzo)

Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per averci messo a disposizione questa sua traduzione.
Theresa Braine, giornalista indipendente, si occupa di preferenza delle istanze relative ai migranti. Ha scritto per Newsday, People, The Associated Press. 29 luglio 2007


Montreal, Canada. Oumou Toure guarda intensamente la figlioletta di due anni, Fanta, che giocherella in giro con addosso i pantaloncini rosa e la camicetta a fiori: le tre ciocche di capelli le sventolano attorno alla testa. Il figlio di Toure, John, di dieci mesi, russa lievemente in una carrozzina.

Seduta nell’ufficio del suo avvocato, in un giorno di luglio, la ventiquattrenne madre single si gode la vittoria legale raggiunta per un pelo, quella che le ha permesso di scampare alla deportazione nella nativa Guinea. Il 9 giugno u.s., il Dipartimento canadese per la cittadinanza e l’immigrazione ha garantito a Toure la residenza permanente in Canada per ragioni umanitarie. Si trattava del suo terzo tentativo di ottenerla.

Sebbene la decisione non abbia valore di precedente legale, mostra che il governo ha “riconosciuto la non accettabilità” di rimandare la figlia di Toure in Guinea, dove la bimba avrebbe dovuto fronteggiare la minaccia di una mutilazione genitale. “E’ nostra speranza che altre donne non debbano sostenere lo stesso tipo di lotta, in futuro.”, dice il suo avvocato, Richard Goldman.

Un crescente numero di donne sta richiedendo asilo nei paesi occidentali per sfuggire alla persecuzione di genere. Come paese firmatario, nel 1951, della Convenzione NU di Ginevra relativa allo status dei rifugiati, il Canada la applica nel permettere di restare alle donne che sono a rischio di mutilazione genitale (o FGM), dice Nancy Doray, avvocata per i migranti a Montreal. Doray ha contribuito a delineare le linee guida nazionali rispetto ai rifugiati, che l’ufficio statale relativo ha redatto nel 1993, ed aggiornato nel 1996.

Il governo non tiene statistiche sulle ragioni che determinano l’accettazione o il rigetto delle richieste di cittadinanza. Le linee guida includono i criteri per l’accettazione della richiesta di asilo basata sul timore di persecuzioni di genere, incluse la violenza domestica, l’impunità dello stupro e le FGM, che vanno dalla rimozione della clitoride alla cucitura dei genitali e persino alla rimozione completa dei genitali esterni. La pratica causa problemi di salute ben oltre la mutilazione, come tassi di mortalità materna ed infantile più alti. “Penso che il Canada sia stato un paese leader rispetto alle istanze delle donne ed alla legge sui rifugiati già prima della redazione delle linee guida. E’ stato fatto uno sforzo reale per comprendere i problemi che affliggono donne e bambini.”, aggiunge Nancy Doray.

Nondimeno, la lotta di Oumou Toure con il sistema di immigrazione canadese, per quanto coronata da successo, mette in luce gli ostacoli che le donne richiedenti asilo possono dover affrontare. Doray sostiene che è difficile, per esempio, provare che una donna è a rischio di FGM se nel paese la pratica è illegale, perché bisogna dimostrare che la legge viene disattesa.

L’avvocato Goldman dice che la sua cliente era chiaramente traumatizzata la prima volta che s’incontrò con lui, sia per la violenza subita in Guinea, sia per lo stess del conflitto legale. “Quando ci incontrammo, e tenete conto che sono abituato a trattare con persone che sono in condizioni di stress, lei non riuscì a parlarmi, rimase zitta per un’ora. Perciò posso solo immaginare quanto male andasse la sua vita prima.”

A volta, l’Ufficio per l’immigrazione respinge una richiesta sostenendo che il richiedente non appare in pericolo di subire violenze in futuro. Nel caso delle mutilazioni genitali, dice Goldman, ciò implica che se sono già state praticate non vi può essere danno futuro. La bimba di Toure non era ancora nata al momento della sua richiesta d’asilo, perciò l’istanza non era estesa a lei. Alla fine, però, Toure ha ottenuto il diritto di restare argomentando che, se fosse stata mandata indietro, c’era l’altissimo rischio che la sua bambina venisse mutilata come era accaduto a lei a 19 anni, che aveva subito la pratica dalle mani della sua matrigna, la mutilatrice ufficiale della comunità. Fino a che la madre di Toure era stata viva, aveva protetto la figlia dalle mutilazioni. Ma Toure non aveva potuto far nulla contro la nuova moglie di suo padre, che era assai violenta nei suoi confronti e stava organizzando per lei un matrimonio forzato.

La mutilazione genitale femminile è praticata a livello estensivo in ventotto paesi africani, così come in alcuni paesi dell’Asia e del Medio Oriente, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità, che stima vi siano due milioni di bambine a rischio ogni anno. La Guinea, in cui le FGM sono illegali, ha ancora una percentuale di mutilate che tocca il 99%: le bambine subiscono l’intervento, generalmente, fra i 4 e i 12 anni.

“Non posso dimenticare quel che accadde.”, racconta Toure, a cui l’intervento è stato praticato senza anestesia, “Mi fa male ogni volta che ci penso.” Toure ha problemi fisici relativi alla mutilazione, fra cui mestruazioni estremamente dolorose. In Guinea aveva una sola alleata, la sorella di sua madre. E’ stata questa zia ad aiutarla a fuggire dal paese nel 2003, con la scusa di un fine settimana di vacanza in Senegal, dove la mise in contatto con un’amica che stava per andare in Canada. Giunta a Montreal, Oumou Toure fu incarcerata per un mese, poiché era priva di documenti di identità. Immediatamente fece richiesta di asilo, citando gli abusi a cui era sottoposta. Dopo aver perso la prima causa, la giovane donna ripeté la richiesta due volte, sempre senza risultato. Il rifiuto definitivo pervenne a Toure nel settembre 2006, il che implicava che sarebbe stata deportata.

“La nostra battaglia era tutta in salita,” fa notare l’avvocato Goldman, “perché le era stata rifiutata anche quella che in genere è l’ultima possibilità.” Tuttavia essi presentarono una nuova domanda nel dicembre 2006, sottolineando maggiormente i rischi che la bambina di Toure correva. In maggio, fu notificato che la deportazione sarebbe avvenuta durante la prima settimana di luglio.

“Quando i funzionari dissero che dovevo tornare indietro non facevo che piangere, per tutto il tempo, per la mia piccola: sapevo esattamente cosa le sarebbe accaduto.”, dice la giovane donna, “Piangevo e basta, e dovevo prendere sonniferi per riuscire a dormire.”

L’avvocato chiese che vi fosse almeno una dilazione al fine di poter esaminare la nuova richiesta: “Il tempo per avere una risposta è in genere di un anno e mezzo. Avevamo inoltrato la domanda nel dicembre 2006, e Toure sarebbe stata deportata nel luglio 2007.”, racconta Goldman. In più, egli chiese alla Chiesa Unitaria, che ha dato vita al Comitato di aiuto per i rifugiati, di intervenire direttamente con la Ministra per la cittadinanza e l’immigrazione Diane Finley. Tre settimane più tardi non avevano ancora ricevuto una risposta dal Ministero. “Sentivamo di non avere scelta: indicemmo una conferenza stampa il 6 giugno. E non erano ancora trascorse due ore dal nostro incontro con i giornalisti che ricevemmo la chiamata dall’Ufficio competente: venite per un incontro, vogliamo parlare del caso. L’incontro avvenne l’8 giugno, ed il giorno successivo ricevemmo la decisione finale.”

Al sicuro in Canada, Toure ha trovato ciò che lei chiama “una vita normale”. Vive con due compagne, connazionali, in una casa di quattro stanze. Il suo nuovo status le garantisce cure gratuite per i figli e un permesso di lavoro. Toure vuole studiare per diventare infermiera. “Continuo a guardare le carte che mi hanno dato, per essere sicura che siano reali. Non vorrò mai tornare indietro, preferirei morire che tornare. Non c’era altra possibilità, per me, che restare qui.”

Maggiori informazioni:

UNICEF: http://www.unicef.org/protection/index_genitalmutilation.html



Lunedì, 30 luglio 2007