Pianeta donna
Un commento sulla manifestazione di Roma da chi non c’era

di Monica Lanfranco

Le modalità della contestazione non sono marginali e devono farci riflettere


Riprensiamo questo articolo dal sito "Il paese delle donne - on line" ( http://www.womenews.net/spip3/spip.php?article1244

Sono anche contenta di non esserci stata, fisicamente, perché per quanto piccole, definite marginali e risibili, le modalità delle contestazioni ad alcune donne, politiche definite di professione di sinistra e di destra mi avrebbero vista non solo intervenire a loro difesa (anche fisica) ma mi avrebbero rovinato la giornata, ed ovviamente è meglio poter evitare di spendere energie e denaro (che non ho, entrambi) a tanti kilometri da casa.

Sono contenta che l’adesione della manifestazione sia stata grande, sono contenta che tante donne che conosco (alcune hanno attivamente lavorato per costruirla) e alle quali voglio bene siano entusiaste di come è andata. Sono anche contenta di non esserci stata, fisicamente, perché per quanto piccole, definite marginali e risibili, le modalità delle contestazioni ad alcune donne, politiche definite di professione di sinistra e di destra mi avrebbero vista non solo intervenire a loro difesa (anche fisica) ma mi avrebbero rovinato la giornata, ed ovviamente è meglio poter evitare di spendere energie e denaro (che non ho, entrambi) a tanti kilometri da casa.

Ma ho visto le immagini della diretta della emittente la7, ho anche seguito la preparazione della manifestazione attraverso i racconti di alcune amiche che stavano a Roma nelle scorse settimane, e vorrei condividere qualche riflessione, che faccio qui come femminista nonviolenta e come giornalista. C’erano già stati, proprio nei racconti delle amiche che partecipavano alle riunioni organizzative romane, aspetti che non condividevo e non condivido su come è stata costruita.

Ho trovato involutivo e regressivo il fatto che abbiano avuto tanto peso posizioni di divieto di presenza di uomini al corteo, un atteggiamento per me inequivocabilmente sessista, infantilmente e sterilmente capriccioso e politicamente sbagliato: se l’obiettivo è svelare la pervasione della violenza nella società, arrivare alle donne, tutte le donne, e comunicare con loro che la nostra libertà, benessere, sicurezza e felicità sono una priorità sociale e culturale non si può escludere nessuna donna (e nessun uomo) che si dichiarino disponibili ad aderire a questo processo di cambiamento.

Ricordo soltanto che uno dei capisaldi dell’analisi femminista è stata la dolorosa ma coraggiosa presa di parola sulla consapevolezza della presenza profonda e ambigua della complicità, con il silenzio assenso, o con la attiva trasmissione, del pregiudizio sessista proprio da parte delle donne stesse, in primo luogo della madri.
Avrebbero dovuto stare fuori dal corteo le madri? Solo quelle di figli maschi, o magari anche quelle di figlie femmine?
Chi ha la patente per giudicare il tasso di purezza femminista di chi?
Le donne lesbiche sono più femministe delle altre perché rifiutano il contatto sessuale con gli uomini, anche quando (ne ho esperienza diretta) alcune condividono posizioni che potrebbero ad ogni buon conto definirsi di destra come la bontà del porto d’armi per difendersi dallo stupro, o la pena di morte per chi violenta, o la giustezza della guerra in certi casi?
Come si può bene capire le questioni sono complicate, molto, e mi pare aggravate dal fatto che nella urgenza di proclamarsi ’radicali’ e indipendenti dalla politica tradizionale si sia corso il rischio di perdere il senso profondo, invece, dell’emergenza culturale nella quale siamo immerse. Quanto abbiamo passato, noi femministe degli anni 70 e 80, alle giovani che ieri erano in strada a Roma, della alterità del movimento politico femminista alle pratiche di violenza?

Me lo chiedo, ve lo chiedo, perché sono davvero convinta che lo spazio di alterità e di novità dei femminismi del ’900 sia stato proprio quello di modificare in modo radicalmente nonviolento le realtà collettive là dove ha saputo e potuto agire.
Non c’è legge approvata a favore delle donne che non abbia anche favorito il benessere maschile, e negli ultimi tempi, piaccia o no, è stata anche la convergenza in Parlamento di donne di partiti e visioni politiche diametralmente opposte a farle approvare, non ultima quella che ha eliminato in Italia la vergogna della rubricazione dello stupro come reato conto la persona, e in Spagna la legge contro la violenza in famiglia, voluta dalla sinistra zapaterista ma approvata anche con il consenso delle donne della destra.

E qui ecco il capitolo ’antifascista’ della manifestazione. A chi ha pensato che fosse una buona idea mettersi a gridare contro Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna, dando loro una ribalta mediatica gratis, e chi ha mandato a dire ad Alessandra Mussolini di non farsi vedere (cosa che sa tanto di avvertimento mafioso) vorrei dire che lo stile ultras molto in voga purtoppo anche tra le donne stona a parecchio con lo spirito, le pratiche e la storia dei femminismi.
Magari si potesse tagliare di netto con una bella riga che segna il di qua e il di là della purezza antifascista: nessuna sa che la migliore legge mai presentata in Parlamento circa le adozioni(compresa la genitorialità omosessuale) ha come prima firmataria la Mussolini? nessuna sa che fu lei, e non Livia Turco che poi aderì con tutte, dico tutte le parlamentari, a invitare le colleghe a entrare in aula alla Camera con una maglietta con la scritta: "Giù le mani dalle donne", iniziativa che le vide, tutte, sentirsi dare della troie da parte di molti onorevoli presenti?

Ho sentito qualcuna che diceva che chi partecipa al family day doveva aspettarsi di essere contestata: dunque la violenza in famiglia non sfiora i nuclei che votano a sinistra? e le donne, poche ma presenti in corteo, di fede musulmana, che magari portano il velo, e quindi aderiscono anche visivamente alla ’modestia’ di stampo patriarcale, sono meglio delle cattoliche perché la loro religione oggi si posiziona maggiormente nella porzione delle vittime?
Quello che penso è che queste, e altre contraddizioni presenti ieri, per fortuna evidenziate in brevi ma significative espressioni di stupidità, non debbano essere rubricate come marginali, ma ci aiutino a riflettere sulle priorità. Ringrazio Imma Battaglia per avere subito stigmatizzato le intolleranze e chiesto scusa.

Se la priorità è quella di far uscire davvero dal cono d’ombra e dal silenzio il fenomeno della violenza contro il genere femminile allora tocca andarsi a riprendere il testo di Robin Morgan Il demone amante , nel quale con lucida spietatezza si tratta della complicità e fascinazione femminile con la violenza (patriarcale) incarnata dal mito dell’eroe rivoluzionario.
Come se l’antifascista militante fosse meno manesco e sessista del cattolico integralista, come se i duri e le dure e pure dei senza se e senza ma contro la guerra non trasformassero le perentorità in ’forse’ e ’però’ quando si parla di inviolabilità del corpo femminile (ricordate la puntura simbolica sul clitoride?) e di simboli religiosi; come se nessuno dei ’compagni’ fosse turista sessuale (specie gli assidui di Cuba) e come se potessimo fare a meno delle ’politiche di professione’ (non facendo dei distinguo che quantomeno sono ingenerosi, se non ingiusti, nei confronti di donne che stanno lavorando bene e che vanno sostenute, anche in Parlamento).

La violenza non si contiene propagandandola, in alcun modo, scrive Vandana Shiva, e per farlo è indispensabile uscire dalla logica amico/nemico, che sta alla base della dinamica e del linguaggio bellico; “una risata vi seppellirà”, si scriveva pur nei bui anni ’70. Una risata, non spintonamenti e urla contro un’altra donna, per quanto avversaria.

25 novembre 2007



Martedì, 27 novembre 2007