Pianeta donna
Gli Europei lo fanno meglio

di Katha Pollitt

Per The Nation, marzo 2007, trad. M.G. Di Rienzo


Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per averci messo a disposizione questa sua traduzione.
Katha Pollitt è giornalista, scrive per “The Nation” dal 1980, ma suoi articoli sono apparsi anche su “The New Yorker”, “Harper’s Magazine”, “Ms.” e “The New York Times”. I pezzi scritti per la sua rubrica su The Nation, chiamata “Subject to Debate”, sono stati raccolti nel 2001 in un libro dallo stesso titolo, ovvero “Soggetto di cui discutere: senso e dissenso su donne, politica e cultura”


Ottenere qualcosa di meglio per le madri è stato in cima all’agenda femminista per decenni, anche se non verrete mai a saperlo dato il modo in cui il movimento delle donne viene sempre accusato di attaccare le donne che hanno figli.
Perciò è ironico che ciò che sta infine spingendo alcuni governi ad agire sia il desiderio di aumentare i tassi di fertilità. Lo scopo è far nascere la prossima generazione di lavoratori, e lavoratori “etnicamente corretti” per di più, non quelli problematici come i migranti.
Sharon Lerner ha fatto notare sul New York Times Magazine (“The Motherhood Experiment,”, 4 marzo) che i tassi di fertilità, cioè il numero di figli per donna, sono caduti sotto il livello di rimpiazzo in 90 paesi, inclusi quelli robustamente cattolici come l’Irlanda (1,9), la Spagna (1,3), l’Italia (1,3) e il Portogallo (1,4). Persino il molto strombazzato aumento della popolazione statunitense è per lo più frutto dell’immigrazione (l’attuale tasso di fertilità è 2,0).
Mentre i politici in Giappone (1,3) sembrano fatalmente inclini a castigare le donne quali recalcitranti “macchine per fare bambini”, i governi europei hanno cominciato a chiedersi se rendere la vita migliore alle madri lavoratrici funzionerebbe meglio.
Nel mondo moderno, i modi tradizionali di produrre vaste famiglie (matrimoni precoci, mancanza di controllo sulle nascite, propaganda religiosa, pressione della comunità, negare istruzione e impieghi alle donne) non vanno tanto bene, soprattutto quando si accoppiano all’alto costo del vivere in numerosi paesi “sviluppati”. Anche in quei paesi che al confronto vengono definiti conservatori, come la Grecia (1,3), le giovani donne vanno all’università, lavorano e pospongono il matrimonio, proprio come i giovani uomini hanno fatto per anni.
Sharon Lerner nota anche che i paesi con le famiglie più rigidamente patriarcali e con maggior sessismo sui luoghi di lavori sono quelli che presentano i tassi di fertilità più bassi. Questo dovrebbe dire qualcosa al Congresso mondiale delle famiglie, quando si incontrerà a maggio a Varsavia. Fondato dall’ideologo della destra Allan Carlson, propugnatore dei “valori familiari”, il Congresso inveisce contro l’interruzione di gravidanza, le unioni fra persone dello stesso sesso e il laicismo, e promuove grandi “famiglie naturali” e “ortodossia religiosa”. Non ho avuto l’impressione che le mamme lavoratrici fossero in agenda.
Se la paura del calo di popolazione risulta in congedi parentali, miglior assistenza ai bambini e più sostegno alle carriere delle madri, non sarà la prima volta che i governi fanno qualcosa di giusto per le ragioni sbagliate. Ma non è strano spingere per una crescita della popolazione nel mentre ci torciamo le mani sul surriscaldamento globale, sui danni ambientali, sull’estinzione di specie e sul diffondersi scomposto dell’urbanizzazione?
Le NU stimano che nel 2050 la popolazione mondiale raggiungerà i 9,2 miliardi! Quando pensiamo alla sovrappopolazione, l’immagine usuale che ci viene presentata è un pullulare di slum nel Terzo Mondo, e invero la maggior parte della crescita verrà dai paesi in via di sviluppo: ma è il mondo “sviluppato” che sta fregando il pianeta. Ogni americano usa tanta energia quanto 40 persone del Bangladesh, e altrettante risorse di un villaggio africano. Gli europei ed i giapponesi non sono molto distanti.
Ciò che sembra bene per una nazione o un’etnia (abbiamo bisogno di più russi! Più italiani! Più scozzesi!) potrebbe essere dannoso per la razza umana, senza menzionare gli orsi polari. Per decenni, gli esperti hanno arguito che schemi rigidi di controllo della fertilità non davano alcuna garanzia e che sanità migliore, diritti delle donne, contraccezione volontaria avrebbero fatto calare naturalmente i tassi di fertilità. Ed era vero, ha funzionato! Dovremmo esserne lieti. Sei miliardi di persone sono abbastanza. E poiché sono le donne stesse a star prendendo l’iniziativa, perché non avvantaggiarcene? C’è un limite a ciò che le politiche a favore della famiglia possono ottenere. Persino la Svezia, che ha fatto moltissimo per aiutare le madri lavoratrici, e che è sulla strada dell’incoraggiare i padri a prendere i congedi, è solo all’1,7.
Le misure che facilitano il conciliare lavoro e maternità sono semplice giustizia di genere. Ma pagare le donne per avere bambini come in Francia, dove si offre loro un anno di congedo e mille euro al mese per il terzo figlio, è solo vanità nazionalistica.
Il fatto è che la decrescita dei tassi di fertilità appare praticamente inevitabile, e sempre secondo le stime delle NU nel giro di un paio di generazioni comincerà ad interessare anche l’Asia e l’America Latina, perciò, perché non imparare a conviverci? Economicamente, il problema è la covata di giovani lavoratori che paghino per i servizi di sicurezza sociale e per la cura di una popolazione che invecchia. Ma mentre i demografi si agitano sui secondi e terzi figli non concepiti, ogni paese della Terra butta via un sacco di bambini che ci sono già. Quelli poveri, per esempio. Perché non possono crescere sino a diventare persone istruite e produttive? Che mi dite dei figli degli immigrati arabi in Francia, che due anni fa protestarono contro la mancanza di lavoro e l’esclusione sociale? O degli zingari dell’Europa dell’est, i cui figli non vengono registrati alla nascita e che sono stati sterilizzati senza il loro consenso in Slovacchia e nella Repubblica Ceca?
Vladimir Putin si lagna della caduta dell’incremento nella popolazione, ma i bambini del suo paese sono ancora ammassati in orfanotrofi da incubo. Tiri quei bimbi fuori di là, o smetta di lamentarsi. I disabili, o le persone anziane che vorrebbero continuare a lavorare anche se hanno raggiunto l’età della pensione: ci sono un mucchio di aspiranti lavoratori che hanno bisogno solo di un po’ di aiuto.
Invece di lusingare o prezzolare le donne affinché concepiscano i guardiani futuri della salute della nazione, gli stati dovrebbero cominciare a tesoreggiare le persone, tutte le persone, che hanno già. E ciò include gli immigrati. Sotto la superficie cortese dei discorsi ufficiali c’è una disturbante corrente di nazionalismo e razzismo che in alcuni luoghi si sta fondendo con i cosiddetti “valori familiari” della destra religiosa.
“L’Europa è quasi perduta, a causa dell’inverno demografico e del laicismo.”, annuncia il Congresso mondiale delle famiglie, “Se l’Europa cade, la maggior parte del mondo cadrà con essa.” Per fortuna, continua il Congresso, c’è un paese che regge la fiaccola della speranza: “La Polonia ha già salvato l’Europa prima d’ora. E’ probabile che lo faccia di nuovo.” Quand’è che la Polonia ha salvato l’Europa, vi state chiedendo? Dev’essere stato nel 1683, quando l’armata polacca del re Sobieski guidò le truppe che sconfissero i Turchi durante l’assedio di Vienna, arrestando l’espansione musulmana in Europa. Le donne polacche faranno figli per Cristo? Il partito al governo del paese (“Legge e giustizia”) sta facendo la sua parte, restringendo legalmente l’accesso all’interruzione di gravidanza ed alla contraccezione. Forse dovrebbe tentare con l’assistenza e la cura dei bambini. Attuale numero di figli per donna polacca: 1,3.



Domenica, 01 aprile 2007