Turchia
“Vogliamo restare laiche”

di Emma Ross-Thomas (trad. M.G. Di Rienzo)

Ringraziamo Maria G. Di Rienzo[per contatti: sheela59@libero.it]per averci messo a disposizione questa sua traduzione.
Emma Ross-Thomas è corrispondente da Istanbul per Reuters. Articolo del 4.6.2007.


Le donne turche sono sulle strade a protestare come mai hanno fatto prima d’ora, e la loro lotta per preservare lo status laico della Turchia sta dando loro una voce politica più forte, che potrebbe tradursi in seggi parlamentari nelle prossime elezioni quest’estate.
Le donne sono state la maggioranza nelle recenti dimostrazioni tenute nelle città turche contro il partito islamista AK che è al governo, e temono ciò che tale partito può fare se, come è probabile, dopo le elezioni sarà ancora in maggioranza.
“Non mi fido di questa gente. Vogliono rendere la Turchia simile all’Iran.”, dice Nilufer Celik, quarantaduenne direttrice di marketing, riferendosi a Tayyip, Primo Ministro del governo Erdogan, “La prima mossa sarà impedirci di vestire come preferiamo.” Celik aggiunge che non era mai stata ad una manifestazione in vita sua prima di aprile, quando si è unita ad un raduno ad Istanbul che ha raccolto un milione di dimostranti laici, ed ha cancellato le proprie vacanze per essere certa di andare a votare il 22 luglio prossimo.
Le donne turche hanno conquistato il diritto di voto sotto Mustafa Kemal Ataturk, il riverito fondatore della moderna e laica repubblica turca, nel 1934. Nel 1935 contavano il 4,6% dei deputati, la percentuale più alta mai ottenuta, giacché la corrente è del 4,4%.
“Questo è l’anno in cui le elezioni porteranno le donne in Parlamento.”, dice Canan Guller, presidente della Federazione delle Associazioni di donne, “Adesso è il 4,4 ma dopo saranno probabilmente il 10,4 o il 14,4%”.
Il partito AK, che si dice di centro-destra e pro-mercato, nega di avere un’agenda islamista. Erdogan, musulmano praticante la cui moglie e le cui figlie indossano l’hijab, sostiene di voler mantenere una netta separazione tra stato e religione, ma aggiunge che le donne pie hanno bisogno di più libertà nel praticare il loro culto e di poter indossare la sciarpa per la testa negli uffici e nelle università. I laici guardano a queste affermazioni come al morbido inizio che potrebbe condurre all’introduzione della legge islamica, o sharia. “Se la sharia viene introdotta in Turchia, coloro che verranno seppellite nel buio, coloro che perderanno i diritti ottenuti, coloro che verranno escluse dalla vita sociale saranno le donne.”, dice Senal Sarihan, presidente dell’Associazione donne repubblicane, un’organizzatrice delle proteste che sono cresciute intensamente negli ultimi mesi.
Negli scorsi cinque anni, il partito AK si è impegnato nei programmi per la crescita economica del paese e nei dialoghi per l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea, e non ha proposto leggi islamiche, ma questo non rassicura le donne laiche. Non è solo il moltiplicarsi degli hijab negli uffici governativi o privati: le donne accusano il governo di essere “vecchio” e di voler tornare indietro, e citano il tentativo di criminalizzare l’adulterio fatto nel 2004 e rigettato dall’Unione Europea.
I critici dicono che queste donne si stanno spaventando troppo, e che il problema sarebbe loro, perché non si adattano ad una Turchia che cambia a causa del trasferirsi dalle zone rurali alle città di persone che sono più istruite e più benestanti di un tempo, ma mantengono i loro costumi religiosi. L’editorialista Gulay Gokturk di “Bugun”, quotidiano religioso, ha scritto: “Sì, hanno paura. Ma è la paura di perdere potere sociale, più che la paura di non poter più mantenere il proprio stile di vita.”
La giudice Sumru Cortoglu, che guida uno dei maggiori tribunali turchi, si è appellata a tutte le donne, in maggio, affinché difendano i diritti acquisiti con Ataturk, ed assumano un ruolo più rilevante in politica. I partiti sembrano ascoltare: alcuni hanno ridotto o cancellato per le donne la tassa che un candidato deve pagare per presentarsi alle elezioni. Il lavoro delle ong e le iniziative dei partiti per incoraggiare le donne hanno certo giocano un ruolo, ma il proteggere la laicità sembra il fattore predominante. “Pensiamo che per proteggere la laicità dello stato, la rappresentanza delle donne sia importantissima.”, dice Inci Bespinar, candidata per il CHP (Partito del popolo repubblicano), ovvero il principale partito laico d’opposizione.
Alcuni ostacoli rimangono: non vi sono in Turchia “primarie” fra i candidati, e gli elettori scelgono una lista, non un individuo, cosicché il successo delle donne dipenderà anche da in che punto della lista i leader di partito le posizioneranno.
Ma le attiviste e i politici dicono che un nuovo momento è giunto, e che a costruirlo hanno contribuito quelle proteste in cui le donne si sono fatte notare come forza politica ed hanno coagulato attorno a sé il consenso popolare.
“Le donne si stanno muovendo, ora.”, dice la deputata del CHP Gulsun Bilgehan, “E’ il timore di perdere libertà ed indipendenza. La Turchia è un paese unico nel mondo islamico.”



Mercoledì, 06 giugno 2007